Onore e gloria al compagno Stalin

SMA MODENA
lombatti_mar24

05/03/2012
h.22.10

Il 5 marzo 1953 morì Iosif Visarionovich Dzhugashvili, conosciuto in tutto il mondo con il soprannome di Stalin, colui che diresse la politica dell’Unione Sovietica dalla morte di Lenin, avvenuta nel gennaio 1924. Quest’anno si compie, pertanto, il cinquantaseiesimo anniversario della scomparsa di un dirigente rivoluzionario sul quale si sono riversate le calunnie e le mistificazioni più deliranti.
Dall’estrema destra fino all’anarchismo, passando per socialisti, trotskisti e liberali, difficilmente si troverà un personaggio storico che susciti l’odio di settori politici tanto diversi, tutti uniti nell’identificare Hitler e Stalin sotto l’etichetta del totalitarismo, assurdo concetto teorico che serve per amalgamare il fascismo e il comunismo e condannare all’unisono due sistemi politici, economici e sociali assolutamente antagonistici.
La maggioranza degli accademici storici, convertiti in giudici ed accompagnati della storiografia militante trotskista, interpretano la politica di Stalin come una successione di crimini, abominevoli repressioni e tradimenti del movimento operaio, ripetendo libro dopo libro le stesse cantilene forgiate negli anni della Guerra Fredda, avulsi dai contributi di storiografi come Grover Furr, Ludo Martens o Victor Zemskov e dalla documentazione degli archivi sovietici, che riducono drasticamente le cifre della repressione del 1936-‘38 e smentiscono le fantastiche elucubrazioni sulla carestia in Ucraina.
Scrivendo sotto dettatura della borghesia e plagiandosi reciprocamente, questi storici con i paraocchi sono l’antitesi di quello che deve essere un scienziato sociale, il cui primo obbligo è attenersi ai dati obiettivi.
La figura di Stalin non ha bisogno di agiografie assurde né di lodi smisurate. Senza negare gli errori – chi non li commette? – e le ombre delle epurazioni degli anni trenta, la sua politica di pianificazione economica e collettivizzazione agraria convertì l’URSS in dieci anni nella seconda potenza industriale del mondo, sradicò l’analfabetismo e pose le basi tecniche e scientifiche che permisero all’Unione Sovietica di vincere la Germania nazista nella Seconda Guerra Mondiale.
La vittoria su Hitler, con l’immenso sacrificio di 27 milioni di cittadini sovietici morti nella lotta, salvò il genere umano della barbarie fascista. Questa è una realtà, e senza dubbio è assai luminosa.
La borghesia svolge il suo ruolo calunniando Stalin. Quello che è veramente insopportabile è che organizzazioni che si ritengono rivoluzionarie o semplicemente di sinistra coincidano pienamente con le posizioni borghesi e ripetano le stesse falsità.
I milioni di lavoratori che ammiravano Stalin negli anni trenta, erano completamente manipolati e soffrivano di una profonda ignoranza? Qualcuno con un po’ di buonsenso può credere che tutti gli abitanti dell’URSS vivevano terrorizzati e lavoravano unicamente per paura della polizia politica? I comunisti governavano esclusivamente con la forza? Queste menzogne ordite all’epoca da Robert Conquest, diffuse col generoso appoggio economico della CIA attraverso fondazioni pseudo-culturali e ripetute nel nostro paese da pettegoli come César Vidal, Pio Moa e Ricardo della Cerva, senza dimenticare professori universitari con pedigree accademico, come Antonio Elorza, non solo pretendono di diffamare la figura di Stalin, bensì di criminalizzare il comunismo.
Tuttavia, la verità storica si fa strada attraverso lo spesso muro di bugie alzato in molti anni, e questa verità non è diversa da quella di un dirigente che, dal suo incarico di Segretario Generale del Partito Comunista e grazie al gigantesco sforzo degli operai e dei contadini, fu capace di costruire il socialismo e trasformare l’URSS nel punto di riferimento e nella speranza di milioni di lavoratori di tutto il mondo. Questo è ciò che la borghesia non perdona a Stalin.
Quando si impiega il termine stalinista come un insulto, conviene non dimenticare che quei stalinisti oggi tanto denigrati affrontarono il fascismo negli anni trenta, difesero Madrid davanti alle truppe di Franco, lottarono nella resistenza contro l’occupazione nazista, vinsero a Stalingrado e arrivarono da Berlino nel 1945. Noi comunisti ci sentiamo orgogliosi di questi fatti.
Non capiamo coloro che pretendono di essere comunisti e ripudiano Stalin. Noi assumiamo la sua opera e la sua eredità come parte fondamentale della storia del comunismo e del movimento operaio mondiale.

Carlos Hermida

___

Iscriviti alla
newsletter
di ParmaDaily!