Un ordinario caffè nero a Sala Baganza (di Patrizio Bimbi)

SMA MODENA

Come quasi ogni mattina, prima del lavoro, mi preparo per uscire a prendere un caffè al mio solito bar in Piazza.

I tempi sono quelli della pandemia Covid, io sono a casa in Smart Working da quasi un anno, la mascherina è assolutamente da indossare e gli esercenti pubblici sono tenuti a servire “take away” i loro clienti, i quali devono consumare fuori dalle pertinenze del locale.

È però domenica e quindi esco con mio comodo, ed è una bella mattina di inizio marzo, il sole splende ed io cedo alle lusinghe di un timido tepore primaverile, quindi lo faccio con particolare piacere.

Faccio quattro passi fino alla semideserta piazza centrale di Sala Baganza, godendomi i profumi nell’aria, carichi di speranza in giorni migliori in arrivo, ed entro nel bar.

E’ ancora presto e nessun avventore fa la fila, prendo rapidamente, in confezione da asporto, il mio solito caffè senza zucchero, assieme ad un bicchiere d’acqua ed una pasta, ed esco per consumare a debita distanza.
Mi bevo il caffè nero, guardando la piazza coronata da una bellissima luce e dal cielo azzurro.

Pochissime persone sono presenti a godere di tale spettacolo ed io mi godo questo privilegio quasi esclusivo.

Sto addentando la mia brioche, quando una automobile si arresta proprio al centro della piazza.

La portiera si apre e, prima del guidatore, esce musica reggae a tutto volume.

Sorrido (la canzone, in fondo, non stona con la radiosità della mattina) e compatisco chi compie tale gesto di scarsa civiltà.

Continuo ad avere gli angoli dalla bocca rivolti in alto quando l’autista scende e si mette a ballare allegramente, ma smetto di sorridere quando questi comincia ad urlare.

Quelle di questo apparentemente giovane ragazzo, sono urla e maledizioni disperate rivolte a nessuno ed a tutti, parlano di violenze subite, di una bambina piccola a cui hanno rotto la testa, di minacce di morte e di invettive contro i membri calabresi della cittadinanza, a suo dire, membri o fiancheggiatori dell’associazione criminale di stampo mafioso nota come n’drangheta.

Comincio ad avvicinarmi a lui e, nel farlo, mi rendo conto di camminare in una piazza oramai deserta.

Mi avvicino a lui, e lo vedo aprire il baule della propria vettura mentre mi guarda spaventato ma con occhi minacciosi. Faccio gli ultimi passi alzando le mani e rivolgendogli parole distensive.

Io mi presento aggiungendo di essere un amministratore locale e cerco di capire cosa gli sia successo e come possa essergli di un qualche aiuto.

Dopo avergli fatto abbassare il volume della musica, veramente eccessiva ora che sono ad un passo dalla sua fonte, parliamo.

L’atmosfera è rilassata e le sue parole sono un fiume.

Loris (pseudonimo per sua stessa ammissione) racconta di una moglie figlia di un potente calabrese di Sala, di minacce subite per un qualche rifiuto anteposto, di legami intercomunali in grado sia di assicurare vantaggi che di garantire ritorsioni, che quella bambina a cui ruppero la testa pur non essendo ancora nemmeno non in grado camminare era sua figlia, di tanti soldi e di pistole spianate a titolo di convincimento, di sesso, traffico di stupefacenti e imprese locali.

Conclude frastornato asserendo essersi oggi comportato in tal modo a causa di una vita distrutta al punto di essere disposto a farsi sparare in piazza pur di rovinare coloro che lo avevano rovinato.

Nell’assicurargli il mio interesse e la mia disponibilità a donargli i miei contatti, che lui rifiuta, un “Loris” meno agitato rimonta in auto e si allontana.

Stavo tornando alla mia colazione abbandonata in strada riflettendo su cosa riservasse il futuro di uno così, che arriva una macchina dei Carabinieri della locale stazione che comincia guardinga a girare in piazza.

Torno sui miei passi e racconto quanto accaduto, prendono i miei dati (molto criptici sulle valutazioni di quanto detto) e si allontanano da una piazza che torna a riempirsi di gente e di curiosi.

In solitudine termino la mia colazione, mi avvio verso casa e, ancora con in bocca il gusto di quel nero caffè, rifletto.

Rifletto su cosa possa riservare il futuro di un terrà così.

Patrizio Bimbi
(Consigliere M5S Sala Baganza)