Benedetto XVI, ultimo papa eurocentrico (di Stefano Gelati)

foto WDKrause

TeoDaily – In questi giorni si sono scritti fiumi d’inchiostro in memoria di papa Ratzinger, a volte per tentare un’analisi del suo pontificato, altre per frasi di circostanza, anche con una buona dose d’ipocrisia da parte di chi lo ha criticato quando era in vita. Si sono riaccese le fazioni, le tifoserie; un giornale ha titolato: “Era il nostro papa”; usandolo in chiara contrapposizione a Francesco, pontefice regnante.
Il luogo comune è molto chiaro: Benedetto è stato un papa conservatore con un finale rivoluzionario, le dimissioni.

Quando nell’aprile del 2005 il cardinale Ratzinger venne eletto papa assunse il nome di Benedetto con riferimento a San Benedetto da Norcia patrono d’Europa. Il raffinato teologo vedeva ancora nell’Europa il centro del Cattolicesimo; con Francesco si passa l’oceano, non solo per la provenieza, ma anche per l’impostazione pastorale del primo papa gesuita, egli definirà l’Europa come “una nonna sterile”.
Nelle nomine dei cardinali Benedetto XVI ha tenuto conto delle tradizioni in Italia ed in Europa, papa Francesco ha fatto delle nomine senza considerare delle sedi cardinalizie secolari, scegliendo prelati senza vincolarsi troppo alle cattedre vescovili ricoperte, ampliando, ancor di più, l’universalità della Chiea Cattolica fuori dal continente europeo.

Nelle meditazioni della Via Crucis al Colosseo del 2005, svoltasi con papa Giovanni Paolo II, quasi morente, il celebrante cardinale Ratzinger, trattò il tema della “sporcizia nella Chiesa”; diventato papa affronterà, come nessu altro prima, il caso dei preti pedofili e delle coperture date dalla gerarchia nelle varie diocesi. Ma non è bastato, anche in questi giorni di lutto, dalla Germania si continua a parlare di presunte omissioni sui reati di pedofilia di alcuni sacerdoti, da parte dell’arcivescovo di Monaco di Baviera, Ratzinger, dal 1977 al 1981.


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Teologia, religione, spiritualità


Le dimissioni da papa nel febbraio del 2013, furuno un evento straordinario; non soltanto pechè non aveva precedenti negli ultimi sei srcoli, ma anche per gli aspetti di magistero della Chiesa e giuridici.
Se la rinuncia al servizio pietrino, alla funzione di vertice della Chiesa Romana, diventasse un fatto ordinario, destinato a ripetersi nel tempo, la “sacralità” del Papa come Vicario di Cristo, verrebbe sminuita, si ridurrebbe solo a capo tenmporaneo di un’organizzazione.

La coesistenza di un papa regnante e di uno emerito, in questi anni, dato il brevissimo preavviso e l’eccezionalità, è stata risolta in modo convenzionale, senza una precisa cornice giuridica, che sarebbe necessaria se le dimissioni dovessero diventare un motivo ordinario di fine pontificato.
Le esigenze di visibilità, di attività pubblica planetaria del papa romano, anche con l’evoluzione dei mezzi di comunicazione, hanno reso sempre più gravoso, con l’avanzare dell’ età l’esercizio di tale servizio.

Con riferimento agli utimi centocinquanta anni, Leone XIII, al secolo Gioacchino Pecci, morì nel 1903, all’età di novantatre anni, dopo venticinque anni di pontificato, ma l’attività pubblica del papa, allora, non era paragonabile alle attuali esigenze.

Stefano Gelati

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