Il consiglio di Renato Curcio all’anti-Guerra, Priamo Bocchi (di Andrea Marsiletti)

“Non c’è, non c’è il profumo della tua pelle
Non c’è il respiro di te sul viso
Non c’è la tua bocca di fragola
Non c’è il dolce miele dei tuoi capelli”.

Così Laura Pausini canta la triste assenza di un amore che non c’è più.

La stessa mancanza di una leadership che vive la coalizione cittadina di centrodestra, che da tempo arriva alle comunali di Parma come uscita da un mandato di letargo, impreparata, e tre mesi prima del voto inizia a guardarsi intorno e a chiedere a qualcuno di candidarsi, neppure in modo unitario.

Penso che il centrodestra di Parma debba iniziare a programmare le scadenze elettorali e valorizzare e costruire su quello che ha.

Se si guarda in casa una persona conosciuta in città, che conosce la città e i suoi problemi, sta facendo un’esperienza amministrativa, si presenta bene, ce l’ha: è Priamo Bocchi, capogruppo di Fratelli d’Italia.

Bocchi ha quella spruzzata di destra che oggi piace agli italiani, è una figura che in questo anno di opposizione non pregiudiziale, pur senza spaccare il mondo, si è accredita di una capacità di dialogo e di onestà intellettuale amministrativi.

In un meno di un anno Bocchi ha sdoganato la destra di Parma più di quanto abbiano fatto Fini e Meloni in vent’anni.

Per me è lui l’antiguerra, la figura più spendibile da contrapporre tra quattro anni a Michele Guerra.

Ma il centrodestra deve convincersi di questo e poi investire unitariamente su di lui da domani, perchè quattro anni in politica volano. Investire vuol dire per i partiti di centrodestra riconoscere a Bocchi una leadership, per lui iniziare a presentarsi vis a vis alla città, ai gruppi, alle associazioni, alle aziende, ai cittadini, ovvero sfidare Guerra in ciò che al sindaco riesce meglio con quel suo modo fresco e una capacità oratoria unica in città. Guerra è formidabile negli incontri con le persone, probabilmente inarrivabile per tutti.

Ma Bocchi deve cercare di avvicinarsi a lui, più persone conoscerà nei prossimi anni, più voti prenderà.

Vanno bene il vento nazionale della Meloni e il risotto nell’eremo ascetico e gnostisco di Sole, ma per vincere Bocchi deve letteralmente “lavorare” sulla sua candidatura.


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Aggiungo un consiglio, ovviamente non richiesto: credo che alla lunga siano controproducenti i suoi post e fotomontaggi sui social, anche quanto sono calzanti e intelligenti, persino motivati.

Non si vincono le elezioni facendo ridere.

Ce lo racconta Umberto Eco ne “Il nome della Rosa”: non è il maligno a mietere vittime tra le mura della cupa abbazia benedettina, bensì l’ultima copia (di cui era negata l’esistenza) del secondo libro della poetica di Aristotele riguardante la commedia in cui venivano esaltati il divertimento e il riso. Concetti inaccettabili per il vecchio bibliotecario cieco, Jorge de Burgos, che aveva avvelenato le pagine del libro in modo tale che chiunque avesse ingerito l’inchiostro (era normale leccarsi le dita prima di voltare le pagine), sarebbe morto.

De Burgos vede nel riso “la debolezza, la corruzione, l’insipidità […] della carne. Il riso uccide la paura e senza la paura non ci può essere la fede”.

Lo stesso concetto espresso dall’ideologo delle Brigate Rosse, Renato Curcio: “Non c’è potere senza paura”.

E’ una verità incontrovertibile quella declarata da Curcio. Un dogma della politica, forse della vita.

Bocchi non deve certo essere ossessionato dal riso come il bibliotecario cieco, ma neppure può fare del riso la sua cifra, il suo stile, il suo personaggio: se sei uno che vuol far ridere, alla fine ti considereranno chi un simpatico, chi un amico con cui andare a bere una birra, chi un eterno Peter Pan, i più cattivi un guascone.

Magari farai sorridere tanti, ma pochi ti prenderanno sul serio.

Andrea Marsiletti

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