
06/06/2013
ParmaDaily pubblica alcune traduzioni del parmigiano Christian Stocchi tratte dal suo recente libro “Dizionario della favola antica” (BUR).
La grande e complessa tradizione della favola greca e latina, le cui antichissime origini si perdono nei primordi della civiltà, si estende su più secoli, con una sorprendente coerenza di temi e figure: per la prima volta in Italia questo dizionario la cataloga, da Esopo a Fedro fino alle raccolte tardoantiche e medievali, senza trascurare influssi ed echi biblici, mesopotamici, indiani. Volpi astute, scimmie sciocche, lupi spietati, piante vanitose, pastori beffati: il variegato universo della favola è popolato di personaggi umili, e i suoi protagonisti, animali, piante o esseri umani che siano, mettono in scena i motivi del conflitto e dei rapporti di forza, della rinuncia e dell’immutabilità del destino individuale, in un’esortazione continua al pragmatismo e alla scoperta della verità nascosta sotto le apparenze. A ciascuno di essi è dedicata una voce di presentazione e una ricca scelta di favole – oltre cinquecento – e di proverbi; se gli indici e gli ampi apparati sono preziosi per una consultazione puntuale, il repertorio favolistico e proverbiale offre il piacere della lettura – e della rilettura.
A proposito di lupi mannari… IL LADRO E L’ALBERGATORE (Esopo)
Un ladro sostò in una locanda e là soggiornò per alcuni giorni nella speranza di rubare qualcosa. Poiché non riuscì nel suo intento, un giorno vide l’albergatore vestito con un chitone nuovo e bello – era infatti festa – seduto davanti alla sua porta, mentre nessun altro si trovava là. Allora il ladro lo raggiunse, si sedette accanto e cominciò a conversare con lui; durante il colloquio che si protraeva a lungamente, il ladro prese a sbadigliare, ululando, allo stesso tempo, come un lupo. Allora l’albergatore gli chiese perché facesse così e il ladro rispose: “Te lo dirò, ma ti prego di custodire il mio mantello, perché io lo lascerò qui. Io, signore, non so da dove mi viene questo sbadigliare, non conosco per quale colpa o altra causa accada; ma quando sbadiglio per la terza volta, divento un lupo e mangio gli uomini”. E, dopo avere detto queste parole, sbadigliò per la seconda volta, ululando nuovamente come prima. All’udire questo discorso, l’albergatore, credendo al ladro, fu preso dalla paura e si alzò, con l’intenzione di fuggire. Il ladro lo afferrò per il chitone e lo pregò, dicendo: “Attendi, signore, e prendi il mio mantello, perché io non lo faccia a pezzi. E, mentre lo pregava, aprì la bocca e cominciò a sbadigliare per la terza volta. L’albergatore, preso dal timore che lo mangiasse, lasciò il suo chitone e rientrò di corsa nella locanda, chiudendosi all’interno. Il ladro, allora, prese il chitone e se ne andò. A coloro che credono a quanto non è vero così succede.
Le altre favole pubblicate de “Dizionario della favola antica”
Il cervo alla fonte e il leone
L’amante e la donna
L’uomo che defecò il senno
La volpe e il riccio
Il pastore e le pecore