La voce dei ristoratori del Parma Quality Restaurant: tornate a gustare il piacere di cenare in sicurezza. INTERVISTA ad Andrea Nizzi, presidente del PQR

Si sono inventati modi nuovi per raggiungere i clienti, hanno imparato a conoscere molto bene le nuove tecnologie e finalmente hanno riaperto lunedì 18 maggio fra mille speranze: sono i ristoratori. La nostra città, al centro della food Valley è patria di prodotti di grande qualità, non a caso, nel 2016, ha ricevuto da parte di Unesco il riconoscimento di “Città creativa per la Gastronomia”.

Proprio all’indomani della conseguimento del titolo e con il preciso obiettivo di sostenere istituzioni ed enti nel promuovere Parma e la sua cultura gastronomica, è nato il Parma Quality Restaurant: un consorzio fatto oggi di 30 ristoranti che dalla Bassa all’Appennino, passando per la città, rappresenta tutte le anime della cucina e della ristorazione. Un network dove a fianco della cucina tradizionale si pone quella creativa, a fianco dell’osteria il ristorante rinomato e quello stellato. Unico punto fermo è il rispetto del territorio e delle sue materie prime che qui non mancano di certo, visto che è la provincia italiana con più Dop e Igp.
Anche se la filiera del food ha continuato a operare senza soluzione di continuità durante i mesi dell’emergenza sanitaria, per il mondo della ristorazione le ripercussioni della pandemia e del lockdown ci sono state e ci saranno inevitabilmente anche i prossimi mesi, vistà la necessitò di distanziamento fra le persone e la riduzione dei coperti.

Ne abbiamo parlato con lo chef Andrea Nizzi, neo eletto presidente del consorzio Parma Quality Restaurant che esordisce con un aneddoto molto significativo: “Ho ospitato recentemente e con grande gioia la prima turista tedesca che mi ha spiegato di aver fatto il diavolo a quattro per riuscire ad avere il permesso per venire in Italia. Mi ha detto di essere molto felice di essere nel nostro paese e ha aggiunto, riferendosi alla ristorazione: ‘rimettetevi in piedi perché siete la cosa più bella dell’Italia’. Ecco quel consiglio lo facciamo nostro”.

Come stanno andando queste prime settimane?

Abbiamo riaperto tutti e 30 anche se siamo consapevoli di farlo in perdita. Ma dobbiamo dare un segnale di ritorno alla normalità e poi sono ottimista: il primo week-end avevamo 15 ospiti, il secondo 30 e speriamo in un incremento costante. Credo che le persone si siano abituate a stare in casa e abbiano ancora un po’ di paura a uscire, per questo serve dare il segnale anche da parte nostra che si può fare, che c’è il rispetto delle regole e delle norme di sicurezza. Si può andare al ristorante, in trattoria, all’osteria.

In questo senso il Parma Quality Restaurant ha messo a punto un ulteriore protocollo di sicurezza nei locali aderenti, è così?

Sì, andiamo aggiungere ulteriori precauzioni che servono per proteggere la salute nostra, dei nostri dipendenti e dei clienti. Lavoreremo meno ma lo faremo in più sicurezza. E sono sicuro che le persone ricominceranno a provare il piacere di pranzare o cenare coccolati fuori casa.

Quando secondo lei si potrà ipotizzare una ripresa?

Lo capiremo verso settembre, ma qualche segnale positivo c’è, come per esempio la conferma del Salone del Camper, per esempio. È una fiera di settore molto importante per la città che muove tantissimi appassionati.

Nei mesi scorsi avete studiato metodi alternativi per fare business, come è andata?

Ci siamo tutti organizzati con le nuove tecnologie, siti internet, App e social network per mettere in piedi la modalità di delivery, non tutti erano attrezzati e oggi siamo diventati bravissimi… L’abbiamo fatto principalmente per tenere viva la relazione con i clienti e per non fermarci, per tenere vivo il nostro spirito, ma certamente a livello economico le entrate sono state decisamente diverse rispetto alla normalità. Basta pensare al vino che è parte importante del nostro guadagno: raramente i clienti lo chiedevano in delivery. Delivery che tuttora continuiamo a fare. Al Ristorante Da Rita, in Valditacca, visto il luogo in cui si trova fra praterie e spazi incontaminati si sono organizzati per esempio con il cestino da asporto per pic nic. La pandemia insomma ci ha costretto ad aprire la mente, a trovare soluzioni alternative. 30 ristoranti sono 30 anime diverse, ma siamo stati davvero una tempesta d’idee!

Tatiana Cogo

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