INTERVISTA – Priamo Bocchi (FdI): “Qualche luce nell’Amministrazione Guerra, ma tante ombre…. con qualche follia. Le mie proposte”

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Priamo Bocchi è il capogruppo di Fratelli d’Italia a Parma, impegnato nel ruolo di minoranza.
Lo abbiamo intervistato sull’operato dell’Amministrazione Guerra, sulle sue proposte, sulle prossime elezioni amministrative di Parma… con una domanda anche sul suo futuro politico (da predestinato leader del centrodestra locale?).

E’ passato ormai un anno dal tuo ingresso in Consiglio comunale. Cosa ti sta dando questa esperienza?

Si tratta di un’esperienza nuova, impegnativa, ma che mi sta arricchendo da tanti punti di vista. E’ un modo per entrare ancora più in contatto con il tessuto della città e conoscerne i problemi, le speranze, le delusioni, le paure e l’anima profonda. Sto cercando di svolgere il mio mandato con serietà, dedizione e impegno mettendomi, seppure tra le fila della minoranza, al servizio degli interessi di Parma. Avverto, insieme a tutta Fratelli d’Italia, la responsabilità di essere per tanti cittadini un punto di riferimento.

Quello umano e delle relazioni è in effetti l’aspetto più gratificante del mio ruolo di consigliere, oltre al fatto che questa esperienza mi sta permettendo di conoscere da vicino il funzionamento dell’organo istituzionale municipale, le sue procedure, la sua macchina, le sue regole, il suo apparato burocratico costituito da norme e regolamenti ma anche da uno straordinario e preparato corpo professionale.
La presidenza della Commissione controllo e garanzia che vigila sull’operato delle società partecipate, inoltre, mi ha fatto apprezzare la qualità di tanti amministratori e funzionari: un esempio su tutti la classe dirigente delle Fiere di Parma.

Luci e ombre dell’Amministrazione Guerra?

Partiamo con le luci: il clima politico, dopo dieci anni di Pizzarotti, è finalmente cambiato nei rapporti tra maggioranza e opposizione. Guerra è persona cordiale, paziente, rispettosa e disponibile con tutti: su questioni nazionali di interesse della città abbiamo avuto anche modo di collaborare in qualità di rappresentante del primo partito di governo. La Fondazione Teatro Regio, che paga ancora la pesante eredità dell’amministrazione passata (vedi la sciagurata liquidazione della sua orchestra per la quale è ancora in corso una controversia giudiziaria) sembra avere cambiato passo: il nuovo sovrintendente sta facendo un buon lavoro. Poi abbiamo sostenuto, sollecitato, infine apprezzato e votato, l’accordo tra Fiere di Parma e di Milano.

Le ombre tuttavia sono tante. Gli irrisolti problemi di decoro urbano e sicurezza, tanto per restare sulle maggiori criticità, segnalano un’inerzia, scialba e tutta parolaia, della giunta, vittima di un sempre più evidente contrasto e disallineamento tra la componente civica e il PD. Anche sui servizi educativi c’è stato un colpevole lassismo: ancora oggi non è stata stipulata una convenzione con le scuole paritarie private e così abbiamo 1.300 bambini in lista d’attesa per un posto al nido o alla materna mentre a Reggio Emilia sono solo 81. Sul PNRR i progetti sono 34 per un impegno di spesa di 72 milioni (Reggio Emilia conta 50 progetti per 92 milioni di spesa) ma mancano grandi progettualità di rigenerazione urbana e i nodi irrisolti (ex Scalo Merci su tutti) restano tali. Alcune questioni, come il futuro del Mall e del Ponte Nord, sono sospese in un limbo di disinteresse. Su mobilità e ambiente si persevera ad assecondarne una pericolosa visione ideologica e religiosa. Basti pensare che nel PUG, cruciale strumento di pianificazione urbanistica, si dichiara apertamente tra gli obiettivi quello di cambiare il clima: una follia.

Se fossi stato sindaco quali atti avresti compiuto subito?

Avrei affrontato il problema della sicurezza urbana con maggiore durezza e rigore allestendo un piano di intervento che non si limitasse alle passeggiate degli street tutor. Presidi fissi della polizia locale nelle zone più critiche, unità cinofila, vigilanza nei parchi anche con l’ausilio del personale di Polizia in pensione, potenziamento del nucleo investigativo (oggi invece smantellato), controlli a tappeto sulla regolarità degli stranieri e sull’osservanza delle ordinanze. Avrei poi adottato definitivamente il regolamento del commercio (o di tutela dei beni artistici monumentali) dell’assessore Casa potenziando i controlli ad oggi del tutto assenti.

Poi mi sarei occupato della questione sociale, prima voce di spesa del bilancio, con meno convegni, tavoli e cabine di regia ma con una riforma radicale e una riorganizzazione del welfare che andasse nella direzione di maggiore efficienza, trasparenza e che vedesse le famiglie al centro.

Avrei anche aumentato la soglia di esenzione dell’addizionale Irpef (oggi tra le più basse della regione e non solo) introducendo una progressività dell’aliquota per scaglioni di reddito e assunto due figure che si occupassero di disabilità (disability manager) e commercio (city manager).

Uscendo dalla città, pensi che la vittoria a Salsomaggiore possa essere l’inizio di una stagione di vittorie anche alle comunali della provincia, nei quali notoriamente il centrodestra prevale nel voto politico e tende a perdere alle comunali? Cosa vi ha insegnato la vittoria di Musile Tanzi?

La vittoria al primo turno di Salsomaggiore ci ha insegnato che quando il centrodestra si presenta unito e individua profili di candidati preparati e di indiscussa rispettabilità raccoglie consenso e fiducia e per questo dobbiamo ringraziare lo straordinario lavoro svolto sul territorio dall’onorevole Gaetana Russo. Mi auguro davvero possa essere un segnale utile per le prossime amministrative in provincia: Fratelli d’Italia sta lavorando in questa direzione.

Qualche settimana fa mi sono esposto (leggi: Il consiglio di Renato Curcio all’anti-Guerra, Priamo Bocchi), e ho scritto che a mio giudizio sei il candidato più forte che tra quattro anni può sfidare Guerra. Ho preso un abbaglio?

Non posso che essere lusingato dal tuo giudizio di fine conoscitore della politica locale. Non so risponderti nel merito però: preferisco restare umile 🙂 e poi… quattro anni in politica sono lunghissimi.

Andrea Marsiletti

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