
Qualche giorno fa un amico mi ha inviato la foto della prima edizione della “Top50, la classifica delle 50 persone più influenti di Parma” che ParmaDaily pubblicò nel 2008.
Da allora l’aggiornamento di quella classifica è diventato un appuntamento semestrale, oltre che l’articolo di punta di ParmaDaily con una media di 35.000 letture con l’apice di 66.000 nel 2020 quanto durante l’emergenza covid stavamo tutti in casa davanti allo smartphone.
Orbene, alla vista di quei fogli, al di là della constatazione del tempo che passa, mi vengono spontanee alcune riflessioni su come sono cambiati in questi 15 anni gli assetti della città, i suoi equilibri, i suoi protagonisti. (confronta con Top50 dicembre 2023)
Nel 2008 eravamo in piena epopea vignaliana; il sindaco civico era stato eletto da un anno, dopo essere stato assessore all’ambiente e alla mobilità sulla scia dell’elezione in consiglio comunale con 4.900 preferenze personali nella lista di Civiltà Parmigiana risultando il consigliere più votato d’Italia.
Confrontando le due classifiche si nota che un’intera classe politica di centrodestra e di centrosinistra non c’è più: in ordine decrescente, Vincenzo Bernazzoli, Elvio Ubaldi, Luigi Villani, Pietro Lunardi, Paolo Buzzi, Alfredo Peri, Giampaolo Lavagetto.
La destra era irrilevante, fuori dai giochi, emarginata, vorrei dire umiliata. Oggi, se si andasse a votare, è probabile che Fratelli d’Italia di Priamo Bocchi sarebbe il primo partito in città.
Dei politici che contavano nel 2008 sono rimasti nella classifica di oggi solo Pietro Vignali (resuscitato nel 2022) e Giorgio Pagliari.
Nel 2008, al di là degli imprenditori di punta dell’Unione Parmense degli Industriali, la facevano da padroni i rappresentanti di banche, fondazioni, associazioni di categoria. I blocchi di potere erano più compatti, schierati, convinti di poter determinare le dinamiche cittadine.
Gli equilibri erano consolidati e quindi la classifica meno scalabile. Non credo che nel 2008 avrebbero mai fatto passare un quarantenne professore di storia del cinema, Michele Guerra, venuto fuori un pò dal nulla, affine a tanti ma organico a nessuno, che i centri di potere oggi devono farsi piacere, quando lui non li fa incazzare.
Ecco, ha fatto una rivoluzione a metà, non ha avuto il coraggio, la capacità, o più semplicemente la volontà di andare fino in fondo, ma bisogna riconosce a Federico Pizzarotti di aver dato uno scossone al “Sistema” cittadino. Un momento di rottura impersonificato da quell’albero di Natale a pedali che ho avuto più volte modo di identificare come il punto più alto del pizzarottismo.
Venendo ai numeri, è sopravvissuto solo il 16% dei membri della classifica: oltre a Vignali e Pagliari, ci sono ancora Guido Barilla, Paolo Pizzarotti, Giampiero Maioli, il Vescovo Enrico Solmi, Cesare Azzali, Pietro Ferraguti, Andrea Marsiletti.
L’84% è stato spazzato via.
Il potere è labile, volatile, effimero. Non è una novità, non lo scopriamo noi a Parma. Il “memento mori”, locuzione latina che significa “ricordati che devi morire”, dai tempi dell’Antica Roma ha richiamato i condottieri che varcavano vittoriosi le mura della città alla consapevolezza dei pericoli derivanti dall’esaltazione e dall’orgoglio e messo in guardia dai deliri di onnipotenza.
Tutto passa, nulla è immutabile.
Quasi nulla, a dire il vero. E’ singolare, infatti, a distanza di 15 anni, notare due persone nella stessa medesima posizione: Cesare Azzali, direttore dell’Unione Parmanse degli Industriali, sempre altissimo, in 8° posizione, e Andrea Marsiletti, direttore di ParmaDaily, sempre in fondo, 50°, incapace in tutto questo tempo non dico di spiccare il volo, ma di dare un colpo d’ala.
La decisione di quest’ultimo di prendere atto della situazione, di appendere le scarpe al chiodo e di darsi alla teologia (leggi TeoDaily) non appare pertanto una scelta così peregrina. Forse era l’unica sensata.
Andrea Marsiletti