
Caro Presidente Mutti,
rispondo molto volentieri alle domande dell’Anmic, ringraziando la sua associazione dell’impegno che ha sempre profuso nel tutelare i soci e, più in generale, i diritti di chi vive quotidianamente la condizione di disabilità.
Come credo sappia per averlo appreso dalla stampa, l’istituzione del Disability Manager è uno dei miei impegni concreti per la città. Credo che l’esperienza bolognese dimostri la validità di una figura che attesti la compatibilità di ogni atto dell’amministrazione con i diritti delle persone con disabilità. Aggiungo che a Parma un Disability Manager è doppiamente indispensabile, perché mi pare che la capacità di ascolto dell’Amministrazione si collochi sotto la soglia che tutti noi auspichiamo. Questa è perlomeno l’impressione che ho ricavato nei mesi di campagna elettorale che mi hanno condotto al voto dell’11 giugno, passando per la competizione democratica delle primarie.
Barriere architettoniche. Il tema è scottante, purtroppo. Parma è drammaticamente indietro se penso a ciò che ho visto, per esempio, in Inghilterra nella prima metà degli anni ’80. Dobbiamo recuperare terreno e credo che l’unico modo per cominciare a farlo concretamente sia programmare una campagna per rendere accessibili gli esercizi commerciali, che in larga parte presentano ostacoli per molti versi insormontabili. Non penso che la soluzione sia la campagna “Via il gradino”, avviata dal Comune lo scorso anno. Una iniziativa meritoria nelle intenzioni, intendiamoci, ma poco efficace nella sostanza. Le pedane mobili, secondo quanto mi riferiscono molte delle persone che si spostano in carrozzina a Parma, sono tutto fuorché pratiche, perché devono essere installate ogni volta che se ne presenti la necessità. Cosa questo possa significare per una persona in carrozzina non sono io a doverlo dire a lei. Meglio sarebbe avviare un programma di incentivi o di sgravi per adeguare definitivamente gli accessi alle necessità di tutti. Conosco molti commercianti che hanno provveduto da soli (il costo il più delle volte non è eccessivo) e i risultati sono eccellenti e definitivi.
Turismo accessibile. Sono d’accordo con lei: il potenziale turistico della nostra città è grande, ma se penso a quante delle nostre meraviglie monumentali – solo per fare un esempio – consentano un facile accesso, mi prende un senso di sconforto. Credo che tanto del lavoro futuro passi da una necessaria mappatura della città, per individuare le principali criticità e programmare la loro rimozione in un arco di tempo accettabile. Con interventi programmati nel medio termine può essere fatto tantissimo per trasformare Parma in una città accessibile, non solo per il turista s’intende. Una città a barriere zero è ospitale per tutti, quindi il lavoro che si fa per i parmigiani verrà utile anche per tutti coloro che vogliono visitare la nostra città. Una delle immagini che più mi intristiscono è quella di persone in carrozzina che attraversano via Repubblica procedendo sulla carreggiata stradale, con tutti i rischi che sono connessi a questo tipo di evoluzioni. L’altra è l’esiguità del numero di persone in carrozzina che si muovono nella nostra città. Conosco persone che non vengono a fare un giro in centro perché sanno che non sarebbe affatto rilassante, come lo è per la maggior parte della gente. Dobbiamo lavorare molto ed essere bravi a cogliere tutte le occasioni per intercettare fondi da impiegare nella rimozione delle barriere o per migliorare l’accessibilità del nostro patrimonio artistico.
Integrazione. Penso che la migliore forma di integrazione sia il lavoro. Dico questo perché tra le cose che mi sono state raccontate ce ne sono alcune inquietanti, e non uso questo termine a caso purtroppo. Anche in questo caso, so che capisce perfettamente a cosa mi riferisco. In Italia esiste una normativa per le categorie protette che è stata una conquista di civiltà, peccato esistano tante scappatoie per evitare di darle applicazione concreta. Non dico che questa sia la situazione generalizzata, ma ci tengo a sottolineare che forse sono troppi i casi in cui una scappatoia (pagare per non fare le assunzioni obbligatorie per legge) umilia ed emargina persone capaci e produttive. Cosa può fare un sindaco su questo versante? Forse poco, forse tanto. Magari mettersi al fianco dei suoi concittadini, di fatto, discriminati e denunciare.
Concludo accogliendo la richiesta dell’associazione che presiede: sono assolutamente disponibile a calarmi nella realtà quotidiana di una persona disabile, anzi mi sento onorato di avere questa occasione.
Se sarà il ballottaggio a concedermela, lo farò ancora più volentieri e con senso di responsabilità.
Paolo Scarpa