Luigi Lo Cascio e Marco Baliani in prima assoluta al XX Festival Verdi

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Al XX Festival Verdi “Scintille d’Opera” debuttano in prima assoluta due commissioni del Teatro Regio di Parma realizzate da Società dei Concerti di Parma, per AroundVerdi la sezione del Festival in cui l’opera e le parole del Maestro incontrano altri linguaggi.

“Ora che siamo perfettamente d’accordo sul genere fantastico dell’opera che devo scrivere per Firenze, bisognerà che tu procuri di sapermi dire più presto che potrai i soggetti: perché ho in vista due argomenti, entrambi fantastici e bellissimi…”. Così scriveva Giuseppe Verdi all’impresario Alessandro Lanari nel maggio del 1846 in procinto di battezzare il soggetto di Macbeth, che diverrà opera tanto “fuori dal comune” da riuscire a spiazzare il pubblico in occasione della sua prima esecuzione a Firenze nel 1847, segnando la prima delle tappe più moderne del teatro musicale verdiano. Un’opera che, a distanza di vent’anni, il mondo del teatro pagino reclamerà a gran voce, nella versione in francese, e che dopo il debutto al Théâtre Lyrique nel 1865 non fu mai più rappresentata o eseguita in francese, fino a quest’anno, in occasione della sua prima ripresa assoluta, l’11 e 13 settembre 2020, al XX Festival Verdi “Scintille d’Opera”.

La nascita di Macbeth attraverso le parole del Maestro, raccolte nelle sue lettere selezionate dallo storico della musica Giuseppe Martini, costituisce la trama di Letteralmente Verdi, in programma mercoledì 7 ottobre 2020 alle ore 20.30 al Teatro Regio di Parma. In scena Luigi Lo Cascio vestirà i panni di Giuseppe Verdi e dei suoi interlocutori epistolari, dando voce all’epistolario verdiano con l’accompagnamento d’archi del Quartetto Leonardo.

In Letteralmente Verdi Lo Cascio rivela anche la sua grande fascinazione per l’opera e per la figura di Giuseppe Verdi, immedesimandosi nei panni del compositore che lotta per affrontare e convincere delle sue idee librettisti, impresari, scenografi, cantanti, come testimoniano le sue lettere: che sono, come sempre quelle di Giuseppe Verdi, tutte un programma.

Gli scambi di opinione con i suoi impresari e con l’editore Tito Ricordi, i bruschi cambiamenti di rotta e le poco diplomatiche correzioni impartite al librettista Francesco Maria Piave, le raccomandazioni agli interpreti dell’opera – come la celeberrima lettera al soprano Marianna Barbieri Nini per chiederle una voce sporca adatta alla figura di Lady Macbeth – che si susseguirono intense e preoccupate fino al debutto. I retroscena della creazione di Macbeth, dalla prima esecuzione assoluta al Teatro della Pergola nel 1847, alla stesura della sua seconda versione che debuttò nel 1865 a Parigi e, in italiano, al Teatro alla Scala nel 1874. Le ragioni estetiche e le necessità pragmatiche che hanno portato alla nascita di nuove pagine confluite nella seconda versione dell’opera, divenute poi immortali, come l’aria di Lady Macbeth “La luce langue”, il duetto tra Macbeth e la Lady “Ora di morte”, il coro “Patria oppressa” e, vero coup de théâtre, la sostituzione della morte in scena di Macbeth con una scena a effetto sulle note del coro “Inno di vittoria”.

Venerdì 9 ottobre 2020 al Teatro Regio alle ore 20.30, debutterà quindi la seconda commissione del Teatro Regio realizzata da Società dei Concerti di Parma, Rigoletto. la notte della maledizione scritta e interpretata da Marco Baliani con I Filarmonici di Busseto.

In Rigoletto, la notte della maledizione Marco Baliani dà voce ai tormenti notturni di Rigoletto, rievocando i suoi sentimenti, immortalati dalla musica di Verdi, nei panni di un clown che si esibisce in un piccolo teatro di periferia: la nostalgia per la donna amata, la gelosa premura nei confronti della figlia, la sete di vendetta contro chi minaccia la sua purezza. Davanti allo specchio, mentre trasforma col trucco il suo viso, si prepara per una serata speciale, quella in cui si consumerà la sua vendetta, sotto gli occhi di tutti. Pensieri, rancori, ricordi si susseguono in un monologo accompagnato, interrotto e per certi versi ostacolato da una musica sempre presente.

