Rassegna di 4 film di Gene Tierney ad ottobre all’Astra

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Ritorna ad ottobre al Cinema Astra il consueto appuntamento con i classici d’autore proposti da Laboratorio 80 in versione digitale restaurata che, grazie al fondamentale contributo di Fondazione Monte Parma e al patrocinio dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Parma da anni permette al pubblico parmigiano la visione di grandi capolavori della storia del cinema. Per la nuova rassegna 2016 abbiamo scelto quattro film interpretati da una grande attrice: non una diva nel senso tradizionale del termine, ma una donna in cui la bellezza e una grande carica di seduzione si accompagnano una timida fragilità e una trattenuta inquietudine. Quattro film che portano la firma di registi importanti, che hanno riservato alla Tierney ruoli tra loro differenti e distanti, ma tutti di rara intensità e di innegabile fascino. Una gioia per gli occhi e un doveroso omaggio a un’attrice da riscoprire. Assolutamente.

GENE TIERNEY – LA DIVA FRAGILE – nei capolavori di quattro grandi registi Sotto i film che verranno presentati che hanno reso indimenticabile l’attrice americana degli anni ’40 e ‘50 Lunedì 3 ottobre Heaven Can Wait (1943) Il cielo può attendere, di Ernst Lubitsch Lunedì 10 ottobre The Ghost and Mrs. Muir (1947) Il fantasma e la signora Muir, di Joseph L. Mankiewicz Lunedì 17 ottobre Laura (1944) Vertigine, di Otto Preminger Lunedì 24 ottobre Leave Her to Heaven (1945) Femmina folle, di John M. Stahl CINEMA ASTRA – ore 21.00 Film in lingua originale con sottotitoli Biglietto intero 6 euro – Ridotto 4.50 euro – Abbonamento alla rassegna 10 euro www.cinema-astra.it tel 0521/960554

I FILM

HEAVEN CAN WAIT Il cielo può attendere di Ernst Lubitsch – USA 1943, 112’, col., v.o. sott. it. con Gene Tierney, Don Ameche, Charles Coburn, Marjorie Main Appena defunto, Van Cleve arriva nell’anticamera dell’inferno dove racconta al diavolo la propria vita: è sempre stato viziato dai genitori, è stato iniziato presto ai piaceri della carne da una giovane cameriera, gli sono piaciute tantissimo le donne ma è rimasto sempre fedele alla bellissima moglie. Capolavoro di eleganza e di squisita trasgressione. Una commedia che, riassumendo in flashback i sessant’anni di vita di un uomo, costituisce la ricapitolazione di moltissimi motivi e figure “esemplari” che hanno ossessionato Lubitsch fin dagli inizi della sua carriera.

THE GHOST AND MRS. MUIR Il fantasma e la signora Muir di Joseph L. Mankiewicz – USA 1947, 104’, BN, v.o. sott. it. con Gene Tierney, Rex Harrison, George Sanders, Edna Best, Vanessa Brown Lucy Muir, una giovane vedova, si trasferisce in una casa in riva al mare abitata dal fantasma di un capitano di marina. La donna viene presa dallo sgomento e pensa di fuggire, ma lo spettro è un gentiluomo e i due diventano in breve ottimi amici. Senza il capitano, Lucy ora non sa più fare nulla e lui la guida amorevolmente nelle sue scelte più difficili. Grandissimo, struggente melodramma dai toni surreali e con tocchi di commedia tipicamente anglosassoni. Il copione è inoltre egregiamente servito sia dalla regia che dagli interpreti, tutti di alta classe. LAURA Vertigine di Otto Preminger – USA 1944, 88’, BN, v.o. sott. it. con Gene Tierney, Vincent Price, Dana Andrews, Judith Anderson, Clifton Webb L’ispettore di polizia Mark McPherson deve investigare sull’omicidio di Laura Hunt, bellissima direttrice pubblicitaria trovata con il volto sfigurato nel proprio appartamento. Attraverso la testimonianza dei suoi amici e leggendo le sue lettere e il suo diario, McPherson inizia a conoscere Laura e lentamente si innamora della donna morta. Capolavoro assoluto del film noir, sotto la sua suprema eleganza fa scorrere il fuoco della passione più inconfessabile, che solo i fantasmi possono suscitare. Gene Tierney è splendida e si conquista di diritto un posto privilegiato nell’immaginario maschile contemporaneo.

LEAVE HER TO HEAVEN Femmina folle di John M. Stahl – USA 1945, 110’, col., v.o. sott. it. con Gene Tierney, Vincent Price, Cornel Wilde, Jeanne Crain Elena e Harlan, un amore a prima vista e rapide nozze. Ma, poi, la mente di lei è sconvolta da una gelosia devastante che la porta a sopprimere tutti coloro che patologicamente individua come “rivali” nel rapporto con il marito. Strepitoso melodramma a forti tinte, che il tempo non ha appannato né indebolito. Perverso, affascinante, eccessivo in tutto, persino nelle scenografie. Una Gene Tierney bella da mozzare il fiato e una splendida fotografia di Leon Shamroy, premiata con l’Oscar.

GENE TIERNEY – Breve biografia Inizia la sua carriera di attrice negli anni ‘30, scoperta dal regista George Abbott, dopo aver lavorato come fotomodella ed attrice di teatro. Distintasi come la sciatta ma aggressiva contadina di Caldwell in La Via del tabacco di John Ford (1941), interpretò film di Sternberg (I misteri di Shanghai, 1941), Ernst Lubitsch (Il cielo può attendere, 1943), John M. Stahl (Femmina folle, 1945) e di Otto Preminger, regista che la guidò nel suo personaggio forse più incisivo, quello di Laura in Vertigine (1944), grazie al quale conquistò un Oscar. Tra gli altri film interpretati vanno ricordati Il fantasma e la signora Muir di Joseph L. Mankiewicz (1947) e La mano sinistra di Dio di Edward Dmytryk (1955).

