Anche quest’anno Parma si apprestata a celebrare Sant’Ilario, a premiare i suoi “figli migliori”.
Mi immagino l’imbarazzo dei membri della giunta comunale lì a spuntare gli elenchi, a mediare per accontentare qualcuno che segnala nomi per compiacere l’amico o l’amica, a inventarsi qualche anniversario per scegliere chi in questi 40 anni di Sant’Ilario, a colpi di dieci premiati alla volta, non ha ancora ricevuto le medaglietta.
Dico di più: un’associazione (che non sia appena costituita) o un’azienda della città che ricevono il premio Sant’Ilario dopo 400 altri già premiati dal 1987 dovrebbero sentirsi offesi, non onorati, perchè vuol dire che non sono la prima scelta, ma la 401esima. Vengono dopo financo a dei carcerati.
Anche quest’anno torno a chiedere di risparmiarci dal Sant’Ilario non perchè a me freghi qualcosa (davvero mi interessa più sapere che forma avrà domani la nuvola sopra via Zarotto) ma per evitare di coinvolgere la città in questo rituale decrepito della politica e dei soliti tromboni del Sistema Parma.
In realtà mi pare di capire che oggi non importa più neanche loro. Pure loro iniziano a sbuffare quando ricevono l’invito a partecipare a questo circo imbalsamato. E pensare che fino a qualche anno fa attendevano quella passerella al Teatro Regio o all’Auditorium Paganini come un’occasione per rivaleggiare tra loro accaparrandosi le prime file con i posti prenotati e ostentare il loro prestigio sociale.
Sant’Ilario è la celebrazione della Parma vecchia, provinciale, che riscopre la sua parmigianità ascoltando le barzellette in dialetto o pensa di guardare al futuro mettendo sul palco qualche giovane ammaestrato, amico del figlio dell’amico.
Nessun ricercatore di origini parmigiane che lavora alla fusione fredda o al nuovo sistema operativo Android a Seattle o a Manchester sarebbe disposto a prendere un aereo per ricevere il premio Sant’Ilario. Anzi, oggi è più prestigioso non aver mai preso il premio Sant’Ilario che averlo preso perchè vuol dire essere fuori da quella macchina di autoreferenzialità e di marchette che non è solo insopportabile ma un danno per la città perchè trasmette messaggi cortigiani e ne restringe la visione.
Chi oggi rinunciasse a ricevere il premio Sant’Ilario farebbe un servizio alla città.
Non accontentatevi di ottenere una foto sui giornali, di una citazione biografica in un comunicato stampa. Hanno la stessa energia di quelle sull’ultima pagina della Gazzetta di Parma.
Andrea Marsiletti