“Se c’è UDC ogni intesa con la Sinistra è impossibile”

SMA MODENA
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14/08/2010

Filippo Carraro, ex dirigente provinciale di Rifondazione Comunista e assessore provinciale alla viabilità della precedente giunta Bernazzoli (fino all’uscita dalla maggioranza in Provincia del PRC).
Alle ultime provinciali del 2009 Carraro si è candidato per lista “La Sinistra” insieme a Sinistra Democratica, Verdi e Socialisti.

Filippo, in questo momento sei un battitore libero o un esponente di Sinistra e Libertà di Vendola?
Mi considero una persona di parte. Un “partigiano”, nel senso che parteggio e ho sempre espresso le mie idee fuori e dentro il partito in cui ho militato. Cerco sempre di professare le mie idee liberamente e non ho mai sentito una sorta di guinzaglio al collo che mi tenesse vincolato dallo esprimere il mio pensiero, anche quando questo era sconveniente dentro Rifondazione o scomodo nella maggioranza in Provincia.
Oggi però non aderisco a nessuna forza politica e da quando ho comunicato la mia uscita da Rifondazione non ho sottoscritto nessuna tessera di partito.
Aderire ad una forza politica, per me, è qualcosa di estremamente serio; non è l’esercizio di una compilazione di un talloncino di cartone, è frutto di un senso di appartenenza serio che porta a condividere le proprie idee e valori comuni con un gruppo.
Oggi quel senso di appartenenza, in me, è venuto meno ma non vengono meno le idee che sostengo e che continuo a ribadire.

Vendola può essere il candidato giusto del centrosinistra per battere Berlusconi, nonostante inibisca l’alleanza tra il centrosinistra e l’UDC?
Credo che Nichi abbia voluto porre, con la sua autocandidatura, il tema di un rinnovamento della prassi nella politica, agganciare la politica ai bisogni e aspettative della gente. Il tentativo di competere con la destra sullo stesso piano, il rincorrere, è un progetto fallimentare in partenza.
Oggi, per come si è connotata la nuova fase del berlusconismo con un’estremizzazione dell’uso personale della politica, è prioritario cercare percorsi di alternativa a quel modello di politica. Se non riconduciamo la politica italiana in uno scenario di normalità trovo pleonastico qualsiasi dibattito di prospettiva strategica.
Oggi più che mai è necessario un fronte comune alla deriva autoritaria della politica. Quindi è improcrastinabile un confronto serrato delle opposizioni per ricercare terreni comuni di battaglia politica. Discutere di candidati, primarie ed elezioni, e qui compie l’errore Vendola, serve solo a spostare il dibattito su un terreno che è utile solo al centrodestra.
Forse è funzionale a qualcuno non discutere di programmi in quanto credo che le divergenze politico programmatiche renderebbero impossibile un qualsiasi accordo centrosinistra-UDC. Anche se ho paura che il fine strategico del PD, ovvero il governo del Paese a tutti i costi, rischi di creare un appiattimento centrista pericoloso, così pericoloso da far loro strizzare l’occhiolino anche ai finiani. Solo con l’appiattimento al centro del PD potrebbe aprirsi la porta ad una alleanza centrista, escludendo però qualsiasi accordo a sinistra. Un’alleanza che va dall’UDC alla Federazione della Sinistra è impossibile.
La presenza della Federazione esclude l’UDC e viceversa.

