19/02/2009
Una notte, in un bar, un amico confessa al regista israeliano Ari Folman un suo incubo ricorrente: sogna di essere inseguito da 26 cani inferociti.
Ha la certezza del numero perchè, quando l’esercito israeliano occupava una parte del Libano, a lui, evidentemente ritroso nell’uccidere gli esseri umani, era stato assegnato il compito di uccidere i cani che di notte segnalavano abbaiando l’arrivo dei soldati.
I cani eliminati erano giustappunto 26. In quel momento Folman si accorge di avere rimosso praticamente tutto quanto accaduto durante quei mesi che condussero al massacro portato a termine dalle Falangi cristiano-maronite nei campi di Sabra e Chatila. Decide allora di intervistare dei compagni d’armi dell’epoca per cercare di ricostruire una memoria che ognuno di essi conserva solo in parte cercando di farla divenire patrimonio condiviso.
Folman, regista e sceneggiatore di qualità (è, tra l’altro, uno degli sceneggiatori di In Treatment, serie televisiva di grande successo in Israele adattata da Rodrigo Garcia per il canale dell’HBO) affronta con coraggio uno dei nervi scoperti della storia recente della democrazia israeliana.
Non è però interessato a distribuire patenti di colpevolezza senza prove (sono note le accuse all’allora Ministro della Difesa Ariel Sharon considerato responsabile del fatto di aver saputo e taciuto, se non addirittura favorito).
Folman scava più a fondo utilizzando un metodo che sta progressivamente trovando una sua consistenza nel mondo della comunicazione. Decide cioè che inanellare le interviste porterebbe a realizzare un documentario rivolto a un pubblico di nicchia.
Racconta allora utilizzando un’animazione scarna ma efficace che riesce a restituire il work in progress di un rimosso che da forme fantastiche o mitiche (esplicita la citazione di Apocalypse Now) passa a focalizzare una realtà orrenda che, proprio perchè tale, era stata espunta dal ricordo del singolo e della collettività. Non è un caso che il primo amico a cui Folman si rivolge dopo aver avuto l’idea sia un analista.
La scelta di questo tipo di terapeuta rivela una particolare attenzione dell’autore alla materia ma anche quella che egli sente come una necessità per tutto il suo popolo: una sorta di seduta collettiva che aiuti a fare chiarezza innanzitutto in se stessi.
Questo film costituisce una riprova (semmai ce ne fosse ancora bisogno) che la demonizzazione tout court di Israele è del tutto miope. Se davvero si vuole dare un contributo internazionale alla soluzione del conflitto israelo-palestinese è proprio sostenendo chi, come l’israeliano Folman, incentiva il recupero di una memoria scomoda che si potranno ottenere piccoli ma significativi risultati.
(Si ringrazia Mymovies.it per la collaborazione)
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