INCHIESTA – Le mascherine fra speculazioni, mercato nero e proposte di produzione made in Italy

SMA MODENA
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In tempi di guerra – e questi lo sono, anche se il nemico contro cui lottiamo non ha un fucile in mano – ci sono gli eroi e c’è chi specula e si arricchisce.

Il prezzo delle mascherine chirurgiche, quelle a triplo strato, vendute in confezioni da 50 pezzi avevano un prezzo variabile che andava dai 3,50 ai 4 euro più Iva al 22%.

Questo era l’importo di vendita che grossisti e distributori praticavano a farmacie, ai poliambulatori medici, ai dentisti per esempio.

Usiamo il passato perché la situazione, sotto gli occhi di tutti, non è più così da almeno un paio di settimane. Oggi una confezione da 50 è quasi impossibile da trovare e quando ci si riesce, si scopre che il prezzo è lievitato e si arriva anche a 15-20-30 euro.

Come si vede dalla foto 3 sono stati chiesti ben 1,15 euro a mascherina (più Iva al 22%). Il prezzo è passato dunque da 0,07 – 0,08 euro a 1,15 con un rincaro del 2300%.


Per non parlare delle FFP2 e FFP3 che da 3,50 – 4 euro (più Iva al 22%) l’una sono passate a 7 (ma senza filtro…). Questo è quanto successo a Giovanni Rossi, odontotecnico che utilizza abitualmente le mascherine chirurgiche per lo svolgimento del proprio lavoro: “Gli abituali fornitori ci fanno preventivi con prezzi molto maggiorati e se c’è urgenza, se servono subito diventano stratosferici”.

A confermare il lievitare degli importi è Antonella Turrini, consulente e agente per Parma e provincia, di una fra le più importanti aziende a livello europeo per la distribuzione e produzione di presidi medici chirurgici.

“Sì sta succedendo, noi abbiamo praticato gli stessi prezzi e abbiamo cercato di fare il possibile per servire tutti i nostri clienti in città e in provincia – dice Turrini. Perché crediamo non sia etico alimentare la speculazione e noi siamo sul mercato da quasi 50 anni. Stiamo parlando di presidi fondamentali per le persone e lucrarci in questo modo è indecente”.

Il problema è che ora molti distributori stanno aspettando forniture che non arrivano. “Abbiamo finito sia le mascherine chirurgiche che le ormai famose FFP2 e FFP3, quelle col filtro, due settimane fa – conferma Turrini, le stiamo aspettando, ma pare siano bloccate alla frontiera”.

Questi dpi vengono infatti prodotti prevalentemente all’estero, in Asia: “Noi le acquistiamo in Cina e in Corea – dice Turrini”. E in Italia? “Qualcuno c’è e qualcuno sta cercando di attrezzarsi per riconvertire le proprie aziende, ma il problema è che è difficilissimo ormai reperire il materiale per produrle”.

A questo proposito Fabio Pietrella, presidente di Confartigianato Moda ci spiega che, se da un lato non è pensabile oggi produrre in Italia le FFP2 e FFP3 proprio per l’impossibilità di trovare i componenti, dall’altro molto si può fare per realizzare quelle chirurgiche: “Stiamo lavorando da giorni sulla riconversione di linee produttive di abbigliamento per la fabbricazione di mascherine chirurgiche in tutta Italia. Sono in contatto con la commissione Salute del Senato e con l’Istituto Superiore di Sanità e sto attendendo l’ok e il protocollo entro cui operare. Mi riferisco alla procedura, al il tipo di materiale che deve essere certificato per mettere in distribuzione prodotti idonei e realmente utili, soprattutto a chi rischia la vita ogni giorno. Abbiamo inviato otto campioni di tessuto non tessuto al Politecnico di Milano e all’Iss stesso. Sono ora al vaglio. Ci sono 80 – 100 aziende, sono piccole e medie imprese che sono già pronte, diverse anche a Parma. Io credo che quando si è in guerra la burocrazia debba essere messa da parte, deve esserci una deroga per l’emergenza, anche perché il mercato nero e speculativo ormai sta dilagando”.

Intanto, il blocco alla dogana lo confermano anche in farmacia dove entro alla vana ricerca di una mascherina: “Mi dispiace, sono esaurite – mi rispondono – sono bloccate in dogana”. E alla domanda i prezzi sono aumentati? “Sì, tantissimo, ma pensi che mi hanno raccontato che i corrieri hanno rubato pacchi di liquido igienizzante per le mani”.

Parlando invece di disinfettanti Turrini dice: “Stiamo facendo l’impossibile, noi ne stiamo producendo di diverse tipologie e stiamo lavorando 24 su 24 per rispondere agli ordini. Non eravamo preparati per una cosa del genere, nessuno lo era in Italia. Prima di acquistare i prodotti igienizzanti per le mani consiglio di controllare molto bene gli ingredienti, perché se contengono meno del 60% di alcol, non servono a niente”.

La domanda dunque è ovviamente aumentata in modo esponenziale e l’offerta è sostanzialmente rimasta invariata. Così tutti paghiamo il prezzo della dura legge del mercato: dagli operatori sanitari, ai medici, agli infermieri che sono più a rischio contagio, alle persone che devono lavorare, nonostante la quarantena o a chi semplicemente deve andare a fare la spesa.

Tatiana Cogo