A Fadda mancano poche centinaia di metri per attraversare Sarajevo, ma qualche cecchino potrebbe essere lì ad aspettarlo… (di Andrea Marsiletti)

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foto: Russia Beyond

Tutto tace nel vialone che attraversa Sarajevo.

Mancano poche centinaia di metri ad Alessandro Fadda per uscire dalla città e diventare il nuovo presidente della Provincia di Parma.

Ha vinto una prima durissima battaglia per entrare in città, grazie ai corpi di elite guerriani e massariani è riuscito a sfondare le resistenze e a imporsi.

Ma i nemici non sono stati uccisi, non si sono lasciati uccidere, si sono ritirati. Forse sui tetti dei palazzi trivellati.

Fadda cammina guardingo e continua a guardare in alto, ancora di più si guarda alle spalle.

Ha provato a convincere le truppe a rimanergli fedeli in nome della grande guerra patriottica, altri lo hanno fatto con le minacce o con promesse di gloria in future battaglie, in tutta la Regione.

Il traguardo è vicino. Molto vicino.

Ma fino a che non è uscito dalla città qualche cecchino, che paziente ha studiato il terreno e l’ambiente circostante e imparato a mimetizzarsi tra i vari colori, potrebbe attenderlo da giorni interi, in silenzio, senza muovere un muscolo, e aspettare solo il momento giusto per sparargli dal buio di una finestra.

Del resto nel Pd si sono formati a vedere le cose con l’occhio del cecchino. “Se dovessi uccidere me stesso, dove mi apposterei?” è l’insegnamento ricevuto in accademia.

Nei film i cecchini riescono sempre a sparare da distanze lunghissime. Certo, sparano ben più lontano di chiunque altro sul campo di battaglia, ma gli obiettivi sono ben più vicini di quanto si creda.

La camionetta blindata di Fadda è in grado di reggere a due o tre colpi di artiglieria pesante, quei colpi che valgono 30 volte quelli di un comune proiettile, che però fanno così tanto rumore che puoi capire da quale palazzo provengono. Non più di due o tre. Poi sarebbe scoperto, la sua vita a rischio per uno sparo da arma leggera, forse anche di una fionda.

Qualcuno si è calato così tanto nella parte che crede di combattere la battaglia delle battaglie, ed essere Ljudmila Pavličenko, la più implacabile e precisa cecchina dell’Armata Rossa, unanimemente riconosciuta come la sniper di maggiore successo di tutti i tempi, eroe dell’Unione Sovietica e insignita dell’Ordine di Lenin, che in un anno di combattimenti eliminò 309 nemici nazisti, tra cui 29 tiratori scelti. C’è da scommettere che fosse bellissima.

Fadda non ha sottovalutato nulla e ha osservato l’area e l’ha trasformarla in un reticolo di dati e informazioni. Ha pure lui un’ottima vista, ma il punto non è tanto il vedere, quanto semmai il percepire, sapere che tipo di movimento deve attirare la sua attenzione, distinguere le sagome quasi impercettibili che possono essere il segnale di un’imboscata pronta a scattare.

E più i generali gli promettono pubblicamente fedeltà più lui dovrebbe preoccuparsi.

Ma neppure il silenzio degli ultimi metri può rassicurarlo.

Dicono del proiettile di un cecchino che se lo senti allora sei al sicuro, perché è già passato.

È il proiettile che non senti quello fatto per te.

Il proiettile nel posto giusto che può cambiare, se non il corso della storia come quello di Ljudmila, quello della politica parmigiana.

Andrea Marsiletti