Caro Direttore,
ridendo e scherzando siamo giunti alla vigilia del voto, e alla conclusione della mia breve galleria di ritratti elettorali, che spero ti siano piaciuti. Completerei il nostro gioco con alcune riflessioni sul profilo di Michele Guerra, colui che gli osservatori (e i sondaggi pubblicati prima del silenzio) indicano come favorito per la poltrona di Sindaco.
Difficile non cominciare dall’inizio, ovvero dal retroterra della sua candidatura.
Non è questa la sede per analizzare il valore politico dell’accordo tra Pd ed Effetto Parma, ma può essere utile almeno sottolinearne la qualità, per così dire, tellurica. Nel senso che la lenta convergenza maturata negli anni tra due forze a lungo contrapposte in città e nelle istituzioni, ha prevedibilmente generato spinte e controspinte (alle quali tu stesso hai dato ampio risalto): una ridda di opposizioni, veti, manovre congressuali e statutarie, persino una micro-scissione (che ha dato vita all’effimera candidatura di Michela Canova). Bene, se il patto siglato tra democratici e pizzarottiani, com’era facile prevedere, non è stato un pranzo di gala, va dato atto a Michele Guerra di avere saputo affrontare quella fase interminabile con notevole intelligenza e una buona dose di freddezza, senza compiere un solo passo falso. Avrebbe potuto cedere alla tentazione di esporsi, di assumere iniziative, o anche solo attirare su di sé l’attenzione prima del tempo. Invece non l’ha fatto.
Di regola i front-runner non amano le acque agitate, tra le quali finiscono spesso col soccombere, vuoi per impazienza, vuoi per eccesso di zelo o di attivismo. E questo vale soprattutto in una politica come l’attuale, caratterizzata da elevati tassi di improvvisazione e dilettantismo. Guerra, invece, nell’estenuante mareggiata dell’ultimo anno ha bordeggiato con olimpica (o se preferisci, con democristiana) imperturbabilità, sino a guadagnare il porto sicuro della candidatura. Non era scontato, per nulla. L’esito di quel percorso denota da parte sua chiare capacità di ponderazione, una dote sconosciuta alla maggior parte dei politici locali e nazionali.
Altro suo merito, mi pare, è aver salvato il salvabile dell’eredità pizzarottiana (una dote che potrà essere valutata solo nelle urne), riuscendo quasi contemporaneamente ad archiviare senza troppi complimenti l’era del pizzarottismo (su questo punto, chissà, avrò modo di tornare). E’ davvero difficile pensare che altri colonnelli di Effetto Parma potessero compiere con tale compostezza un passaggio così arrischiato: prima il compromesso storico col Pd, poi l’investitura, quindi la fulminea presa d’atto che la spinta propulsiva del pizzarottismo era terminata, e infine l’apertura di una fase politica inedita, che veda nuovamente la sinistra, dopo ventiquattro anni, al governo della città.
Quest’ultimo per la verità è ancora soltanto un auspicio, ma Guerra appare ben saldo sull’arcione e diretto all’obiettivo.
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L’Assessore di Parma 2020 tesse ora la sua tela. La sua campagna elettorale, sin qui, non ha riservato particolari sorprese. Qualcosa potrà interrompere quella che sembra la corsa di un predestinato?
Diciamo così: bisognerà capire se la facilità con cui marcia dipenda da venti propizi o da un’astuta surplace. Perché i venti propizi fanno miracoli, e permettono di gestire utilmente il vantaggio accumulato, sino al traguardo. La surplace invece è una tattica spietata che dà i suoi frutti solo all’ultimo respiro. Richiede gamba, scatto, risolutezza. E queste sono doti che Michele Guerra deve ancora dimostrare di possedere.
A risentirci dopo il voto, dunque. E grazie dello spazio che mi hai concesso.
Lorenzo Lasagna