“Rifondazione: perché sì. Provo ad entrare nel merito”

25/05/2010

Qualche giorno fa ho ricevuto la tessera di Rifondazione Comunista che sono orgoglioso di essermi meritato sul campo, così come detto dal compagno Francesco Samuele che ringrazio per le belle ed affettuose parole che mi ha dedicato.
Avendo già fatto due pubbliche dichiarazioni di voto a suo favore, mi è facile focalizzare e mettere per iscritto i contenuti politici della cosiddetta sinistra radicale (e qui ci metto dentro anche i compagni del PDCI) che condivido… e sì, perché credo che la prospettiva non possa essere che quella di un superamento delle due sigle PRC e PDCI per creare un soggetto nuovo e unitario che abbia il coraggio di abbandonare il simbolo della falce e del martello che tanto fascino suscita sul 5% dell’elettorato italiano rappresentando però una barriera all’ingresso spesso insuperabile per il 95% di esso. E affermo questo con un briciolo di cinismo, di vil marketing, più da operatore del mondo della comunicazione e da direttore, non certo per negare i meriti di una storia politica che ha costruito e migliorato la democrazia italiana.
Mi ritrovo in un partito che mette al primo posto della sua azione politica, e quindi della destinazione delle risorse, i più deboli, il welfare, la sanità, i lavoratori, i disoccupati e i precari, la tutela dei pensionati vicini, se non già oltre, alla soglia di povertà. Un partito che ha una concezione della democrazia fondata sulla Resistenza partigiana e sul Parlamento eletto su base proporzionale, senza suggestivi e populistici presidenzialismi di cui già oggi in Italia si intravedono le conseguenze e i tristi protagonisti; che ha una concezione della donna quale co-protagonista paritetico della società e non velina da esibire per eccitare qualche elettore allupato; che dice no nucleare e alla privatizzazione dell’acqua, e un sì ad un partito di popolo, vero, non “liquido” o, ancor peggio, “azienda”, fatto di persone e non di leader carismatici o di una classe dirigente professionista della politica e parassitaria che vive da decenni sulle spalle dei contribuenti.
E poi c’è la questione morale. Lungi da me evocare il concetto di “superiorità morale”, ma prendo atto che le inchieste giudiziarie che si sono abbattute su PDL e PD non hanno coinvolto i partiti del PRC e del PDCI. Sarà un caso, sarà perché i comunisti sono meno intruppati nelle tangenti che girano nelle stanze dei bottoni dei ministeri, delle giunte comunali e regionali, delle USL… ma tant’è… a meno che non si sostenga che loro controllino la magistratura italiana, il che mi pare quantomeno improbabile.
Ma sarebbe troppo comodo limitarsi ad un apprezzamento del background culturale della Federazione della Sinistra, e non nascondo la mia condivisione anche delle proposte più scomode e demonizzate: la tassazione progressiva in base al reddito, la tassazione delle rendite finanziare (abbinata alla detassazione degli investimenti per il lavoro), la lotta all’evasione fiscale non a parole ma proponendo, come già avviene in tante parti del mondo a partire dagli Stati Uniti, la tracciabilità dei pagamenti, la battaglia per i diritti civili delle coppie di fatto e di quelle gay, il testamento biologico.
PDL e il PD non sarebbero in grado di prendere una posizione su alcuno di questi temi fondamentali. Un vuoto politico deprimente.
Tutto ciò detto, pur ignorando le regole d’ingaggio del partito e quindi i rischi di immediata epurazione a cui vado incontro, non mi sottraggo dall’evidenziare anche i punti deboli: partendo da un sacrosanto principio di accoglienza, noto una propensione delle sinistra ad una deroga del rispetto delle regole (sulle quali invece il PCI era inflessibile) in materia di immigrazione quando a delinquere sono gli immigrati, meglio ancora se clandestini; è diffuso un idealismo pacifista, in sé condivisibile e credibile se applicato a 360° gradi e non si riduce a mobilitazione contro i guerrafondai americani che, se pure tali sono stati, non mi paiono essere gli unici destinatari di indignazione; è evidente la predisposizione culturale a considerare lavoro meritevole di iniziativa politica solo quello degli operai e dei lavoratori dipendenti in genere (privati e pubblici), rimanendo pressoché indifferenti rispetto alle difficoltà dei lavoratori autonomi, liquidati con un po’ troppa faciloneria come evasori fiscali da cui diffidare, se non da punire a priori.
Non so se ho detto tutto, ma qui mi fermo, riservandomi di affrontare nella prossima occasione il tema della presenza della sinistra comunista a livello locale. Spero di essere all’altezza di una valutazione oggettiva senza farmi condizionare dalla simpatia che i compagni di Parma stanno manifestando nei miei confronti, ovviamente contraccambiata.
Chiudo citando una frase di Antonio Gramsci che ben si addice ad un battitore libero come me: ”Quante volte mi sono domandato se legarsi ad una massa era possibile quando non si era mai voluto bene a nessuno”.
Poveri compagni, non sanno che accidente si sono tirati in casa! 

                                                                                Andrea Marsiletti


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