
La conferenza stampa chi si è svolta il 6 marzo alla Procura di Parma aveva come obiettivo la presentazione di due protocolli separati.
Per quanto riguarda il primo, si tratta di un protocollo d’intesa tra la Procura e l’Ufficio del Garante comunale dei diritti delle persone sottoposte a misure limitative della libertà personale di Parma, rappresentato dalla Garante stessa, la prof.ssa Veronica Valenti.
È un rinnovo del protocollo già avviato nel 2021, arricchito in diversi punti e di durata triennale. Ha come scopo il « miglioramento dei rapporti tra la popolazione carceraria e l’Amministrazione della Giustizia, individuando possibili criticità nella gestione delle persone detenute e corrispondenti soluzioni migliorative ».
L’obiettivo è quindi quello di tentare di fare in modo che le domande, le critiche e le richieste dei detenuti nella prigione di Parma non rimangano inascoltate e slegate tra loro. Queste richieste passeranno d’ora in poi direttamente dall’Ufficio del Procuratore capo Alfonso D’Avino che riferirà al carcere per ottenere ulteriori informazioni. Nel caso di reati, si passa attraverso la trattazione ordinaria, nel caso di lamentele di carattere organizzativo invece viene messa in atto un’istruttoria documentale, il cui esito verrà poi comunicato alla Garante, che adotta il ruolo di interfaccia con il detenuto.
Secondo la prof.ssa Valenti, questo protocollo rinnovato non è solamente uno strumento per garantire i diritti dei detenuti ma ha anche una valenza di etica pubblica importante. La realtà carcerale di Parma essendo molto complessa, con un totale di 700 detenuti con regimi diversi, di cui 69 al regime 41 bis, quindi con esigenze diverse, la creazione di un simili protocollo era una necessità. Il nuovo accordo prevede che vengano realizzati degli incontri tra l’Ufficio del Procuratore capo e quello del Garante per discutere delle criticità emesse dai detenuti e delle eventuali soluzioni e sperimentazioni possibili. L’idea dietro a questo protocollo è quella di ricostruire il rapporto di fiducia tra cittadini, in particolare quelli in detenzione, e le istituzioni, per cercare di far cadere il «muro di gomma» che separa i detenuti dal resto della società.
Il secondo protocollo è un’intesa tra la Procura e l’Associazione Nazionale Carabinieri (ANC), rappresentata dal maggiore Amico Tallini, ispirata a quella realizzata con la Procura di Bologna, di durata annuale con la possibilità di rinnovo. Si tratta di una collaborazione tra i due enti e ha come scopo lo svolgimento di una serie di attività di volontariato dei soci dell’ANC presso gli Uffici della Procura, in particolare le attività d’ufficio e scollegate all’attività di indagine. L’obiettivo finale è quello di avvicinare l’Arma dei Carabinieri e la Procura.
L’iniziativa nasce dall’esigenza di aiutare gli Uffici della Procura attraverso l’esperienza dei carabinieri soci dell’ANC messa in pratica in ambiti diversi dall’indagine.
Anna Montermini