Che idea ti sei fatto del PD a livello nazionale e locale? In tanti lo ritengono un progetto fallimentare, al pari di quello del PDL…
Credo sia evidente a tutti di come, almeno ad oggi, il progetto di un forte partito riformista del centrosinistra sia fallito.
A livello nazionale non vedo un’incidenza minima nei processi di disgregazione della maggioranza di governo. Non è che siano mancate le occasioni, e penso al voto sullo scudo fiscale dove il voto contrario del PD avrebbe mandato sotto il Governo su un elemento di forte dirompenza mediatica, sembra quasi di aspetti Godot. Ricordo a tutti che nella commedia di Samuel Beckett Godot non arriva mai, e ora si incensa Fini come se fosse il salvatore della Patria.
Le divergenze interne al PDL sono contraddizioni tutte interne a loro dinamiche, pensare che sia ipotizzabile una qualche forma di accordo con loro è da sciocchi. Oggi è necessario che il centrosinistra, tutto, si coordini e trovi forme comuni di mobilitazione per dare l’ultima spallata a questa pericolosa maggioranza. Questo è l’obiettivo da porsi: far cadere il Governo. Per il dopo ci sarà tempo. Discutere oggi di alleanze e candidati premier equivale a vendere la pelle dell’orso senza prima averlo cacciato.
A livello locale, visto che le dinamiche e le scelti sono differenti, credo che sia più facile discutere e cercare sintesi sulle amministrazioni; unico problema è il coacervo di individualismi che sono predominanti all’interesse collettivo. Difatti nel nostro territorio abbiamo potuto assistere a come, per colpa dell’individualismo di qualcuno, si siano regalate amministrazioni, storicamente di sinistra, alla destra.
Oggi più che mai è determinante il sapere scegliere bene i gruppi dirigenti e gli amministratori. Non si può avere un numero così elevato di mediocri amministratori ma estremamente arrivisti. Così facendo si moltiplicheranno i problemi visti nell’ultima tornata elettorale. Questo è un problema complessivo, non solo del PD, e le figure di spessore politico, e ve ne sono, nei partiti del centrosinistra devono assumersi la responsabilità di arginare la “liquefazione” della politica.

Perché ti convince più Sinistra e Libertà rispetto al Partito della Rifondazione Comunista nel quale hai militato fino a due anni fa?
Invece ti dirò che non mi convince SeL, come non mi convince il PRC di oggi.
Oggi una forza politica ha inevitabilmente la necessità di essere credibile e scuotere gli entusiasmi della gente. Oggi c’è bisogno di cominciare a scrivere pagine nuove per la sinistra. Il continuare a guardarsi indietro per ammirare un passato luminoso somiglia all’esercizio patetico di chi continua ad ammirare vecchie fotografie dove di vedeva giovane e bello. Facendo così si rischia solo di essere i testimoni di qualcosa che fu e non i protagonisti di qualcosa che dovrà essere.
Non vedo in nessuna di queste forze, ad oggi, questi elementi. Vedo continuamente troppa attenzione a logiche interniste e troppa rigidità ad aprirsi ad un mondo che non aspetta altro che di trovare una casa accogliente per fare politica. Il Prc di prima basava il proprio equilibrio su autonomia ed unità, un binomio inscindibile. Autonomia perché forza altra dalle logiche dominanti nel panorama del centrosinistra ma unitaria perché lo richiede gran parte della popolazione ed è l’unica collocazione tattica utile alla crescita di un consenso.
Credo sia un’ovvietà che la gente di centrosinistra chieda di battere le destre. Questo elemento non può essere sufficiente per creare una coalizione di governo e farebbe riemergere tutte le differenze politiche che vi sono all’interno del centrosinistra; insomma non vedo all’orizzonte la possibilità per un nuovo accordo di governo con la presenza di ministri comunisti e della sinistra, troppe le divergenze; ma trovare un accordo su alcuni punti programmatici consentirebbe almeno un accordo elettorale per battere la destra e avviare condizioni migliori per gli strati popolari della società.

Come vedi le elezioni comunali di San Secondo. Questa volta il centrosinistra, dopo essersi sfiduciato l’anno scorso, rischia davvero di perdere?
Il quadro politico a San Secondo è assai complesso. Vi è stata una lacerazione forte in seno alla coalizione che sosteneva Bernardini ed oggi, a ferite ancora aperte, è impossibile pensare ad una ricomposizione di quella maggioranza, tanto più che le divergenze emerse somigliavano più a ripicche personali che a nodi politici da sciogliere.
Il problema, semmai, è che le beghe di quartiericcio rischiano di creare almeno due elementi pericolosi per il futuro del paese.
Primo: la vittoria del centrodestra.
Secondo: il PD, qualora decidesse di sperimentare colazioni bizzarre, divenga schiavo dell’UDC rischiando di rompere equilibri in seno ad organi già in difficoltà come la Conferenza sanitaria territoriale e il Distretto sociosanitario; e l’egemonia, culturale prima che politica, della destra in materia di stato sociale è un pericolo che dobbiamo contrastare tutti.

