“La visione di Casapound è fascista”

SMA MODENA
lombatti_mar24

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02/11/2010
h.09.50

Ormai non stupisce più la disinvoltura con la quale gli organi dell’informazione concedono, acriticamente, visibilità e voce a gruppi neofascisti come quello di Casapound (clicca qui!).
Ci riferiamo all’intervista del 21 ottobre scorso rilasciata da Pierpaolo Mora, responsabile di Casapound Parma, al giornale online Alicenonlosa.
Dopo la solita domanda compiacente sul mutuo sociale, emerge un ritratto del neofascista un po’ ribelle ma attento all’impegno civile e quindi sostanzialmente positivo. Quest’ultimo, un modello accattivante e poco impegnativo, tranquillamente utilizzabile per conformare e indirizzare in una via senza sbocco la voglia di cambiamento della popolazione giovanile. Nell’interpretazione molto particolare della par condicio, la stessa sorte non spetta agli antifascisti, il più delle volte sottaciuti se non etichettati come estremisti istigatori alla violenza.
E’ vero, il nostro dissenso verso un modello sociale in cui non ci identifichiamo, ci porta nelle piazze a manifestare con il pugno chiuso, gridando la nostra rabbia. Forse questa è un espressione violenta. Vogliamo però informare i cittadini della nostra estraneità su altri accadimenti.
Non siamo noi i responsabili delle morti sul lavoro.
Non siamo noi quelli che taglieggiano i salari per destinarli al profitto.
Non siamo noi quelli che imbavagliano i lavoratori con il ricatto del licenziamento.
Non siamo noi i fautori di questa violenza, ma crediamo che non possano dire altrettanto gli imprenditori e gli amministratori dell’ industria della distribuzione e forse anche della cooperazione, finanziatori di una stampa a libertà vigilata. Ai fascisti e ai pennivendoli di professione resta l’ onere di reggergli la coda.
Entrando nel merito del mutuo sociale riteniamo che questo sia una sorta di finanziamento pubblico sull’acquisto della casa.
Grosso modo ha lo stesso impatto del contributo statale sulla rottamazione auto. Tende cioè a sbloccare il mercato stagnante dell’abitazione, favorendo i grandi proprietari e gli imprenditori edili, scaricandone il costo sulla spesa pubblica (le nostre tasche). Intervento che non funge da reale calmiere dei prezzi.
Vi è poi un aspetto di tipo sociale e politico che andrebbe rigettato completamente. I lavoratori o gli acquirenti dei ceti popolari, anziché rendersi protagonisti nella rivendicazione di un diritto di prima necessità, verrebbero confinati in una dimensione subalterna verso quegli enti che erogherebbero il mutuo sociale.
Quella di Casapound è la classica visione fascista di una società corporativa che nega, o vorrebbe negare, la conflittualità sociale tra classi portatrici di interessi contrapposti. In altri termini il mutuo sociale manterrebbe inalterato il diritto all’accumulazione e alla speculazione, facendo un po’ di elemosina verso i ceti popolari.
Ricordiamo che di ben altra natura furono il versamento del contributo Gescal e le normative sull’equo canone che regolavano gli affitti. Il primo fu una forma di salario differito, cioè una voce salariale ottenuta dai lavoratori con la lotta di classe che influiva direttamente sulla costruzione dell’edilizia popolare. Il secondo fu l’estrinsecazione del diritto abitativo, posto appunto come diritto al di fuori delle esigenze speculative del mercato, poiché regolava gli affitti in base al reddito del nucleo famigliare.
Nel concludere cogliamo l’ occasione per esprimere pieno sostegno ai compagni della Rete Diritti in casa. Questi grazie ai picchetti antisfratto e all’ultima occupazione dello stabile di via Bengasi, hanno posto all’ attenzione dell’opinione pubblica l’emergenza abitativa. Promuovendo al tempo stesso una serie di richieste, tra le quali: il blocco degli sfratti, la requisizione degli alloggi sfitti, il rilancio dell’ edilizia popolare e il ripristino dei canoni di affitto sotto il controllo pubblico.
Atti concreti che si differenziano completamente dalla politica “ciarliera” di Casapound, amplificata dai mezzi di informazione. Inoltre, facciamo notare che gli abitanti del Montanara non sono per niente indifferenti, come a qualcuno farebbe piacere e soprattutto non sono per niente pacificati, come dimostrano i manifesti che riempiono le vie del quartiere.

COMITATO ANTIFASCISTA MONTANARA
Mirco Baroni
Michele Ziveri
Giacomo Sereni
Marco Cleri