TeoDaily – Il comunismo è tipicamente associato a parole quali “materialismo” e “ateismo”.
E’ così, ci sta, però…
Però, soprattutto fino all’avvento dello stalinismo, il socialismo reale sovietico si alimentò di forme di religiosità e spiritualismo non tradizionali derivate dal “cosmismo”, un pensiero minoritario (non residuale) nato nella gnosi ortodossa, teorizzato dal filosofo della religione russo Nikolaj Fëdorovič Fëdorov ne “La filosofia dell’opera comune”. Tanti dirigenti sovietici divennero cosmisti, a partire da Bogdanov, definito da Lenin, che pure lo avversò, come “il cervello numero uno” del partito, e Lunačarskij, ministro della Pubblica Istruzione dopo la Rivoluzione d’Ottobre. Lo stesso Fëdorov divenne un dirigente bolscevico.
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Il cosmismo riponeva una fiducia assoluta e illimitata nelle capacità creative dell’uomo e nella scienza al punto da farne un credo, una fede, una religione. E alla scienza affidò la missione suprema di sconfiggere quello che il cosmismo individuava come il male assoluto: la morte. Per Fëdorov non era possibile trovare soluzioni alle contraddizioni sociali ed economiche se prima non fosse stata vinta la “malattia della morte”. Sconfitta questa, tutto il resto sarebbe andato a posto.
Per i cosmisti la morte è quindi una condizione, innaturale, perchè l’uomo grazie al progresso scientifico può ambire ed è destinato all’immortalità. Non solo, “l’uomo non dovrebbe essere solo immortale, bensì impegnato nel compito di portare l’immortalità a tutti gli altri uomini, anche a quelli già morti“. E’ la rivelazione di una vera a propria escatologia marxista della resurrezione dei corpi che non avviene più per intervento divino alla fine dei tempi, ma nel presente grazie all’uomo nuovo figlio del progresso tecnologico socialista. La maturità e la moralità esigono, per Fëdorov, che i figli e le figlie restituiscano ai genitori la vita che da essi hanno ricevuto, sintetizzando i corpi e infine ricreando persone intere da minime tracce di pulviscolo ancestrale. Gi archeologi avranno il compito di riesumare i resti dalla terra, mentre altri scienziati di ricostruire l’individualità dell’anima (obiettivo, quest’ultimo, che suscitò contrasti nel partito).
La resurrezione dei morti, di tutti gli antenati, fino alla prima coppia generatrice, sarebbe la conseguenza di un processo lungo e graduale di accumulazione di conoscenza, e la realizzazione finale di un progetto universale di resurrezione dell’intera razza umana, iniziando da una breve resurrezione temporanea di una persona appena morta fino a quella seriale di tutti gli antenati.
Attraverso le astronavi i risorti avrebbero colonizzato i pianeti (da qui la parola “cosmismo”) risolvendo così il problema della sovraffollamento della Terra, e al tempo stesso creato un universo finalmente egualitario, felice ed eterno. Una sorta di evangelizzazione marxista del cosmo. Non a caso Bogdanov scrisse un romanzo di fantascienza intitolato “La stella rossa” in cui racconta come i marziani (di Marte) diventano comunisti e ottengono il dono dell’immortalità.
L’esplorazione spaziale risponde pertanto alla necessità di recuperare spazio per assicurare la vita a tutta l’umanità che ha sconfitto della morte, non è mera curiosità, tantomeno, come invece fu nei decenni successivi, competizione ideologica con l’Occidente.
Per Fëdorov il più grande comandamento cristiano era quello di diventare perfetti come il Padre che è nei cieli, che chiama i figli al compito della ricreazione e della resurrezione così che l’umanità possa infine diventare essa stessa una forza celeste capace di regolare i mondi dell’universo. Il suo versetto evangelico preferito era quello di Giovanni “In verità, in verità vi dico: colui che crede in me, compirà anche le opere che io compio, e ne farà di più grandi“.
Si narra che Gagarin, il primo uomo a navigare nello spazio, appena in orbita avrebbe pronunciato queste parole: “Sono in cielo, ma non vedo nessun Dio. Ringrazio Fëdorov e il cosmismo se oggi sono qui“.
La fede di poter risuscitare i morti spiega perchè i maggiori statisti sovietici venivano imbalsamati, a partire da Lenin il cui corpo è ancora custodito nel mausoleo di fianco al Cremlino.
Mentre al popolo veniva professato l’ateismo di Stato, l’elite esoterica bolscevica venerava Lenin come un Dio morto in attesa della resurrezione dal sepolcro.
Credevano sarebbe tornato a camminare sulle acque della Piazza Rossa.
Aspettavano la parusia, il ritorno del Messiah nel Regno eterno socialista.
Andrea Marsiletti