Continua l’umiliazione del Pd di Parma in Regione.
Dopo non aver ricevuto alcun assessore regionale, rimane a secco anche nelle presidenze di Commissione (leggi): 2 presidenze sono andate a Reggio Emilia (Pd + AVS), 3 a Modena (Pd + Pd + minoranza), 1 a Piacenza (Pd) e 1 a Rimini (Pd). Anche nello staff del Presidente non figura alcun parmigiano e il capo di gabinetto è l’ex sindaco di Reggio Emilia.
Il Pd di Parma non guida nessun organismo regionale dove si decide qualcosa.
Il Pd di nessun’altra provincia è stato trattato così.
Qualcosa non va.
E pensare alle ultime regionali in provincia di Parma il Pd ha ottenuto il 40% dei consensi e i suoi candidati hanno raccolti 31.137 preferenze personali sui 77.303 voti complessivi raccolti da De Pascale. Quasi la metà dei voti presi dal centrosinistra a Parma erano firmati da un candidato del Pd. Un risultato che deve essere ancora di più valorizzato perchè i candidati hanno raccolto voti in un contesto non facile, perchè sappiamo tutti che negli ultimi anni la Regione non ha proprio messo Parma al centro della sua programmazione se si pensa, per rimanere al tema delle infrastrutture, che la Pedemontana, la Cispadana, la quarta corsia autostradale A1, la Tibre si fermano proprio quando arrivano a Parma, per non parlare dell’Alta Velocità che neppure si ferma.
Mi chiedo: ma oltre a portargli un sacco di voti, cosa ha fatto di male il Pd di Parma a De Pascale? Quando è venuto nella nostra città ha mangiato male? Qualcuno di loro gli ha portato via la morosa ai tempi del liceo?
Davvero non si comprende.
O meglio, si comprende, e non è neppure colpa di De Pascale.
Personalizzare è facile ma sarebbe una semplificazione erronea. La politica regionale, non da oggi, è determinata dai rapporti di forza, dagli equilibri complessi tra spinte in direzioni e di intensità diverse, di interessi territoriali alternativi tra loro: se rappresenti il tuo territorio e puoi influire anche su altri livelli politici conti qualcosa, se rappresenti “solo” dei cittadini (e scrivo ciò con tristezza) non rappresenti nulla. E’ una regola che può piacere o non può piacere, ma questa è. E non l’ha decisa De Pascale.
Se è vero, come è vero, che i cinque candidati parmigiani per il consiglio regionale sono stati straordinari, è altrettanto vero che il partito del Pd di Parma, ormai da tanti anni, è incapace di incidere nei momenti decisivi, di compattarsi quando c’è davvero la necessità di farlo perchè una posizione unitaria sarebbe risolutiva, di parlare (anche a De Pascale) con una voce sola, chiara, vincolante. E’ un partito spaccato in tanti individualismi che provano a prevalere gli uni sugli altri, che piuttosto di fare un passo indietro giocano al massacro, al “tanto peggio, tanto meglio”, “se non io, meglio nessuno del Pd!”, al “muoia Sansone con tutti i filistei!“. Sono singoli che giocano una partita alla volta, senza condividere un percorso comune che vada al di là del quotidiano o della convenienza immediata.
Un Pd locale così balcanizzato è quello che le altre province vogliono vedere, ed è un danno per Parma, non perchè ai parmigiani possa importare qualcosa dell’unità del Pd locale in sè (non gliene importa nulla), ma perchè in Regione governa il Pd, e se il Pd di Parma non conta nulla nelle sedi dove si decide, Parma non conta nulla.
La mia impressione è che, se non cambierà qualcosa, a Bologna ascolteranno più la voce di Pietro Vignali di quella del Pd di Parma.
Ed è giusto che sia così.
Andrea Marsiletti