“Egemonia culturale: gli intellettuali di Antonio Gramsci al tempo degli influencer“.
E’ questo il titolo del webinar pubblico del 7 giugno con gli interventi di Sergio Manghi, Renzo Rossolini, Massimo Rutigliano, Michele Guerra, Andrea Massari, l’influencer parmigiana Ilaria Milite con 250.000 follower su Instagram, Paolo Ferrero. (leggi i dettagli del webinar e come partecipare)
Il pensiero di Gramsci, il fondatore del Partito Comunista Italiano, il pensatore italiano più studiato e tradotto nel mondo, uno degli autori, di ogni genere, inseriti dall’Unesco nella classifica dei 250 maggiori di ogni tempo e di ogni lingua, sarà attualizzato e calato ai giorni nostri, ai tempi dell’informazione e della formazione del consenso sui social.
Ma se tutti noi sappiamo chi sono gli influencer, forse non tutti hanno chiaro il concetto gramsciano di egemonia culturale che fu teorizzato dall’intellettuale comunista mentre era prigioniero nelle carceri fasciste.
Gramsci riteneva che se non si erano ancora realizzate le teorie scientifiche marxiste era perchè la cultura borghese continuava a prevalere su quella proletaria, influendo sulle masse lavoratrici più di quanto Marx poteva pensare. Strumenti quali la scuola obbligatoria e i mezzi di comunicazione avevano inculcando nei lavoratori una “falsa coscienza” che, invece di spingerli a soddisfare i loro bisogni collettivi attraverso la rivoluzione, li aveva fatti cedere alle sirene del nazionalismo, consumismo, competizione sociale e religione.
Se i proletari volevano assumere il potere dovevano quindi strappare alla borghesia la sua egemonia culturale.
Gramsci individua e affida agli intellettuali questo compito.
Per Gramsci tutti gli uomini sono intellettuali in quanto operano secondo modi d’intendere e di volere, ma nella società ve ne sono alcuni che assumono storicamente e coscientemente questa funzione.
Il pensatore marxista distingue gli intellettuali in due categorie: tradizionali, che sono quelli che elaborano la propria attività intellettuale al di fuori degli schemi stabiliti dall’egemonia culturale preponderante considerandosi “autonomi e indipendenti dal gruppo sociale dominante” politicamente ed economicamente rifacendosi ai valori della tradizione; organici, quelli collegati organicamente alla classe dominante offrendo a questa “funzioni organizzative e connettive”, tali da permetterle la guida ideologica e la direzione morale.
Per Gramsci la strada era sempre quella della rivoluzione come scontro violento di classe per la conquista del potere. Tuttavia questa “guerra di movimento”, la rivoluzione, doveva essere preceduta dalla “guerra di posizione”, dalla conquista dell’egemonia culturale, attirando al proletariato la classe degli intellettuali tradizionali e formando tra le proprie file gli intellettuali organici, facendo di questi i propri dirigenti politici. Gli intellettuali, attraverso la persuasione razionale e l’influenza sentimentale, determinano il modo di vivere e la formazione dell’opinione pubblica ma, se non vogliono essere puri pedanti, non possono essere distinti e staccati dal popolo-nazione, cioè senza sentire le passioni elementari del popolo, comprendendole e quindi spiegandole e giustificandole.
Dopo la vittoria sarà compito dei dirigenti politici mantenere inalterata l’egemonia culturale del proletariato.
Oggi, ai tempi di Facebook, di Instagram e degli influencer, come prende forma la lotta per l’egemonia culturale?
Andrea Marsiletti