La sua carriera comincia a declinare negli anni Cinquanta, dopo il fallito matrimonio con Oleg Cassini e la nascita di una figlia affetta da ritardo mentale: si ammala di depressione e viene ricoverata in una clinica. Torna al cinema nel 1962 con Tempesta su Washington di Otto Preminger. Nel 1979 pubblica la sua autobiografia, Self portrait, mai pubblicata in Italia, in cui racconta anche il periodo buio della malattia. Viene ricordata per la sua bellezza esotica e per il suo talento, per gli occhi magnetici dal taglio orientale, per l’aura di sensualità e di mistero che l’hanno sempre contraddistinta. Gene Tierney, una diva fragile di Arturo Invernici «La sua bellezza ha il colore dell’incanto. Ella infrange ogni frontiera tra sogno e realtà. In lei si può riconoscere una classe superiore a ogni altra star femminile. I suoi occhi, di uno splendore incomparabile, appartengono al medesimo alto livello che siamo soliti attribuire ai maestri dei secoli passati. La sua grazia è fatta di una distinzione e di una eleganza mai ostentate, sempre accompagnate da un’umiltà sottilmente controllata».

Così si legge, nell’introduzione a una monografia francese dedicata all’attrice americana Gene Tierney (Marceau Devillers, Gene Tierney, Éditions Pygmalion/Gérard Watelet, Parigi 1987). Una bellezza, aggiungiamo noi, fragile, delicata, trasparente come un cristallo di Boemia, fine come una porcellana di Dresda. Fragile quale fu, purtroppo, la sua vita personale (amori contrastati, come quello per il principe Ali Khan; un matrimonio fallito con lo stilista Oleg Cassini; la nascita di una figlia con seri problemi di salute; un fortissimo esaurimento nervoso che la colpì a metà degli anni Cinquanta; ma poi, il suo ultimo, felice matrimonio con il petroliere W. Howard Lee, che le portò finalmente la serenità tanto a lungo cercata). Una fragilità che tuttavia non le impedì di diventare una delle maggiori icone del cinema americano classico, e di costruire una filmografia relativamente breve, ma significativa i cui titoli più rappresentativi sono i quattro proposti da Lab 80 Film. Il primo è Il cielo può attendere (Heaven Can Wait, 1943) del Maestro della commedia Ernst Lubitsch. In questa riscrittura del mito di Don Giovanni, Gene è la donna della vita del libertino protagonista, più volte tradita, ma sempre profondamente amata, e alla quale il nostro moderno burlador sempre e inevitabilmente ritorna. Una figura femminile amata con un trasporto quasi “stilnovista”, come “stilnovista” è l’interesse nutrito da almeno uno dei tre personaggi maschili per la Laura dell’eponimo film di Otto Preminger Vertigine (Laura, 1944).

Creduta morta, presente per la prima metà del film solo come suggestivo ritratto, prima di tornare finalmente nel regno dei vivi, la sua identità viene ricostruita per frammenti, attraverso flashback e suggestioni che sono di volta in volta platonico trasporto per una donna idealizzata (l’anziano esteta Clifton Webb), prosaica infatuazione (il bellimbusto, giovane Vincent Price), attrazione quasi necrofila (il detective Dana Andrews). La fragilità di Gene Tierney si rivela qui oltremodo efficace nella descrizione di una figura femminile divisa fra lo status di fantasma e quello di donna concreta e in carne e ossa. Personaggio diametralmente opposto, quello interpretato dall’attrice in Femmina folle (Leave Her to Heaven, 1945) di John M. Stahl. Una machiavellica dark lady, una matta col botto afflitta da patologica gelosia in un thriller il cui violento Technicolor restituisce per contrasto tutta la glaciale freddezza che il volto di Gene Tierney sa esprimere a ogni suo atto di violenza. Il fantasma e la signora Muir (The Ghost and Mrs. Muir, 1947) di Joseph L. Mankiewicz, infine, aggiunge un altro ritratto alla galleria di figure femminili di Gene Tierney. L’eterea ambientazione marittima, il brumoso bianco e nero, la musica di Bernard Herrmann, i battibecchi tra una vedova con bambina e il burbero fantasma di un vecchio lupo di mare sono gli ingredienti di un film che è un po’ storia di fantasmi, e un po’ amour fou di gusto surrealista, con qualche tocco, persino, di screwball comedy. Gene Tierney, che duetta assai gustosamente con un portentoso Rex Harrison, è una donna sola che sa dimostrarsi forte, concreta, al punto da tener testa e al contempo accettare il fascino di qualcuno che viene letteralmente da un altro mondo. Una diva fragile, dicevamo, che tuttavia ha saputo trovare una sua forza, sia nella vita che sullo schermo. Come scrive lei stessa, a conclusione della sua autobiografia (Gene Tierney, Self-Portrait, Wyden Books, New York 1979), «Ho attraversato un mondo che è esistito (la Hollywood degli anni della guerra e del dopoguerra), e ho vissuto in un mondo del quale non conoscevo l’esistenza (la prigione dello spirito). Se si potesse riassumere in una frase ciò che queste esperienze mi hanno insegnato, sarebbe “La vita non è un film”. Ma questa affermazione non vuole essere né triste né nostalgica. Mi posso solo porre una domanda: se al contrario la mia vita fosse stata davvero un film, si sarebbe trovato un regista che ne affidasse il ruolo principale a Gene Tierney?”.