
Steven Biko, capo del Black Consciousness Movement sudafricano, moriva in una cella di prigione dopo aver riportato un fatale trauma cranico nel Settembre di 38 anni fa. Sei giorni prima era stato ripetutamente pestato nel corso di un interrogatorio dalla polizia di Port Elizabeth.
L’11 Settembre fu caricato, nudo ed incatenato, su un veicolo della polizia e portato dopo un viaggio di 500 chilometri a Pretoria, dove morirà il giorno successivo. Le autorità sudafricane inizialmente sostennero che Biko era deceduto dopo aver rifiutato cibo e acqua ininterrottamente per una settimana, in un tentativo di sciopero della fame.
Steven Bantu Biko era uno tra i più influenti leader neri anti-apartheid degli anni ‘70. Il 18 Agosto 1977, mentre si recava ad una riunione politica a Città del Capo, era stato arrestato con un altro attivista ad un posto di blocco presso Grahamstown. Fu quindi condotto in una prigione a Port Elizabeth, spogliato ed ammanettato a una grata, e costretto a sdraiarsi su una coperta sudicia per 18 giorni consecutivi.
Il 6 Settembre fu condotto nel Sanlam, Building, luogo conosciuto per l’uso che le forze di polizia facevano della tortura durante gli interrogatori. Cinque agenti di sicurezza lo presero in custodia e lo portarono nella stanza 619 per interrogarlo.
Quando ne uscì Biko era in stato di semi-incoscienza, avendo subito un grave trauma cranico che gli aveva provocato lesioni cerebrali multiple. Non fu sottoposto ad alcuna cura medica, ma lasciato incatenato, in piedi, alla griglia di una finestra per altre 24 ore.
Il 7 Settembre due medici governativi infine esaminarono Biko e, pur trovandolo in gravi condizioni con bava alla bocca ed incapace di parlare e reggersi in piedi, stabilirono che il prigioniero poteva essere trasferito a Pretoria, dove arriverà 10 ore dopo in stato di coma. Morirà per le ferite riportate, all’età di trent’anni, poco dopo esser stato rinchiuso in una cella della prigione centrale di Pretoria.
Alessandro Guardamagna