
La battaglia del Little Bighorn fu uno scontro armato tra una forza combinata di Lakota (Sioux), Cheyenne e Arapaho e il 7º Cavalleria dell’esercito degli Stati Uniti d’America che ebbe luogo il 25 giugno 1876 vicino al torrente Little Bighorn, nel territorio orientale del Montana.
La battaglia fu il più famoso incidente delle guerre indiane e costituì una schiacciante vittoria per i Lakota e i loro alleati. In realtà, parteciparono al combattimento soltanto cinque squadroni del Settimo Reggimento di cavalleria degli Stati Uniti (“7º Cavalleria”), comandati dal tenente colonnello George Armstrong Custer, che furono comunque sterminati quasi fino all’ultimo uomo.
La battaglia del Little Bighorn fu parte della Guerra sulle Black Hills (Colline Nere), territorio di grande importanza mistica e culturale per i nativi Sioux (Lakota), oltre che tradizionale terreno di caccia. A sua volta, questa fu una conseguenza della Guerra di Nuvola Rossa. Il secondo trattato di Forte Laramie (1868), che concluse quella guerra, stabilì i confini della Grande Riserva Sioux, ma lasciò una vastissima area, comprendente parti del Wyoming, Montana, Dakota del Nord e Nebraska, come terreno “non ceduto”, cioè terreno che il governo statunitense non riconosceva come riserva indiana, ma su cui non pretendeva sovranità.
Le fonti militari indicano i nomi di almeno nove italiani che parteciparono alla battaglia del Little Bighorn. Nell’esercito di Custer vi erano il nobile bellunese Carlo Di Rudio, il libraio genovese Agostino Luigi Devoto, il romano Giovanni Casella, il napoletano Francesco Lombardi, il trombettiere campano Giovanni Martini, il torinese Felice Vinatieri a capo della Banda musicale del Settimo Cavalleggeri e ancora Alessandro Stella, Giuseppe Tulo, e Francesco Lambertini. Ve n’erano certo altri di cui oggi si è persa memoria.
Il trombettiere campano Giovanni Martini (John Martin; 1853-1922) fu l’unico soldato scampato della colonna di Custer. Il giovane emigrato, ex tamburino garibaldino nella campagna in Trentino del 1866 e a Mentana nel 1867, deve la vita allo stesso Tenente Colonnello che gli ordinò di correre a chiedere aiuto al capitano Benteen, prima che l’intera colonna venisse circondata ed annientata. Tra i caduti al fianco di Custer vi fu certamente l’italiano Alessandro Stella.
Tra gli ufficiali della colonna di Reno vi fu invece il conte Carlo Di Rudio (1832 – 1910), che Reno chiamava con disprezzo “il conte che non conta”, un mazziniano bellunese costretto all’esilio per la sua partecipazione al fallito attentato contro Napoleone III di Francia. Durante la ritirata di Reno, rimase intrappolato nel boschetto dove restò per 36 ore, ricongiungendosi con Reno solo quando la battaglia era praticamente finita. Anche Giovanni Casella e Agostino Luigi Devoto sopravvissero alla battaglia, essendosi la loro unità di salmerie aggregata alla colonna di Reno.
Felice Vinatieri (1834-1891), musicista e compositore di origine torinese, era il direttore della banda musicale del battaglione, ma la banda non partecipò direttamente agli scontri essendo stata assegnata al reparto d’appoggio dislocato sul battello Far West, ormeggiato sulle sponde del fiume Powder. Anche Francesco Lombardi e Francesco Lambertini non presero parte alla battaglia perché confinati in infermeria, probabilmente a bordo della stessa nave.