Viaggio nel parmense multiculturale. INTERVISTA a Erion Begaj, presidente Consulta stranieri: “Parma è accogliente e non è razzista, ma bisogna orientare gli stranieri. L’assenza di lavoro è il primo ostacolo all’integrazione”

Gli stranieri rappresentano il 14,7% della popolazione del parmense e dalle ultime analisi emerge che sono aumentati del 4,1% rispetto all’anno precedente. Oggi sono 66.832 su un totale di 454.396 abitanti (fonte Provincia di Parma). Il podio delle cittadinanze più numerose è fatto interamente dall’est Europa: al primo posto i cittadini romeni, seguiti dagli albanesi e dai moldavi. Poi i marocchini, gli indiani, i tunisini, i filippini, i nigeriani, gli ucraini, i senegalesi e i cinesi.

I numeri sono davvero consistenti e dimostrano una certa multiculturalità, ma la vera integrazione c’è?

Da qualche anno (2016) a rappresentare i cittadini stranieri c’è l’omonima consulta provinciale composta dalle 21 associazioni delle diverse comunità estere del territorio. A presiederla è l’albanese Erion Begaj e a lui abbiamo rivolto le nostre domande iniziali.

Begaj è in Italia dal 1999, dove è arrivato con una borsa di studio universitaria. Laureato in scienze politiche nel nostro ateneo oggi è cittadino italiano, titolare, assieme alla moglie, di uno studio di consulenza fiscale e tributaria sia per le persone straniere che per le imprese.

“Abbiamo fatto un po’ di sacrifici io e mia moglie, anche lei si è laureata qui in economia e ha raggiunto il grande traguardo di essere la prima e unica, per ora, commercialista di origine straniera. Dopo varie esperienze in ambito fiscale e legale abbiamo aperto lo studio insieme, offriamo una gamma di servizi a 360° per aziende. Io mi occupo prevalente di aspetti amministrativi del lavoro come tirocini formativi regionali, e assistenza fiscale”.

A Parma l’integrazione c’è?

Per una parte degli stranieri sì per altri no. È un problema recente degli ultimi tempi, per chi è arrivato qui negli ultimi anni ed è dovuto alla situazione politica ed economica, principalmente all’assenza di lavoro. Mi raccontano i miei clienti, molti giunti qui da clandestini negli anni ’90, che il terzo giorno sul suolo italiano già lavoravano nei cantieri, all’epoca la congiuntura economica assorbiva la manodopera. Oggi non è così e l’assenza di lavoro è il primo ostacolo all’integrazione.

Il nostro territorio è accogliente?

Parma è una città aperta e accoglie, ma dopo si ferma lì. Faccio l’esempio degli anni scorsi quando arrivavano migliaia di richiedenti asilo e venivano accolti dalla città, però poi nessuno li indirizzava verso una strada, un lavoro. È mancato un coordinamento territoriale per orientare il futuro.
Gli stranieri vengono qui pensando di trovare l’eden, è successo anche a me quando abitavo in Albania. Faccio l’esempio del popolo albanese, ma vale per tutti gli stranieri provenienti dall’est Europa: noi avevamo l’idea che qui fosse tutto possibile. Che ci fosse la possibilità di affermarsi, di “diventare”. C’è una differenza però rispetto ai migranti economici di oggi. Noi eravamo poveri, avevamo vissuto in un regime totalitario, ma avevamo studiato e lavoravamo, avevamo case e palazzi, sistemi idrici e fognari, un sistema sociale con dei pilastri, avevamo delle regole. Molti ragazzi che giungono dall’Africa, soprattutto quella subsahariana vengono da realtà dove non hanno nemmeno l’acqua da bere, non hanno studiato e non sanno lavorare se non fare cose molto semplici legate all’agricoltura o all’allevamento. Insomma il “background” che avevamo ci ha aiutato a trovare lavoro nel breve periodo.

Cosa li spinge ad affrontare viaggi così duri e pericolosi, sono consapevoli di cosa li aspetta?

Sono consapevoli di ciò che può accadere loro, ma nei loro Paesi vivono nella miseria più totale quindi preferiscono rischiare la fine dopo un periodo terribile piuttosto che vivere un periodo terribile senza fine. Solitamente non vogliono fermarsi qui, ma andare in Francia, Inghilterra e Germania, dove li aspettano comunità radicate. Anche a livello linguistico parlano inglese e francese, l’Italia per loro è terra di transito. Questo è l’aspetto più tragico della globalizzazione e dei nostro tempi. 

Parma è razzista?

No, assolutamente. Ci sono forse dei piccoli gruppetti di persone, ma sono razzisti più per ideologia che per altro e non rappresentano questa città. I conflitti si creano qui come altrove quando ci sono estremismi e fanatismi, ma dipende anche dagli immigrati, non solo dai parmigiani. E questa è una cosa su cui la Consulta ha molto lavorato: non dare spazio agli estremismi e ai fanatismi sia da una parte che dall’altra.

Diversi spacciatori sono stranieri e lavorano alla luce del sole, sotto gli occhi di tutti, cosa ne pensi?

Che il punto non sono gli stranieri. Il problema della droga è che c’è un mercato di acquirenti. Il degrado comunque in certi quartieri c’è, è innegabile.

Quali sono le comunità più produttive a livello imprenditoriale?
Secondo i dati della Camera di Commercio le imprese di cittadini stranieri sono poco meno del 15%. I numeri più consistenti sono rappresentati da quelle di cittadini albanesi che operano prevalentemente in ambito edile, seguite da quelle romene e moldave che in particolare si occupano di logistica e servizi alla persona, poi ci sono le popolazioni del Maghreb e cinesi che spesso sono commercianti.

Cosa pensi della sanatoria e del tentativo di regolarizzare i lavoratori stranieri?

Come sempre in Italia gli accordi si raggiungono in basso. Perché questa sanatoria riguarda solo due settori nei quali, fra l’altro, la domanda è sempre stata uguale (colf, badanti e braccianti ndr). I settori che più sono assetati di manodopera e spesso nascondono lavoro nero straniero sono stati esclusi. Dunque va bene al 50%. Secondo me o si fa un provvedimento in cui si studiano bene quali sono i settori dell’economia che hanno bisogno di manodopera, altrimenti si fa un accordo al ribasso come è stato fatto e si sana solo a metà.

Cosa ha fatto la Consulta durante il lockdown per aiutare gli stranieri più in difficoltà?

Con il forum delle donne indipendenti albanesi abbiamo distribuito beni e generi alimentari per 10.000 euro. Poi abbiamo distribuito mascherine, cibo nelle case di riposo, per alcune famiglie nigeriane e del Burkina Faso abbiamo installato internet nelle case per permettere ai bambini di seguire le lezioni a distanza.

Cosa chiede la Consulta alle istituzioni?

Progettualità sul futuro delle persone straniere che vivono a Parma. E un coinvolgimento più reale. Poi, possibilmente vorremmo che fossero gli stranieri a parlare dei loro problemi non gli italiani a farlo, semplicemente perché li conosciamo meglio…

E i tuoi obiettivi per il futuro?

Il mio mandato finirà nel 2021 e non mi ricandiderò, vorrei lasciare la mia esperienza a qualcuno di seconda generazione, perché loro si sentono più italiani, vivono con meno complessità l’essere straniero e il razzismo, affrontano le sfide in modo diverso da noi. Sarei orgoglioso se nei prossimi tre anni ci fosse un ragazzo o una ragazza di seconda generazione a coordinare la Consulta.

Tatiana Cogo

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