Le truppe sovietiche invadono la Cecoslovacchia

SMA MODENA
lombatti_mar24

20/08/2014

ACCADDE OGGI: 20 Agosto 1968, le truppe del Patto di Varsavia invadono la Cecoslovacchia. La Primavera di Praga viene stroncata.
La notte del 20 agosto 1968 circa 200.000 truppe del Patto di Varsavia e 5.000 carri armati entravano in Cecoslovacchia per porre termine alla Primavera di Praga – il breve periodo di liberalizzazione nel paese comunista in cui erano state avviate riforme democratiche. La popolazione, specialmente a Praga, si oppose all’invasione con manifestazioni pubbliche e altre tattiche non violente, ma fu chiaro fin dall’inizio che non poteva bloccare i carri armati sovietici. Le riforme liberali del Primo Segretario Alexander Dubcek furono abrogate e un processo di “normalizzazione” avviata sotto il successore Gustav Husak.
Mentre le rotte aree in uscita dal paese venivano chiuse, un contingente di truppe Russi, della Germania Est, Polacche, Ungheresi e Bulgare marciarono su Praga nel più grande dispiegamento di forza militare in Europa dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. I manifestanti scesero in strada, rimuovendo segnali stradali nel tentativo di confondere gli invasori. A Praga, le truppe del Patto di Varsavia furono subito inviate a prendere controllo di stazioni televisive e radiofoniche. A Radio Praga, i giornalisti si rifiutarono di cedere la stazione che venne espugnata dopo uno scontro dove 20 persone caddero sotto i colpi delle armi da fuoco. Altre stazioni riuscirono comunque a continuare le trasmissioni per diversi giorni prima di essere scoperte e chiuse.
Dubcek e gli altri membri del governo furono arrestati e portati a Mosca. Nel frattempo diffuse manifestazioni continuarono sulle strade e nelle piazze, dove circa 100 manifestanti persero al vita. Seppur molte nazioni straniere, tra cui Cina, Jugoslavia e Romania, condannarono l’invasione, non venne presa nessuna risoluzione a livello internazionale – come avvenne in Ungheria nel 1956 – mentre gran parte della élite intellettuale e finanziaria del paese si rifugiava in Occidente.
Il 27 agosto Dubcek tornò a Praga e annunciò in un discorso di aver accettato di contenere il proprio programma di riforme. Comunisti radicali assunsero posizioni nel suo governo, e Dubcek fu costretto gradualmente a licenziare i suoi collaboratori dalle idee più progressiste. Divenne sempre più isolato e infine rimosso come primo segretario e sostituito da Gustav Husak, un “realista” che era disposto a lavorare con i sovietici. Dubcek fu poi espulso dal partito comunista e inviato a Bratislava come ispettore forestale.
Dopo il crollo dei governi comunisti in Europa orientale nel 1989, Praga divenne nuovamente teatro di manifestazioni democratiche. Nel Dicembre di quell’anno il governo di Husak cadde e dopo vent’anni Dubcek tornò sulla scena politica come presidente del nuovo parlamento, che successivamente elesse il drammaturgo ed ex-dissidente Vaclav Havel come presidente. Havel, divenuto famoso durante la Primavera di Praga, aveva visto le sue opere bandite dopo la repressione sovietica.
L’agenzia di stampa sovietica Tass affermò che l’invio delle truppe avveniva in risposta alla richiesta di “assistenza” voluta da membri del governo e del partito comunista cecoslovacco per combattere “forze contro-rivoluzionarie” – che non esistevano nella Cecoslovacchia di quegli anni. Il Presidente americano Lyndon Johnson si soffermò sul fatto che l’invasione era una chiara violazione della Carta delle Nazioni Unite e che le scuse offerte dall’Unione Sovietica suonavano “palesemente artificiose”, ma gli Stati Uniti, nel mezzo di una campagna elettorale presidenziale e impegnati in Vietnam, si limitarono a fare da spettatori alle azioni dell’Agosto del 1968.

Alessandro Guardamagna