Cosa farà Roberto Bernardini, l’ex sindaco del PDCI mandato a casa dal PD?
Che cosa faccia Bernardini io non lo so e bisognerebbe chiederlo a lui.
Io credo che oggi San Secondo abbia bisogno di rilancio. Un periodo di commissariamento, inevitabilmente, ingessa l’attività comunale, “ferma” il paese. Il commissario, che non ha mandato popolare, si adopera affinché vi sia il minore danno possibile alla attività amministrativa del Comune, ma non può operare scelte, non ne ha il mandato.
Per rilanciare San Secondo, a mio avviso, bisognerebbe applicare un progetto politico di rottura rispetto alle prassi tradizionali dell’amministrazione.

Cioè, concretamente?
Mi spiego facendo alcuni esempi.
Primo: adozione di un codice etico di autoregolamentazione sulle candidature. Visto che uno degli elementi che maggiormente ha creato frizioni all’interno dell’amministrazione comunale è stato il tema urbanistico, propongo che chi vive di urbanistica non debba poter esercitare l’amministratore pubblico. Sarò chiaro: sarebbe bene che architetti, geometri e ingegneri civili non facessero parte delle giunta comunale o decidessero di sospendere l’attività fino al termine del mandato. Azzeriamo il pericolo di conflitti d’interesse e rendiamo trasparente la gestione del territorio. Questa sarebbe una buona prassi da praticare ovunque.
Secondo: partecipazione. Massimo coinvolgimento dei cittadini nei processi decisionali di rilevanza. Bilancio partecipato vero, ovvero tutta la spesa non vincolata allocata sulla base di processi partecipati in cui coinvolgere la collettività. Rendere i bisogni dei cittadini azione amministrativa, siano essi piccole esigenze, come lo sfalcio di un fosso o la sistemazione di un marciapiede, sia la decisione sulla costruzione di nuove infrastrutture. Ampliare i processi partecipati anche sul tema dell’urbanistica. Il territorio è un bene comune di tutta la cittadinanza. I processi decisionali sulle strategie di sviluppo di un territorio devono essere allargati il più possibile e rendere tutti protagonisti dello sviluppo del paese. Gli amministratori devono essere gli interpreti di questi bisogni e lavorare affinché questi si realizzino.
Terzo: valorizzazione delle specificità del territorio, come il Palio, attraverso anche la promozione turistica ed eventi fieristici.
Con un progetto di questa portata, io credo si aprirebbe una stagione nuova per San Secondo.

Quale sarà il tuo ruolo?
Resta quello di una persona attenta a ciò che succede a San Secondo e che intende dare un contributo al dibattito per il miglioramento del paese.

Che prospettiva vedi per la sinistra italiana, complessivamente intesa?
Credo che la sinistra abbia toccato il fondo, sia da un punto di vista di consenso che di proposta politica.
Oggi si può solo che ripartire e per farlo non si deve guardare indietro ma avanti. C’è bisogno di indagare a fondo la società e i mutamenti della stessa. C’è da legare politica ai bisogni e per farlo c’è da capire quali sono i bisogni.
Credo che i riferimenti ai grandi ideali novecenteschi non siano sufficienti per ottenere un consenso. Mi spiego: non ottiene consenso solo perché si è comunisti, non è sufficiente. La politica è mutata ed è mutato il linguaggio della politica.
Se la sinistra non si schioda dalla presunzione di essere per “evidenza storica” dalla parte della ragione, non si compierà un passo verso la trasformazione della società.
Oggi la sinistra è in difficoltà in tutta Europa. In America latina vi sono però esperienze importanti. Penso all’Argentina, alla Bolivia, al Venezuela, al Brasile di Lula.

Cosa accomuna queste esperienze latino-americane?
L’aver saputo interpretare i mutamenti sociali che attraversavano quei Paesi e cogliere le necessità di grossi strati di popolazione. Per fare questo si è passati attraverso sonore sconfitte e battaglie cominciate con le indipendenze di questi stati dal colonialismo.
Sapere interpretare i contesti ed il tempo in cui si opera è la chiave dall’uscita della crisi della sinistra. Oggi fare proposte, anche giuste nello spirito ma considerate anacronistiche dalla maggioranza della gente aumenta l’isolamento e la perdita di consenso; perdendo quindi la vitale lotta per la salvaguardia e la crescita della sinistra di alternativa.
A volte servirebbe davvero far due passi indietro per farne poi uno bello grande in avanti. 

                                                                                            Andrea Marsiletti