“Rigoletto è il nome che un vecchio clown di un circo di periferia si è dato perché ama l’opera – racconta Marco Baliani – e sempre, quando può, cerca di ascoltarla alla radio o su vecchi dischi di vinile. Siamo agli inizi del Novecento, subito dopo la grande depressione del ’29.

Rigoletto però non sa che i nomi non si possono impunemente portare o indossare: essi sono un marchio che a volte può potare con sé una maledizione, la coazione a dover ripercorrere la vita vissuta dal personaggio il cui nome è stato usurpato”.

 LETTERALMENTE VERDI

Macbeth

di Giuseppe Martini

Un viaggio attraverso Macbeth di Giuseppe Verdi e attraverso le lettere di Giuseppe Verdi: dalla nascita fiorentina dell’opera nel 1847, alla sua maturazione, fino alla revisione del 1865 per il Théâtre Lyrique di Parigi. Le difficoltà di Verdi per ottenere versi brevi e sublimi dal suo librettista Francesco Maria Piave, la richiesta ai cantanti di prestare attenzione ai dettagli interpretativi, la celeberrima lettera al soprano Marianna Barbieri Nini per chiederle una voce sporca adatta alla figura di Lady Macbeth, le richieste per gli effetti scenici, e poi le modifiche necessarie nel 1865, l’accoglienza fredda del pubblico parigino. Una parabola tortuosa e felice, l’incontro atteso e temuto di Verdi con il suo Shakespeare e con un mondo, quello del fantastico, che rappresentò per lui una svolta decisiva nella carriera. Dalle parole e soprattutto dall’istintività di Verdi e dalle sue osservazioni mai banali, la vicenda della creazione e del rifacimento di Macbeth appare come un vero e proprio dramma nel dramma.

La lettura di Luigi Lo Cascio sarà sceneggiata grazie all’esecuzione di brani di Macbeth in una trascrizione per quartetto d’archi d’autore: quella compiuta dal direttore d’orchestra, amico e poi nemico di Verdi, Angelo Mariani, e pubblicata nel 1872.

 RIGOLETTO

La notte della maledizione

di Marco Baliani

Rigoletto è il nome che un vecchio clown di un circo di periferia si è dato perché ama l’opera e sempre, quando può, cerca di ascoltarla alla radio o su vecchi dischi di vinile. Siamo agli inizi del Novecento, subito dopo la grande depressione del ’29.

Rigoletto però non sa che i nomi non si possono impunemente portare o indossare: essi sono un marchio che a volte possono potare con se una maledizione, la coazione a dover ripercorrere la vita vissuta dal personaggio il cui nome è stato usurpato.

Il clown esegue il suo numero indossando una gobba posticcia, che ormai è divenuta quasi connaturata al suo fisico. È un po’ storpio e claudicante.

Un tempo, Rigoletto è stato un bravo trapezista e quella sua gamba sciancata, che lui usa per far ridere il pubblico, è il ricordo della caduta in cui trovò la morte la sua compagna. Li chiamavano gli angeli del trapezio. Ora Rigoletto è soltanto un angelo caduto. Al suo posto, oggi, nel circo, furoreggia sul trapezio un altro angelo, un uomo stupendo e affascinate che tutti chiamano il Duca.

Rigoletto ha una figlia cui è morbosamente attaccato, e che vorrebbe preservare dalle insidie della vita. È anche lei diventata una brava equilibrista sul filo, ma il padre cerca di nasconderla agli sguardi, soprattutto alle mire dongiovannesche del Duca che ha facile gioco sull’innocenza della fanciulla, arrivando a sedurla.

All’inizio dello spettacolo vediamo Rigoletto che si trucca, vuole stupire il suo povero pubblico con una gag eccezionale: sarà una serata speciale, è la sera della vendetta. Ucciderà il Duca durante il suo numero sul trapezio facendo finta che sia un lazzo clownesco.

Il suo monologare è spezzato, intriso di digressioni, di ricordi, di rimpianti, con un registro linguistico che varia, guidato, inceppato, accompagnato, ostacolato da una musica sempre presente.

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