Migliora il clima di fiducia sull’economia regionale per la prima parte del 2023

I numeri che descrivono l’andamento dell’economia dell’Emilia-Romagna nel 2022 sono ancora positivi, ma con un sensibile rallentamento nella seconda parte dell’anno e nell’ultimo trimestre.

L’anno di uscita dalla pandemia è stato quello dell’avvio del conflitto in Ucraina, degli effetti negativi a cascata e delle diverse criticità collegate: dalle difficoltà di approvvigionamento delle materie prime e i conseguenti aumenti dei prezzi, ai costi dell’energia, all’adozione di politiche monetarie restrittive a livello mondiale per frenare l’inflazione.

È proprio il fattore inflazione la costante negativa del 2022 (in cui in media è stata dell’8,4 per cento in Emilia-Romagna) che apre uno scenario pieno di incognite e prelude a una frenata nel 2023.

I dati dell’indagine congiunturale relativa al quarto trimestre 2022 sull’industria manifatturiera, realizzata in collaborazione tra Unioncamere Emilia-Romagna, Confindustria Emilia-Romagna e Intesa Sanpaolo dimostrano che, grazie alla crescita della prima metà dell’anno, il 2022 è stato ancora positivo nei numeri, a cominciare dalla produzione, che registra un aumento del 5,8%.

La pressione inflazionistica ha condotto a un incremento più sostenuto del fatturato (+9 per cento), con una dinamica superiore per il mercato interno e solo lievemente inferiore su quelli esteri (+8,7 per cento). Il progressivo rallentamento dell’attività industriale ha limitato l’andamento degli ordini (+6% per cento), sostenuto in maggior misura componente estera (+6,2 per cento).

Tutti i settori presi in esame dall’indagine hanno realizzato un incremento dell’attività rispetto al 2021, anche se di diversa intensità.

Grazie alla maggiore capacità di tenuta nel 2020 e nel 2021 e a un apprezzabile incremento nel 2022 (+7,8 per cento), l’ampio aggregato delle industrie meccaniche, elettriche e dei mezzi di trasporto ha sopravanzato nettamente il livello di attività del 2018 (+10,7 per cento), ottenendo il migliore recupero dalla recessione precedente la pandemia tra i settori in esame, cosa che rafforza il ruolo di questo aggregato al centro del sistema industriale regionale.



Al contrario, le industrie della moda hanno realizzato un più sostanzioso aumento della produzione (+8,3 per cento) nel 2022, anche se dopo il crollo subito nel 2020 il livello dell’attività attuale dell’attività è risultato ancora lontanissimo da quello del 2018 (-8,9 per cento).

La produzione dell’industria del legno e del mobile ha avuto una ripresa più contenuta nel 2022 (+6,1 per cento). L’industria della metallurgia e delle lavorazioni metalliche ha fatto registrare un incremento della produzione nella media dell’industria regionale nel 2022 (+5,5 per cento).

L’eterogeneo gruppo delle “altre industrie” (che comprende le industrie della chimica, farmaceutica, plastica e gomma e quelle della trasformazione dei minerali non metalliferi, ovvero ceramica e vetro) ha chiuso con un risultato produttivo inferiore a quello medio regionale (+3,3 per cento).

L’industria alimentare ha ottenuto l’aumento della produzione più contenuto (+3,0 per cento).

Il recupero dell’attività produttiva ha interessato tutte le classi dimensionali di impresa ma con una marcata correlazione tra grandezza e andamento congiunturale.

Le imprese minori sono riuscite a ottenere un incremento della produzione del 3,4 per cento nel 2022, con una scarsa capacità di trasferire sui prezzi l’aumento dei costi dei fattori di produzione.

La produzione delle piccole imprese ha segnato un aumento più rapido (+5,2 per cento), ma sono state le imprese medio-grandi a ottenere il più ampio incremento (+7,1 per cento) e a mostrare la maggiore capacità di fare prezzo sul mercato.

Sulla base dei dati del Registro delle imprese, quelle attive dell’industria in senso stretto a fine anno risultavano 42.523 (pari all’10,7 per cento delle imprese attive della regione).

Rispetto all’anno precedente si contano 817 imprese in meno (-2,4 per cento). La flessione ha interessato tutte le forme giuridiche. Anche le società di capitale hanno chiuso l’anno con un lieve segno rosso (-0,1 per cento, -23 unità). Più marcata la flessione delle ditte individuali (-575 unità, -3,4 per cento).

«L’inflazione, la riduzione del potere d’acquisto delle famiglie, l’incertezza in cui si muovono le imprese sono evidenti fattori di criticità – afferma il Presidente di Unioncamere Emilia-Romagna Alberto Zambianchi –. A fronte della chiusura di imprese spinte fuori dal mercato dall’aumento dei costi e dalla mancanza di ricambio generazionale, altre però si rafforzano, come testimonia la crescita dell’occupazione e il fatto che circa due terzi delle imprese manifatturiere nel 2022 abbia effettuato, in misura superiore al passato, investimenti. Questo dato è solo uno degli indicatori che fanno capire come le nostre imprese siano consapevoli della fase che stiamo attraversando ricca di sfide, con la transizione digitale, ambientale, energetica, e si stanno attrezzando per affrontarla con coraggio, passione e competenza per mantenere la propria competitività».

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