I Neet: giovani che non studiano e non lavorano (di Stefano Gelati)

Stefano Gelati

Neet: not in education, enployment or training.

Acronimo che in Inglese significa: no studio, non occupati o in formazione. E’ un indicatore della quota di popolazione di età compresa tra i 15 e i 29 anni ( in molte rilevazioni si fa riferimento alla fascia tra 15 e 34 anni) che non è né occupata, né inserita in un percorso di istruzione o formazione.

In Italia l’aggregato tra i 15 e 34 anni contava nel 2020, l’anno in cui ha più inciso la pandemia, oltre tre milioni di Neet.

Ma il dato del 2020, a prescindere dal Covid, ha un contenuto strutturale, è il peggiore dell’UE., ribadito nella sostanza anche nel 2021; più di uno su quattro residenti tra i 15 e 34 anni è in questa situazione; su tre milioni, le donne sono la magggioranza ( 1,7 milioni) e come sempre con maggiore rilevanza nel mezzogiorno, con le situazioni più gravi in Sicilia, Calabria, Campania. Da notare che in molti indicatori statistici queste tre regioni del nostro sud, emergono come quelle più problematiche dal punto di vista economico e sociale.

I Neet sono sia dei disoccupati, cercano lavoro e non lo trovano, che degl’inattivi che non cercano più lavoro, non studiano e non fanno attività di formazione.

I dati della disoccupazione migliorano, ma il tema della disoccupazione giovanile, dell’entrata nel mercato del lavoro dei giovani, rimane uno “zoccolo duro” che resiste anche a periodi di crescita generale del sistema economico italiano.

Il problema del primo ingresso sul mercato del lavoro è sempre molto grave, anche per coloro che hanno un diploma di maturità; la situazione migliora per i laureati. La tematica è di particolare allarme sociale per le persone tra i 25 e 34 anni che hanno solo un’istruzione secondaria di primo grado (ex scuola media); in questa fascia d’età solo il 30% delle donne ed il 64% degli uomini sono occupati; quindi la bassa scolarizzazzione è correlata ad un’alta percentuale di disoccupazione e inattività, con le donne in una situazione di gran lunga peggiore.Ritorna il tema dell’ancora troppo elevato numero dgli abbandoni scolastici e dello scarso collegamento tra scuola e domanda di lavoro, con la conseguenza che abbiamo molti giovani disoccupati accanto a troppe figure professionali che non trovano persone che le ricoprano.

Non è un caso, che il paese che ha tra le migliori percentuali di occupazione giovanile sia la Germania, dove oltre un milione di persone frequentano dei corsi professionalizzanti dopo la maturità, in Italia sono solo ventimila.

Un altro generatore di Neet è l’abbandono sia di percorsi lavorativi che di studio, nel solo 2021, più di novantasettemila ragazzi hanno abbandonato, per loro scelta, la scuola, l’università o un lavoro.
Il rapporto Migrantes evidenzia il fenomeno dell’emigrazione di nostri giovani, molte volte qualificati, che vanno a spendere le loro competenze acquisite nel sistema scolastico e universitario italiano, all’estero, producendo una grave perdita alla nostra comunità nazionale. Da noi questi giovani, spesso, non trovano, in tempi accettabili, gli sbocchi occupazionali adeguati alla loro preparazione. Sono oltre un milione e duecentomila gl’Italiani, tra i 18 e 34 anni. che vivono stabilmente all’estero.

Il tema dei Neet, giovani che non studiano e non lavorano, costituisce un grave problema per i soggetti che si trovano in questa situazione e per le loro famiglie, è fonte di un diffuso disagio e malessere sociale. Essi pur rappresentando un gruppo molto vario, con caratteri sociali , di condizioni di vita, di storie personali e familiari, anche molto diverse, presentano una caratteristica comune: la sfiducia associata alla paura di fallire che molte volte impedisce a loro di mettersi, o rimettersi, in gioco.

Stefano Gelati

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