
Il codice civile del Regno d’Italia del 1865, entrato in vigore nel 1866, il primo codice dello Stato unitario, conteneva il concetto del marito capo della famiglia e la moglie lo doveva seguire.
Nella disciplina di quel codice civile era prevista la potestà maritale sulla moglie, cioè la stessa non poteva compiere atti di rilievo patrimoniale, come la vendita o l’acquisto di immobili, l’iscrizione di ipoteche, l’accensione di mutui, senza l’autorizzazione del marito. La moglie, in ambito matrimoniale. non aveva capacità giuridica piena.
Questa disciplina della famiglia, per il tempo non era da considerarsi arretrata, perchè anche gli ordinamenti come quelli napoleonici, che prevedevano il divorzio, quindi considerati più liberali, la prevedevano.
Nel 1919 la legge Sacchi abrogò l’autorizzazione maritale; questa legge a favore delle donne venne emanata dopo la prima guerra mondiale ed i mutamenti sociali del primo dopoguerra.
In base a questa norma la donna venne anche abilitata all’esercizio di tutte le professioni ed a ricoprire tutti gl’impieghi pubblici, tranne quelli di amministrazione della giustizia (giurisdizionali), i diritti politici e quelli che attengono alla difesa militare.
Nello stesso anno 1919, la Camera dei Deputati approvò il diritto di voto alle donne, ma la legislatura si concluse prima dell’approvazione del Senato del Regno, così le elezioni del 16 novembre 1919 si svolsero con il suffragio universale solo maschile.
Da notare che in quegli anni in molti Stati si arrivò al diritto di voto alle donne come in Germania, Regno Unito e Usa. In Italia, il diritto di votare e di essere votate per le donne, arriverà nel 1945 – 1946 con le elezioni dei consigli comunali, il referendum istituzionale per la scelta tra monarchia e repubblica e le elezioni dell’Assemblea costituente.
Il codice civile del 1942 ripropose il ruolo del marito capo della famiglia.
La Costituzione della Repubblica, entrata in vigore nel 1948, afferma l’uguaglianza morale e giuridica tra i coniugi.
Solo con la Riforma del Diritto di Famiglia del 1975 il principio costituzionale trova applicazione, dando anche ad entrambi i coniugi la potestà genitoriale sui figli.
Essa poneva la disciplina giuridica italiana della famiglia, per quei tempi, tra le più avanzate al mondo.
Solo nel 1963, con la Costituzione vigente già da 15 anni, le donne ebbero accesso alla Magistratura, da allora, possono partecipare ai concorsi per diventare magistrato. In questi giorni, dopo sessanta anni, per la prima volta, una donna è stata nominata al vertice dell’ordine giudiziario: Primo Presidente della Suprema Corte di Cassazione.
Nel 1970 venne approvata la legge che introduceva in Italia, lo scioglimento degli effetti civili del matrimonio, il divorzio. Prima esisteva solo la separazione ma il vincolo coniugale non si estingueva, quindi gli ex coniugi possono contrarre un nuovo matrimonio.
Nell’art. 37 della Costituzione si tratta della donna lavoratrice che, a parità di lavoro, ha diritto alla stessa retribuzione dell’uomo. Da notare che la legge del 1934 che prevedeva, per tutelare il lavoro femminile, soprattutto in agricoltura, una retribuzione pari almeno al 50% di quella dell’uomo fu abolita nel 1964.
Le clausole di nubilato che, se apposte, subordinavano l’assunzione in un posto di lavoro per la donna a condizione di non sposarsi, vennero abrogate solo da una legge del 1963.
Nel 1977 venne approvata la legge Anselmi, che prende nome dalla prima donna ministro, Tina Anselmi, miinistro del lavoro nel terzo Governo Andreotti, proponente della legge. Essa prevede il divieto di ogni discriminazione di genere per l’accesso a qualsiasi tipologia di lavoro, attuando con chiarezza e precisione le disposizioni della Costituzione in materia, trenta anni dopo la sua entrata in vigore.
Il Codice penale del 1930, ancora vigente come struttura, puniva solo l’infedeltà coniugale della donna, l’adulterio. Tale reato è stato abolito con una sentenza della Corte Costituzionale del 1968. Il delitto d’onore cioé l’ uccisione, “per difender l’onor suo e della famiglia” della coniuge adultera, o del suo amante, o entrambi, era punito con la reclusione massima di anni sette, venne abrogato nel 1981.
Queste, per sommi capi, sono le tappe dell’emancipazione della donna nel diritto italiano, ma i dati economico sociali vedono l’Italia ancora indietro sulla percentuale di donne occupate e poche hanno incarichi di vertice nel settore privato.
Per quanto riguarda le cariche pubbliche, le cinque più alte della Repubblica; una donna é arrivata alla Presidenza del Consiglio dei Ministri; nel recente passato abbiamo avuto una donna Presidente del Senato, Presidente della Camera e Presidente della Corte costituzionale….manca solo la Presidenza della Repubblica.
Stefano Gelati