Le Marte e le Marie nel monastero di clausura delle Clarisse

Rubrica: Il Silenzio della Clausura

Quando sono stato ospite nel monastero di clausura delle clarisse in Fara Sabina (vedi a piè pagina gli altri articoli pubblicati), una monaca mi ha raccontato la storia delle Marte e delle Marie che voglio condividere con i lettori di questa rubrica.

Nei secoli passati la Comunità del monastero è stata divisa in due famiglie religiose: le Marte e le Marie, per l’appunto, facenti capo a un’unica Superiora scelta tra le Marie.

Le Marte erano dedite all’attività giornaliera pratica, ovvero procuravano le provviste, cucinavano e gestivano gli indispensabili contatti con il mondo esterno.

Le Marie abitavano la parte più remota del monastero, nelle piccole stanze che davano sul cortile interno, non avevano nessun rapporto con il mondo e non dovevano né occuparsi né preoccuparsi delle questioni di ordine materiale. L’isolamento delle Marie, le vere eremite, doveva essere totale e assoluto. Per meglio mantenere il raccoglimento interiore le monache lavoravano in celle, ove, tolto il tempo della preghiera corale e del mangiare, passavano tutta la giornata. Perchè fossero eliminati anche indiretti richiami del mondo e dei suoi splendori, alle monache era proibito perpetuamente fare dolci per qualsiasi persona, ricami in oro, argento o seta, con la sola eccezione delle tovaglie dell’altare. Potevano lavorare un’ora al giorno nell’orto, ma ciascuna nel proprio pezzo di terreno, in preghiera e in silenzio.

Era loro permesso mormorare canzoni religiose quando fosse utile a scacciare le distrazioni.

Al momento dell’ingresso in clausura ciascuna sorella poteva scegliere se diventare Marta o Maria. Negli anni il percorso spirituale di ciascuna era verificato un Padre visitatore che seguiva l’evoluzione della loro fede e attestava la loro conformità con la vita claustrale.

Marte e Marie non si incontravano mai; ognuno aveva i propri camminamenti separati all’interno del monastero, le prime in ciabatte, le seconde sempre scalze.

Nella foto: i camminamenti separati delle Marte e delle Marie

Tantomeno Marte e Marie potevano parlarsi, anche per non portare dentro il monastero le chiacchiere del mondo.

Quando un parente di una monaca moriva, l’Abbadessa (l’unica che poteva ricevere comunicazioni dall’esterno) convocava le monache e annunciava loro: “E’ morto il padre di una di voi. Preghiamo per la sua anima”. Ma non rivelava il nome del defunto, per non violare l’inaccessibilità della clausura e non produrre deviazioni rispetto alla devozione totale a Dio.

Anche quando si accedeva alla grata delle Marte per chiedere qualcosa non doveva essere rotto il silenzio: le richiesta andavano scritte su tavolette, come introdusse la veneranda madre Suor Francesca Farnese.

Le Marie non potevano parlare tra loro. Per colloquiare utilizzavano dei segni convenzionali minimali con le braccia, con la testa, con le spalle, così che il silenzio fosse l’unica voce che si udiva nel monastero.

Nella foto: refettorio Marie

Al refettorio potevano accedere solo le Marie, alla cucina solo le Marte.

Le Marie mangiavano una volta al giorno dalle 15 alle 16, e dall’inizio alla fine del pranzo rimanevano in silenzio. Una di loro pronunciava la parola di Dio da un leggio. Al venerdì mangiavano per terra solo pane e acqua. Potevano cibarsi di carne solo nelle grandi occasioni, per il resto dell’anno essa era proibita perchè richiamava la lussuria. Alla fine del pasto era obbligatorio assumere una fetta di formaggio e un bicchiere di vino, probabilmente per mantenere una dieta equilibrata e non causare carenze alimentari.

Mi hanno raccontato che ci fu anche un ammutinamento, per gelosia, delle Marte. Alcune di loro scapparono dal monastero.

Nell’orto vi erano delle piccole cappelle ove le eremite, in tempo di esercizi spirituali e in altre circostanze, col permesso della Superiora, potevano ritirarsi per passare l’intera giornata in digiuno e completa solitudine. Il principale impiego doveva essere l’esercizio contino e non interrotto dell’interiore raccoglimento e della divina contemplazione. Nelle piccole e povere stanze delle monache dovevano esserci solo immagini di santi eremiti, perchè la vita praticata dai santi nel deserto era la loro ideale.

La Superiora non si chiamava Abbadessa, solo Vicaria, perchè per le clarisse era la Madonna la vera ed eterna Abbadessa.

La famiglia delle Marte, con l’aggiornamento della Costituzione dell’Ordine del 1933, venne soppressa.

Peccato, non erano monache di Serie B. Erano solo Marte. Non erano Marie. 

Andrea Marsiletti


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