Parma: commemorato il 42° anniversario dell’uccisione del Generale Dalla Chiesa

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Oggi con una solenne e toccante cerimonia promossa dal Comune di Parma, dalla Prefettura e dal Comando Provinciale dei Carabinieri si è svolta, all’interno del cimitero della Villetta, la commemorazione della morte del Generale C.A. Carlo Alberto Dalla Chiesa, della moglie Emanuela Setti Carraro e dell’agente di scorta Domenico Russo che, 42 anni fa, sono stati barbaramente uccisi dalla mafia a Palermo.

Alla messa hanno presenziato le autorità militari, civili e la cittadinanza. Al termine, con gli onori del picchetto armato, il Prefetto di Parma, Antonio Garufi, il Comandante della Legione Carabinieri “Emilia Romagna”, Generale di Divisione Massimo Zuccher ed il sindaco di Parma Michele Guerra, hanno deposto sulla tomba una corona d’alloro.

La giornata è culminata con la deposizione di una corona, al busto dell’alto ufficiale, nel piazzale della Stazione Ferroviaria a lui intitolato ed al monumento situato nella “Piazza d’Armi” del Palazzo Ducale, sede del Comando dei Carabinieri.

Diascorso del Colonnello Andrea Pagliaro, Comandante Provinciale dei Carabinieri di Parma:

Sono passati 42 anni dal giorno in cui, in Via Carini a Palermo, la violenza mafiosa ha colpito duramente l’Italia intera, ma la commozione di quel giorno è ancora con tutti noi che ci uniamo al dolore dei familiari del Generale Carlo Alberto dalla Chiesa, della giovane sposa Emanuela Setti Carraro e dell’agente di polizia Domenico Russo, consapevoli che il nostro affetto potrà solo lenire, ma mai cancellare la loro sofferenza, che è anche la nostra.

Noi Carabinieri, non solo oggi, ma ogni giorno, coltiviamo la memoria del Generale, un vero Gigante della nostra plurisecolare storia, perché ricordarlo significa comprendere l’inestimabile ricchezza morale che ci ha trasmesso e rappresenta il più autentico sprone per adempiere ai nostri doveri di cittadini e servitori dello Stato.

Un uomo straordinario, carismatico, che con l’esempio della sua vita al servizio del Paese ci lascia un’eredità ricchissima: il suo agire ha sempre anteposto l’interesse pubblico alle esigenze private, ha perfettamente incarnato quei valori propri della Costituzione, quali l’adempimento con disciplina ed onore dei propri doveri (art. 54), nell’esclusivo interesse della Nazione (art. 98).

Dalla sua fortissima carica morale discendeva anche quella capacità di approcciare con modernità il servizio in favore della collettività, quella sua peculiare abilità nel saper interpretare il presente con lo sguardo sempre rivolto al futuro: al Generale, ad esempio, dobbiamo quel metodo investigativo che porta il suo nome e che ancora oggi ci consente di raggiungere significativi risultati operativi, come l’arresto dell’ultimo latitante stragista. Il ROS dei Carabinieri, infatti, assorbì la preesistente struttura anticrimine dell’Arma nata a Torino nel maggio del 1974 proprio grazie all’intuizione del Generale dalla Chiesa. L’Alto Ufficiale aveva costituito dei Nuclei Speciali di Polizia Giudiziaria con personale scelto, in grado sia di approcciare al fenomeno criminale del terrorismo con visione unitaria e globale, sia di svolgere attività dinamiche sul territorio di osservazione, controllo e pedinamento. Un metodo di cui il ROS dei Carabinieri è il più fedele ed efficiente interprete.

Il Generale dalla Chiesa rappresenta anche la forza di non arrendersi mai, capace di portare luce nelle pagine più buie, come quelle del terrorismo e del fenomeno mafioso. Ne discende che il Generale è un simbolo di efficienza dello Stato, una figura che incarna i più alti ideali di solidarietà e giustizia un uomo che ha inoltre avuto il merito di avvicinare i cittadini alle Istituzioni andando, per primo, a parlare di legalità nelle scuole, nelle fabbriche, un Carabiniere Generale “con gli Alamari cuciti sulla pelle” che ha sempre voluto manifestare vicinanza alla popolazione, quella peculiare attitudine che è poi nel DNA dell’Arma da sempre.

È per tali motivi che il Generale ritengo debba essere fonte di ispirazione non solo per coloro che rivestono funzioni pubbliche, ma per tutti, perché ci spinge ad analizzare quello che noi stessi abbiamo fatto e quello che ancora possiamo fare. Ciascuno di noi deve avere la piena consapevolezza delle proprie responsabilità e agire attraverso l’impegno concreto di ogni giorno per lasciare alle future generazioni un mondo migliore.