Il casello TiBre: inutile simbolo dell’Italia di mezzo

SMA MODENA
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Un Paese nel mezzo del guado. Incapace di vera innovazione. Incapace di valorizzazione e tutela dell’ambiente, come se la bellezza naturalistica fosse un orpello e non un motore trainante dell’economia italiana.

Un numero crescente di turisti viene in Italia non certo per vedere le infrastrutture all’avanguardia. Piuttosto per godere della bellezza e qualità della vita che, diciamo con merito relativo, l’Italia ha avuto in dote. Per godere dei prodotti unici che, a partire dal Parmigiano-Reggiano (per merito monastico), si trovano nel “Belpaese”. Questo non è romanticismo… è piuttosto economia e ricchezza. Dignità aggiungo… Questo dovrebbe essere il vero patriottismo che ogni italiano dovrebbe provare. 

Il guado in questione domani sarà quello del fiume Taro. Protagonista di un’operazione di sventramento piuttosto orribile, avvenuta nel mezzo di un Parco Regionale, per consentire un’opera dimezzata, che già si preannunciava come monca, che domani vedrà un’inaugurazione in cui politici con toni dimessi taglieranno un nastro dimezzato già prima di essere tagliato. Per un’autostrada dimezzata, senza futuro.

L’hanno tirata più lunga possibile, perché sai, tutti ci tengono a non fare brutte figure. Quella di domani è una pessima figura, specchio di un’Italia di mezzo, che non riesce a decollare da una parte (sostenibilità, come sarebbe necessario e urgente), oppure dall’altra (una modernizzazione infrastrutturale stile anni 80, nel segno ostinato dell’industrializzazione classica). Questa seconda opzione avrebbe visto il completamento della TiBre in due e due quattro. Ma nessuna delle due opzioni ha prevalso: si resta in mezzo al Taro, ovvero al guado.

Così, per la prima volta da quando sono nato (non pochi anni fa, ahimè) vedo tutti d’accordo: si ma d’accordo contro questa inaugurazione. In bella parata, sono contrari senza peli sulla lingua gli industriali, i sindacati, i politici – sia quelli ambientalisti che quelli aziendalisti – e infine i cittadini… Credo sia inutile sentire l’opinione della fauna e della flora… siamo al 100% di contrarietà. Un record di cui l’Italia, ma non di meno il nostro territorio e le nostre istituzioni devono andare ben poco fieri.

E allora? A cosa può servire questo scempio di territorio vergine, allegramente perpetrato per far sbocciare un casello nel bel mezzo dei campi? Che senso può avere ora che il danno è stato perpetrato?

A ben vedere, lo dico da ambientalista e da consigliere comunale, c’è solo una via di fuga dignitosa: quella di collegare il casello alla Cispadana, con un’operazione a basso impatto ambientale (si parla tutto sommato di pochi chilometri che consentano il collegamento da Brescello al casello di Trecasali), che consentirebbe di sgravare le strade minori, che non sono strutturate per sopportare il passaggio continuo dei Tir, e diminuire il traffico pesante, e quindi l’inquinamento. Un’opera necessaria, resa ancora più urgente da domattina, ovvero da quando il casello nel nulla potrebbe diventare uno sfogo in caso di traffico intenso. Pochi chilometri al posto dei tanti di nuova cementificazione per completare la TiBre. Tanti chilometri ed un nuovo ponte sul Po. Laddove si fatica a trovare i soldi necessari per manutenere i vecchi ponti o costruirne dei nuovi a fianco, se i vecchi non reggono ormai più. Come nel caso di Casalmaggiore.

Certamente il completamento della Cispadana sarebbe una soluzione di valore inferiore rispetto all’opera principale: il celeberrimo e irrealizzato raddoppio della Pontremolese, ovvero il puntare in concreto sul trasporto via rotaia, piuttosto che obbligare i bestioni a scavallare la Cisa. Una mossa da Paese avanzato, appunto: non da terra di mezzo, quale è questa Italia, ormai da tempo e a ben vedere con governi di diverso colore politico.

Opere di cui si sentiva parlare quando noi frequentavamo le scuole elementari o medie: “sai la Cispadana…” non nell’ora di Storia, non nel senso di Repubblica! Oppure: “si, la Pontremolese sarebbe la soluzione… la rotaia, altroché gli Agnelli e il trasporto su gomma…”.

Personalmente, provo un profondo senso di vergogna rispetto all’immobilismo italiano: non ho più 10 anni da un po’ di tempo… Una parte di responsabilità è anche mia. Non certo diretta, ma comunque diffusa… Cosa abbiamo fatto per evitare il proliferare di capannoni inutili, l’espansione di una logistica sorda e cieca, l’abbandono delle coltivazioni di qualità, proprio nel cuore della tanto decantata “Food Valley”?! Abbiamo fatto poco, lo abbiamo fatto male.

Oggi non lo dice solo un ambientalista… Lo dice un politico… Lo dice un sindacalista… Lo dice un industriale, addirittura. Potrà essere questo senso di vergogna e indignazione diffuso di fronte ad un’inaugurazione inutile quando non dannosa il minimo comune denominatore per evitare di rovinare altro territorio vergine in futuro?

Vedremo. Intanto, su scala globale a partire dal locale ne stiamo già pagando le conseguenze. In termini di inquinamento, di perdita di valore del suolo, di aumento degli squilibri climatici. Conseguenze evidenti sulla qualità della vita, ambientali, sanitarie, sociali. Noi e, purtroppo in misura crescente le nuove generazioni.

Perché la natura non è come la politichetta: chiede conto degli errori umani. Un conto salato, da pagare.

Buona mezza inaugurazione!

 

Alberto Padovani,

Consigliere Comunale

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