
L’ultimo cambio in ordine di tempo al vertice della polizia municipale di Parma, senza voler entrare nel merito dei motivi, dovrebbe indurre tutte le forze politiche ad una seria riflessione.
Le polizie municipali sono disciplinate dalla legge quadro del 1986 (L. 65/1986). Una legge da tempo superata e non più al passo con i tempi. E’ sufficiente ricordare sul punto l’aumento dei compiti attribuiti alle polizie municipali negli ultimi anni.
Durante la XVI legislatura si cercò di giungere ad una riforma organica del comparto. Venne presentato al Senato un testo condiviso da maggioranza ed opposizione, relatori Giuliano Barbolini (Pd) e Maurizio Saia (Pdl), che metteva ordine anche in tema di arruolamento, formazione e progressione di carriera del personale delle polizie municipali.
Il fortissimo ostruzionismo delle burocrazie del Ministero dell’interno e le gelosie delle altre Forze di polizia impedirono che si giungesse alla sua approvazione e che le polizie municipali potessero occuparsi, quindi, in via ordinaria e non eccezionale anche di attività diverse da quelle del controllo della circolazione stradale.
Parma ed il suo comando di polizia municipale che all’epoca dirigevo, oltre ad appoggiare il progetto di riforma della polizia municipale, si fecero promotori di una serie di iniziative che portarono il governo ed il Parlamento ad approvare diversi interventi in materia di sicurezza urbana. Voglio ricordare il D.L. 92/2008 (c.d. ‘pacchetto sicurezza’) e il D.L. 187/2010 (Misure urgenti in materia di sicurezza), unitamente alla L. 94/2009 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica).
Di quella stagione è rimasto poco o nulla: solo qualche foto o qualche comunicato ancora reperibile in rete.
L’epoca dei sindaci, ironicamente definiti “sceriffi” perché si erano posti il problema di come garantire la sicurezza urbana in assenza di risposte certe dello Stato centrale, venne archiviata. Così come venne archiviata l’esperienza del Tavolo dei comandanti delle città (oltre a Parma, Alessandria, Asti, Belluno, Como, Bergamo, Cremona, La Spezia, Lodi, Lucca, Mantova, Modena, Novara, Pavia, Piacenza, Prato, Rovigo, Treviso, Varese, Verona, Unione dei Comuni delle Terre verdiane, Unione dei Comuni Pedemontana Parmense) che avevano firmato la Carta di Parma con lo scopo di proporre all’allora ministro dell’Interno Roberto Maroni soluzioni condivise in materia di sicurezza urbana.
Ad accelerare la fine di quella stagione di riforme contribuirono, nel caso di Parma, anche le ben note inchieste giudiziarie che interessarono i vertici politici ed amministrativi della città.
Dopo un decennio circa da allora, la riforma della polizia municipale è tornata d’attualità con un ennesimo disegno di legge delega. Approvata dal Consiglio dei ministri l’11 luglio 2019, la delega prevede, tra le altre cose, il riordino della disciplina in materia di accesso ai ruoli, della relativa progressione di carriera, con particolare attenzione alle figure apicali.
Le polizie municipali hanno bisogno di continuità, stabilità, regole chiare. E la ‘girandola’ dei vertici, certamente, non aiuta determinando incertezza e precarietà nell’azione di comando.
Giovanni Maria Jacobazzi, ex comandante della polizia municipale di Parma (2008-2011)