
Nelle ultime elezioni europee del 9 giugno 2024, per la prima volta in una consultazione che ha coinvolto l’intero corpo elettorale della Repubblica, coloro che non si sono recati a votare sono stati la maggioranza, infatti ha votato solo il 48,2% degli aventi diritto. Ciò é avvenuto nonostante il traino ad andare al voto dato dalla concomitanza con le elezioni comunali in 3698 comuni, di cui 29 capoluoghi di provincia e le elezioni regionali in Piemonte.
Del dato dell’astensionismo si parla per qualche ora dopo le le elezioni e dopo i commentatori e i rappresentanti delle varie parti politiche passano subito a valutare chi ha vinto, chi ha perso, se ha perso poco…e così via.
Il Presidente della Repubblica, rivolgendosi alle cariche istituzionali per gli auguri di fine anno, ha parlato del rischio di regredire a “democrazia dei fantasmi” con questi livelli di partecipazione al voto. La Costituzione, ritenendolo il diritto politico fondamentale, dichiara all’articolo 48 che il suo esercizio è dovere civico.
L’astensionismo, così elevato, alle scorse elezioni europee si é verificato in consultazioni che si sono tenute con un sistema elettorale proporzionale, con numerose liste di partito, con un’offerta politica la più ampia possibile. Ce n’era per…tutti i gusti.
Un presidente di seggio al termine delle operazioni di voto mi ha detto: “Ho visto venire a votare degli anziani, anche di 90 anni, ma pochi giovani”
Il 10 giugno 1979, alle prime elezioni del Parlamento europeo, votò l’ 85,7% degli aventi diritto; la domenica precedente il corpo elettorale fu chiamato a votare per la Camera e il Senato registrando un’affluenza del 91%. Il senso del dovere del voto era così sentito che ci fu un’altissima partecipazione, nonostante due appuntamenti elettorali in otto giorni.
Come siamo arrivati a questo livello di distacco dall’essenza della democrazia e quindi dalle istituzioni?
Nel nostro ordinamento il ruolo di mediazione tra cittadini e istituzioni é assegnato ai partiti politici, tanto che lo storico Pietro Scoppola scrisse sulla “Repubblica dei partiti”.
La Costituzione all’art 49 così recita: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti politici per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”.
Dal dibattito in Assemblea costituente sull’articolo emerge che il partito politico deve essere inteso come uno strumento di partecipazione, un’associazione che permette all’iscritto d’informarsi e di controllare gli eletti del partito nei vari livelli istituzionali dal Parlamento ai Consigli comunali; quindi non una semplice organizzazione, solo elettorale, che opera saltuariamente.
Essi hanno, nell’ordinamento repubblicano, la funzione di mediatori permanenti tra cittadini e istituzioni; e sottolineando il plurale è implicito che sono attori di una democrazia rappresentativa competitiva, in antitesi al partito unico del regime fascista, come rispetto ad ogni altro modello non pluralista e democratico.
Un altro carattere distintivo dei partiti, così come sono presenti nel panorama politico, é quello di avere degli scopi generali, non settoriali, si occupano dei vari aspetti della vita pubblica; essi, facendo riferimento alle posizioni di eminenti componenti dell’Assemblea costituente, venivano considerati come delle “scuole di democrazia” per fare una sintesi degli interessi di vari gruppi sociali e formare la classe dirigente politica della Repubblica, per presentare candidature e programmi ai cittadini nei vari livelli di elezioni.
L’interpretazione dell’articolo lascia alla volontà del legislatore ordinario se disciplinare o meno il tema della democrazia interna ai partiti; in ogni legislatura sono state presentate proposte di legge al riguardo, ma nessuna è giunta all’approvazione.
L’argomento, nella realtà, è stato affrontato con riferimento alla disciplina civilistica delle associazioni, con la predisposizione di statuti che regolano la vita interna dei partiti. Il tema di una legge che disciplini la democrazia interna ai partiti è delicato, perché implicherebbe un controllo di legalità sugli strumenti primari del sistema politico.
Dall’avvento della cosiddetta “seconda repubblica”, trenta anni fa, abbiamo assistito al proliferare di alcuni “partiti personali”, con i leaders che intendono le formazioni politiche che hanno creato, non come un corpo intermedio, ma strumenti per fare arrivare il messaggio del capo al segmento di elettorato individuato; gli esempi di maggior successo elettorale sono stati Silvio Berlusconi con Forza Italia e Beppe Grillo con il Movimento 5 Stelle.
In tutti i partiti abbiamo assistito ad una attenuazione del senso di comunità politica tanto che il nome del capo é arrivato ad essere parte del simbolo elettorale, andando verso formazioni sempre più orientate ad essere costruite attorno al leader, dove l’aspetto della comunicazione prevale sui programmi e sull’organizzazione: il partito “liquido o leggero”.
† La cananea che convertì Gesù: un’altra stella femminile che brilla nei Vangeli (di Andrea Marsiletti)
Anche il ricorso ad elezioni primarie rivolte ai presunti elettori, per eleggere i vertici di un partito, mettendo allo stesso livello chi é iscritto e chi no, come nel PD, deriva dalla constatazione della debole consistenza del vincolo associativo testimoniato dal rilevante calo di iscritti.
Nei comuni, non solo in quelli di piccole dimensioni, perfino in qualche regione, in prossimità delle elezioni inizia la ricerca di sindaci o presidenti “indipendenti”, messi in prima fila da coalizioni politiche, come se l’iscrizione ad un partito fosse un demerito, cioé abbiamo i partiti politici che si vergognano di essere politici, che autocertificano di non formare classe dirigente.
Non voglio passare per passatista, comprendo il ruolo delle moderne tecnologie e della rete che anche nella vita pubblica richiedono messaggi semplificati che scavalcano i corpi intermedi come i partiti, però il risultato è il declino della democrazia, con sempre meno persone che vanno a votare, che decidono per tutti, anche per quelli che non ci vanno.
Torniamo alla Costituzione.
Stefano Gelati