
Alex vive nella periferia degradata di Roma e aiuta controvoglia il padre pescivendolo. La sua vera e unica passione è la musica, in particolare il rap, che pratica con l’aiuto dell’amico Marco, improvvisato produttore e agente. Gaia, la ragazza di Marco, è il terzo lato di un triangolo destinato a diventare anche erotico, e a mettere per la prima volta alla prova la lealtà di Alex verso le persone che gli sono vicine. La seconda tentazione sarà quella del successo, alla quale Alex cederà trasformandosi nel rapper Zeta, astro nascente del panorama underground.
Zeta è una storia di formazione che trova nel rap la verbalizzazione poetica (anche quando condita di insulti e parolacce) di una rabbia e una frustrazione che appartengono a una generazione di diseredati il cui terrore principale è quello di “essere come gli altri” e di ritrovarsi a “sopravvivere” ai margini di una società che non ha posto per loro. Il termine di paragone, più che8 mile, sono i film di rivalsa a suon di musica dei primi anni Ottanta, epoca che coincide con la preadolescenza del regista Cosimo Alemà, famoso soprattutto per i suoi videoclip.
In Zeta c’è quello stesso appeal ruspante e grezzo, naif e artigianale di Saranno famosi, Flashdance e Footloose: storie di ragazzi di estrazione popolare che cercano il loro riscatto attraverso il canto, il ballo, la performance, raccontate in modo più semplice e lineare che in film più recenti e più glamour come, ad esempio, la saga di Step Up. Questa componente vintage è ben servita da una regia priva di fronzoli ma non banale, da un montaggio morbido (di Maria Fantastica Valmori) che rende liquide le transizioni fra una scena e l’altra, e da un trio di interpreti che funziona bene sullo schermo, soprattutto Diego Germini e Irene Vetere al debutto nel lungometraggio cinematografico nei panni di Alex/Zeta e Gaia.
Le esibizioni musicali, le competizioni e le feste fra performer mettono in scena una serie di rapper nostrani, da Fedez a J-Ax, da Clementino a Rocco Hunt, da Rancore a Tormento, mentre alcuni attori professionisti come Salvatore Esposito, assai credibile nei panni di Sante, e Francesco Siciliano, untuoso come Jeff Goldblum ne Il grande freddo (altro film di inizi anni Ottanta) in quelli del produttore discografico Giancarlo, àncorano il lavoro più volatile e amatoriale del resto del cast. Nota di merito per Angelica Granato Renzi, perfettamente credibile come 15enne sensibile al fascino del rap ma con i piedi ben piantati per terra.
Zeta funziona soprattutto quando dà spazio all’ingenuità delle performance poco professionalmente strutturate, e cala invece nei monologhi in voice over di Alex, troppo “scritti”, in un linguaggio al di fuori della portata di un rapper di borgata.
(Si ringrazia Mymovies.it per la collaborazione)
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