La fine dell’anno e l’inizio di quello nuovo sono sempre periodi di riflessione su se stessi e su chi ci circonda riempendo la nostra vita.
Al di fuori delle relazioni famigliari, pochi rapporti mi appagano come quello con una giovane monaca di clausura che ho conosciuto qualche anno fa in un monastero.
Lei e le sue sorelle mi hanno accolto per qualche giorno inconsapevoli, non sapendo chi si stavano mettendo in casa, nonostante io avessi subito premesso e ammesso i miei limiti, a partire da quelli spirituali.
Non ho millantato devozione e santità. Per nulla.
Loro non mi hanno scartato.
E così ogni tanto lei mi scrive su whatsapp e mi informa sull’attività in monastero, io faccio altrettanto con un’attenzione nella scelta delle parole che riservo solo a lei, a nessun altro, non tanto per apparire ai suoi occhi quello che non sono, ma perchè consapevole che quel mio messaggio interrompe ciò a cui lei ha dedicato tutta la sua vita: la contemplazione di Dio.
Quegli istanti sottratti alla preghiera hanno quindi per lei e per il mondo un valore inestimabile.
E per me. Il tempo che mi dedica mi fa sentire una persona meritevole, migliore.
Le sue parole sante mi trasmettano pace, misericordia, perdono.
Come regalo per queste festività le ho inviato una playlist che ho composto su Spotify delle mie canzoni d’amore rock preferite. L’ho chiamata “Disappear” (ascolta qui la playlist), come la canzone dei Mazzy Star, come la sua scelta claustrale di sparire dal mondo.
Ho scelto anche autori maledetti… ho fin inserito “Grace“, una canzone d’amore dedicata a un militante dell’IRA fucilato. L’IRA è entrata in un monastero di clausura.
Al pari di Nick Cave, adoro le canzoni d’amore, tristi.
Sono quelle si attaccano e si muovono con noi attraverso il tempo. Vivono alla stessa maniera dei ricordi, ma crescono e cambiano, insieme a noi.
Sono il lamento d’amore, l’anelito malinconico, la ricerca di conforto, il bisogno di essere amati, la brama di volare oltre la realtà, ispirarsi, immaginare, credere.
La canzone d’amore è una supplica che riempie un vuoto.
E’ una preghiera da recitare con le cuffie prima di addormentarsi.
La canzone d’amore chiama Dio.
E deve essere canzone triste, l’eco di pena, la luce nelle profonde e oscure regioni del cuore, che si fa largo tra le nostre ferite.
La canzone d’amore abbatte la distanza tra il temporale e il divino.
Chissà se le piacerà davvero la mia playlist.
Chissà se avrò violato o l’avrò indotta a violare qualche regola del suo ordine monastico.
O se invece avrà girato la playlist a qualche sorella e le mie canzoni d’amore si stanno mischiando con le loro preghiere perenni che escono dalla grata per salire in cielo.
Andrea Marsiletti