Marcello Frigeri è stato per dieci anni portavoce del sindaco Pizzarotti.
Esperto di comunicazione politica, alle ultime elezioni comunali ha seguito con successo la campagna elettorale di Davide Malvisi a Fidenza.
Gli abbiamo rivolto alcune domande, anche su Pizzarotti e l’amministrazione Guerra.
Partiamo dalle elezioni comunali di Fidenza, il Comune più popoloso della provincia di cui hai direttamente seguito la campagna elettorale del sindaco Davide Malvisi. Qual è stata la strategia?
Anzitutto è importante sottolineare che, rispetto a diverse campagne seguite, è stata la più corretta dal punto di vista del dibattito pubblico. Qualche piccolissima scaramuccia nell’ordine del consentito, ma Davide, Pollastri e Cabassa sono stati esempio di correttezza e genuinità, va riconosciuto. Ed è stata questa la strategia: secondo i dati, Davide era una figura ampiamente conosciuta in città, con un alto profilo istituzionale e un’ottima fiducia. La sua è una figura rassicurante. Dovevamo mantenere quel profilo impostando la campagna sul futuro e su progetti concreti ed eseguibili.
Il 62% ottenuto è un dato storicamente alto per Fidenza, ed è un risultato che tutto sommato ci aspettavamo.
Non ero solo, ho lavorato assieme a Together srl e a un altro team qualificato di professionisti.
Quali credi siano i punti di forza di Malvisi?
Conosce bene la politica e i suoi tempi, ha un background esperienziale di tutto rispetto; ha dimostrato di conoscere Fidenza meglio dei suoi avversari e, come detto, ha iniziato la campagna godendo già di una buona fiducia, segno che come assessore e vicesindaco ha ben lavorato negli anni.
Giornali, siti, social, volantini, manifesti… tutto serve, ma cosa serve di più per vincere un’elezione comunale?
La comunicazione è importante, aiuta a impostare una buona campagna elettorale: crea ordine là dove, senza comunicazione, il rischio è di causare disordine e confusione. Una proposta politica spiegata in modo chiaro e semplice, con un messaggio e un obiettivo, è la base per accrescere il consenso. Il candidato, poi, non è solo colui che comunica un messaggio, può e deve essere lui stesso un messaggio.
Ad esempio, abbiamo lavorato affinché Davide comunicasse sicurezza e istituzionalità, che era un modo per differenziarsi dagli avversari. La comunicazione è importante ma non è tutto, per vincere le elezioni serve anche battere il territorio in lungo e in largo, farsi conoscere, consolidare i fidelizzati portandoli al voto e convincere gli indecisi.
Venendo a Pizzarotti, di cui sei stato per dieci anni il portavoce, come giudichi il suo risultato elettorale alle europee? Quali consigli gli avresti dato?
Guardando ai parmigiani in campo, è quello che ha fatto meglio in termini di preferenze, con più di 11 mila voti presi. Il risultato finale va osservato nel contesto generale, altrimenti si perde di vista il senso di quel che è avvenuto. La lista Siamo Europei non ha passato il quorum, la divisione nell’ala liberale ha pagato, e probabilmente l’errore di Calenda, Renzi e Bonino è tutto lì.
Conosco Federico, so benissimo che il suo modo di intendere la politica è spesso rivolto a sfide difficili, per lui ha più valore l’idea del risultato. Personalmente non conosco i motivi che lo hanno spinto a lasciare Più Europa, ma se lo ha fatto ritengo siano stati motivi validi. Penso non sia corretto dare consigli, soprattutto col senno del poi: troppo facile così, una campagna elettorale va vissuta e discussa sul momento. La sua elezione era una sfida difficile verso cui l’ho visto attivo e presente.
Che idea ti sei fatto della comunicazione dell’amministrazione Guerra?
Mi viene in mente Seneca in una delle sue lettere scritte a Lucilio, quando riflette sul valore del tempo: lo scorrere del tempo è relativo, scrive, perché dipende da come lo riempiamo. Cinque anni di mandato possono essere un tempo ampiamente sufficiente per esprimere in modo chiaro e netto il proprio posizionamento e i valori politici, elementi fondamentali per emergere rispetto al “rumore” di fondo. Al tempo stesso, possono correre via molto velocemente e sfuggire di mano senza che ce se ne accorga.
Più che “amministrazione Guerra”, molto impersonale, parlerei del sindaco Guerra. Ho conosciuto Michele come un buon assessore e ritengo che sappia essere anche un buon sindaco, ha davanti ancora tre anni per emergere da quel rumore di fondo.
E del Partito Democratico che idea ti sei fatto?
E’ il primo partito in città e la prima forza in Consiglio Comunale. In virtù di questo, credo che farà sentire il suo peso politico da qui ai prossimi mesi.
Andrea Marsiletti