Elezioni del Presidente delle Repubblica: un po’ di storia (di Stefano Gelati)

Ci siamo.

Sta per iniziare la seduta dell’Assemblea composta da senatori, deputati e delegati regionali, per l’elezione del prossimo Presidente della Repubblica.

Quello dell’elezione del Capo dello Stato è sempre stato una appuntamento che ha caratterizzato il quadro politico nel suo complesso, gli esempi possono essere tanti, guardando al passato.

Nel 1962 l’elezione di Antonio Segni, democristiano moderato, fu voluta dal segretario politico della D.C. Aldo Moro per garantire la parte centrista del suo partito, diffidente verso l’apertura ai socialisti ed al loro recupero nell’area di governo.

La faticosa elezione di Giuseppe Saragat, socialdemocratico, nel dicembre del 1964, dopo ventuno votazioni, a seguito dell’impossibilità del partito di maggioranza relativa, la Democrazia Cristiana, di convergere in modo unitario su di un suo candidato, consolidò la maggioranza di centro sinistra , aperta ai Socialisti.

Un altro periodo natalizio “complicato” la Repubblica lo ha vissuto sette anni dopo, nel 1971, con l’elezione dopo 23 votazioni, con soli quattordici voti oltre al quorem previsto, 518, del democristiano Giovanni Leone, in contrapposizione a Pietro Nenni, capo storico del Partito Socialista Italiano, (P.S.I.), allora al governo con la D.C. La conseguenza dell’elezione di Leone fu la rottura del centrosinistra che portò al primo scioglimento anticipato delle Camere, con le elezioni nella primavera del 1972.

Anche il Presidente più votato e più amato, Sandro Pertini, nel 1978, non ebbe un’elezione facile, si arrivò alla sedicesima votazione. Il segretario del PSI, Bettino Craxi, avrebbe preferito un altro esponente del suo partito, Antonio Giolitti. Alla fine il prestigio e l’autonomia di Pertni, anche dal suo Partito Socialista, lo videro votato da 832 elettori della grande maggioranza di solidarietà nazionale, che comprendeva anche i Comunisti.

Nel 1985, il democristiano Francesco Cossiga, fu eletto alla prima votazione grazie ad un accordo tra la maggioranza di governo con il maggior partito di opposizione il P.C.I.. Cossiga, terminò il suo mandato in polemica con i due pilastri dellla sua elezione: il suo partito, la Democrazia Cristiana e la dirigenza comunista.

L’elezione a Capo dello Stato del democristiano Oscar Luigi Scalfaro, nel maggio del 1992, avvenne al sedicesimo scrutinio, tre giorni dopo la strage di Capaci dove furono uccisi in un attentato di matrice mafiosa il giudice Giovanni Falcone, la moglie e gli agenti della scorta. In quel momento drammatico, dopo numerose votazioni andate a vuoto, la scelta cadde su Scalfaro, Presidente della Camera, che nei primi anni del suo mandato visse la stagione di “Mani pulite” e la fine del sistema dei partiti della “Prima Repubblica”.

Le prime elezioni presidenziali della “Seconda Repubblica” furono contrassegnate da un largo accordo che portò all’elezione alla prima votazione, di Carlo Azeglio Ciampi, Ministro delle Finanze del Governo D’Alema, ex Governatore della Banca d’Italia ed ex Presidente del Consiglio, il centrodestra, all’opposizione, contribuì ad eleggere Ciampi

La prima elezione di Giorgio Napolitano, nel 2006; primo postcomunista ad accedere alla prima carica dello Stato, fu aderente alla strettissima maggioranza ottenuta dal centrosinistra alle elezioni politiche di due mesi prima, che consentì a Napolitano di essere eletto alla quarta votazione con soli 543 voti, per essere poi rieletto dopo sette anni a larga maggioranza.

L’elezione di Sergio Mattarella, nel 2015, ebbe come regista Matteo Renzi, Presidente del Consiglio e segretario del PD e portò alla rottura del cosIddetto “Patto del Nazzareno” con Silvio Berlusconi, pregiudicando l’esito delle riforme costituzionali.

Stefano Gelati

 

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