
La campagna elettorale per le prossime elezioni del sindaco di Parma si preannuncia particolarmente nervosa e all’insegna dei ‘colpi bassi’.
L’annuncio lo scorso fine settimana della candidatura di Pietro Vignali è stato accompagnato quasi esclusivamente da commenti sul suo casellario giudiziario, per la cronaca completamente pulito. Uno modo molto strano di concepire la dialettica politica.
Invece di criticare l’operato di Vignali sindaco dal 2007 al 2011, evidenziandone, se del caso, le promesse non mantenute, gli obiettivi non raggiunti e così via, gli sfidanti hanno voluto ricordare ai parmigiani che nel suo cv figura un patteggiamento.
E tanto basta per renderlo ‘impresentabile’ a vita. Anche se per lo Stato italiano Vignali è un cittadino incensurato con pieni diritti civili e politici.
Il più duro è stato il sindaco uscente Federico Pizzarotti che, pur essendo un ex grillino, ha evidentemente mantenuto l’imprinting manettaro e giustizialista del Movimento di Gian Roberto Casaleggio.
Basare una campagna elettorale sul codice penale fa tornare alla mente Pietro Nenni: “A fare a gara a fare i puri, troverai sempre uno più puro che ti epura”.
Vale la pena ricordare sul punto la metamorfosi pentastellata. Agli albori, quando i grillini conquistarono diverse città e divennero la prima forza politica del Paese al grido di “uno vale uno” e “onestà”, era prevista l’incandidabilità per chi fosse stato raggiunto da un avviso di garanzia. Poi si passò al rinvio al giudizio. Successivamente, viste le disavventure penali delle sindache di Roma e Torino, Virginia Raggi e Chiara Appendino, la soglia venne spostata alla sentenza di primo grado. Dopo le condanne della Appendino (un anno e sei mesi per omicidio, lesioni e disastro colposo, sei mesi per falso in atto pubblico, ndr) ed in previsione di una sua ricandidatura poi però non avvenuta, si decise di alzare l’asticella alla pronuncia della Cassazione.
C’è da scommettere che, se non dovessero sparire prima dai radar, i 5Stelle arriveranno ad affermare che bisognerà attendere il giudizio della Corte di Strasburgo prima di escludere qualche loro aderente finito sotto la scure dei pm.
Giovanni Jacobazzi