Tutti gli appassionati di cinema e abbonati di Netflix conoscono “Suburra”, la serie ambientata nei mondi della malavita e della politica romani.
E’ la prima serie originale italiana prodotta da Cattleya, Rai Fiction e Netflix (2017-2020), distribuita dal colosso dello streaming Netflix.
Insieme a Gomorra è una delle serie italiane di maggiore successo. Per chi scrive una delle più belle in assoluto pubblicate sulle piattaforme internazionali di distribuzione.
Il casting è d’eccezione. I principali interpreti e personaggi sono Alessandro Borghi nei panni di Aureliano Adami, Giacomo Ferrara in Alberto Anacleti, Eduardo Valdarnini in Gabriele Marchilli, Filippo Nigro in Amedeo Cinaglia, Francesco Acquaroli in “Samurai”, Claudia Gerini in Sara Monaschi.
Nella terza e ultima serie appare il “professore” che, considerata la forza del personaggio, si fa fatica a definire una figura “minore”. E’ interpretato dal parmigiano Giuseppe Gaiani, attore che, oltre a svolgere attività cinematografica e teatrale, oggi si occupa di progettazione delle attività di animazione anziani all’interno delle strutture della cooperativa Proges. “Devo moltissimo ai miei anziani e malati psichiatrici, perchè con loro non puoi fingere” dice.
Lo abbiamo intervistato.
Qual è il tuo percorso professionale di attore?
La mia formazione è quella di musicista. La passione per il cinema nasce fin da ragazzo.
A 21 anni arrivai al decimo di violino al Conservatorio e nel contempo studiavo privatamente recitazione con Claudia Giannotti.
Ebbi la fortuna di conoscere l’attrice Franca Valeri, la mia pigmaliona, che venne a sapere che il regista Giuseppe Patroni Griffi stava cercando un personaggio di Zio Vanja di Čechov. Convinto di non aver nulla da perdere, feci il provino ed evidentemente tirai fuori il meglio di me visto che mi aggiudicai la parte.
Debuttai in teatro con Massimo De Francovich, Laura Marinoni e Florinda Bolkan. Per cinque anni lavorai a Roma con registri come Aldo Trionfo, altro pupillo di Visconti.
Per più di 20 anni ho interrotto la professione di attore.
Perchè?
Diciamo così, per troppo amore.
Poi, per tanti motivi che non sto a citare, mi esplose dentro la voglia di tornare a recitare.
Mi proposero di fare il protagonista per lo spettacolo del Golem, da cui venne prodotto un video che ha iniziato a girare… e da lì la mia partecipazione in otto produzioni importanti in cinque anni quali “Veloce come il vento” di Matteo Rovere e la serie “1993”. La famosissima casting Laura Muccino, che ha fatto, tra gli altri, Gomorra, mi scelse per “Made in Italy”. E’ lei che ha pensato a me e mi ha chiamato a fare il provino per Suburra. Io e Laura abbiamo vinto. Lei è una grande.
Al provino, oltre al regista, c’era la signora Gardini di Cattleya. Dovetti passare anche la supervisione di Netflix.
Di Netflix?
Già, Netflix produce, insieme a Cattleya. Nel cinema “normale”, se si escludono i grandi protagonisti, il distributore non sceglie mai gli attori. Netflix, invece, partecipa alla selezione.
Cosa vuol dire recitare per Netflix?
Ho trovato in Netflix una grande serietà, un clima meraviglioso e altissima professionalità.
Tramite Netflix Suburra è visibile in 190 paesi. Ciò gli dà una visibilità enorme.
Che personaggio è il “Professore” da te interpretato in Suburra?
L’attore ha bisogno di personaggi bellissimi, messi nei contesti giusti.
Il mio è un personaggio bellissimo, messo nel posto giusto.
Sono il professore di liceo di Amedeo Cinaglia, uno dei protagonisti assoluti della serie, il politico corrotto che strada facendo scopre di essere il peggiore di tutti. Il professore glielo dice in modo diretto e spigoloso: “Ma guardati allo specchio come sei realmente. Smetti di mentire a te stesso. Tu sei malato e schifoso da sempre, come questa pianta malata che ti sto facendo vedere. Cinaglia, sei una bestia, e lo sei sempre stato”.
E’ l’unico che glielo dice. E’ l’unico da cui Cinaglia si rifugia quando si rende conto di non avere più nessuno dalla sua parte, neppure la moglie che ha scoperto cosa fa e che lui arriverà a uccidere.
Il professore è un uomo che accoglie e abbraccia comunque i suoi allievi. E’ malato, vittima di un progressivo deterioramento che non accetta e per questo si suicida.
Cinaglia piange in un’unica occasione: quando apprende della morte del professore.
La sua tana e la sua culla non c’erano più.
Andrea Marsiletti