Sala Baganza non dimentica: posata una Pietra d’Inciampo per ricordare Davide Apfel

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Aveva soltanto la colpa di essere ebreo, Davide Apfel. Benestante, per giunta. Originario di Jevíčko, nell’allora Cecoslovacchia, era sposato con Rosa Wechsler dalla quale aveva avuto quattro figli. Negli anni ’20 la coppia si trasferì a Merano, dove aprirono un negozio di pellicce. Gli affari andavano talmente bene che dopo qualche anno realizzarono altri due punti vendita, a Cortina e Gardone Riviera. Poi arrivarono Hitler e Mussolini, le infami leggi razziali e la disumana “soluzione finale” che gli portarono via tutto. Anche la vita. Rosa morì da internata a Montefiascone nel 1942, e il 5 aprile del 1945 Davide, ormai anziano, fu caricato su un treno senza ritorno diretto ad Auschwitz. 

Nessuno, però, potrà mai portarsi via il ricordo di Davide Apfel e di tutte le persone che sono state assassinate dalla follia nazifascista. Un ricordo che Sala Baganza ha voluto imprimere nella memoria della sua comunità con una Pietra d’Inciampo che porta il suo nome, posata davanti al Municipio nella mattinata di mercoledì 25 gennaio, in prossimità della Giornata della Memoria, con una toccante cerimonia organizzata dall’Amministrazione comunale insieme all’Istituto Storico della Resistenza e dell’età contemporanea di Parma (ISREC). Perché è proprio a Sala Baganza che Apfel venne arrestato il 6 dicembre del 1943. Data che segnò l’inizio della sua fine.

Ad accompagnare la posa della pietra, per mano del sindaco Aldo Spina e della presidente dell’ISREC Carmen Motta, erano presenti i rappresentanti locali di ANPI, Gruppo Alpini e delle altre associazioni, insieme agli alunni delle scuole medie. La cerimonia è poi proseguita nell’auditorium delle scuole medie con i discorsi ufficiali. «Sala Baganza è entrata nel lungo elenco delle località dove sono presenti le pietre d’inciampo – ha esordito il sindaco Spina –. Si pensa spesso che quell’immane tragedia sia accaduta lontano dalle nostre case, ma non è così. Mi vengono in mente Roberto Bachi di Torrechiara e Luciano Fano di Parma, due ragazzi ebrei che nel 1943 avevano 13 e 12 anni. Entrambi furono deportati ad Auschwitz e non fecero più ritorno. Avevano la vostra età – ha detto il primo cittadino rivolgendosi agli alunni – e li ho pensati come dei vostri compagni di banco che da un giorno all’altro, a causa delle leggi razziali, sono spariti. E noi, cosa avremmo fatto? Saremmo rimasti indifferenti? Oppure li avremmo aiutati a nascondersi come hanno fatto le persone “giuste”? Onorando la memoria di Davide Apfel e di tutte le vittime dell’Olocausto, anche voi state facendo la storia, la storia di una comunità che non vuole che questi fatti si ripetano».

Il direttore dell’ISREC, Marco Minardi, dopo aver ringraziato l’Amministrazione comunale per aver aderito al progetto, ha spiegato il significato e lo scopo delle Pietre d’Inciampo: «Si tratta di cubetti di pietra realizzati a mano con una lastra d’ottone sulla quale viene inciso il nome della vittima, il luogo dove è stato deportato, la sua data di nascita e quella di morte. A idearle è stato l’artista tedesco Gunter Demnig, per “segnare” le case, le fabbriche e le scuole delle persone che hanno subito la deportazione. Quando non è possibile conoscere il luogo dove abitavano, le pietre vengono posate davanti ai municipi, perché appartengono alla comunità. Oggi ce ne sono decine di migliaia in tutta Europa e noi come ISREC abbiamo iniziato ad aderire a questo progetto nel 2017».

Irene Rizzi, ricercatrice dell’ISREC, è scesa nel dettaglio della biografia di Apfel: «Nel 1938 a seguito dell’introduzione delle leggi razziali, viene ordinata l’espulsione dall’Italia di tutti gli ebrei stranieri. Mussolini ne dispone l’internamento e Apfel nel 1941 viene trasferito a Sala Baganza». Qui viene sottoposto alla misura dell’internamento “libero”, che però di libero ha ben poco, perché prevede «l’obbligo di firma tre volte al giorno, il divieto di accogliere parenti, intrattenere relazioni sociali e possedere apparecchi radio – ha spiegato Rizzi –. Non si poteva nemmeno uscire dal comune, se non per motivi eccezionali.  Il 6 dicembre del 1943 i Carabinieri bussano alla sua porta e lo arrestano. Il 9 marzo viene trasferito al campo di Fossoli e il 5 aprile del 1944 lo caricano su un treno diretto ad Auschwitz, dove arriva 5 giorni dopo, il 10 aprile. La stessa data della sua morte, perché una volta sceso dal treno non supera la “selezione” e viene inviato alle camere a gas».  

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