† Senza la brace dell’arianesimo sarebbe divampato il fuoco dell’Islam? (di Graziano Frigeri)

TeoDaily – Anche il Natale 2022 appena trascorso, come sempre, è stato materia di dibattito: festività religiosa da celebrare con l’occhio e il cuore rivolti ai più bisognosi, ai poveri, alle vittime delle ingiustizie e della guerra, o festa “pagana” dei pranzi luculliani, dello shopping sfrenato, dei regali e delle vacanze sulla neve o nei mari esotici?

Per la Chiesa il Natale celebra il dogma dell’incarnazione: Dio che si fa Uomo in Gesù, il Cristo, ”generato, non creato, della stessa sostanza del Padre” recita il “Credo di Nicea”.

A Nicea (oggi Iznik, Turchia) si tiene nel 325 il primo Concilio Ecumenico, convocato e presieduto dall’Imperatore Costantino, che ha a cuore l’unità, anche religiosa, dell’Impero.

Tra le questioni da dirimere vi sono le tesi predicate, con successo, da Ario, Presbitero di Alessandria d’Egitto.

Ario afferma che Dio è unico, eterno e indivisibile, e che il Figlio di Dio non può essere considerato alla stessa stregua del Padre. In quanto “figlio” (e quindi “venuto dopo”) è in posizione subordinata rispetto al Padre, quasi una sorta di “Dio minore.”

Scomunicato, riabilitato e nuovamente scomunicato si rifugia tra Palestina e Siria, dove la sua predicazione fa proseliti e trova illustri protettori, tra cui Eusebio (poi Sant’Eusebio) Vescovo di Nicomedia, che è in ottimi rapporti con l’Imperatore Costantino. E a poca distanza, da Nicomedia, appunto a Nicea, Costantino convoca nel 325 il primo Concilio Ecumenico affinché i vescovi si pronuncino in merito.

Ario stesso è presente al Concilio, ma non convince: l’idea di un Figlio “creato”, e quindi non uguale al Padre, ne mette in discussione la stessa essenza divina, con il rischio di dover di considerare il Cristo, “Figlio prediletto”, un uomo certo speciale, ma pur sempre un uomo.

Ario è condannato all’esilio. Ma la sua dottrina continua a diffondersi, tanto che lo stesso Costantino nel 334 lo richiama a Costantinopoli, dove muore nel 336.

Per la Chiesa resta valida la tesi vittoriosa a Nicea: Cristo è Dio, “generato, non creato. della stessa sostanza del Padre”.

Ma le idee di Ario non muoiono con lui: come fuoco che cova sotto la cenere in attesa del colpo di vento, restano “latenti” per quasi trecento anni. Ma nel 610 il vento si alza, impetuoso, e si chiama Muhammad. Mercante di successo, in Palestina e Siria entra in contatto con il mondo ebraico e cristiano, e in particolare con i seguaci di Ario.

Dopo la “rivelazione” ad opera dell’Angelo Jibril (Gabriele) Muhammad inizia predicare una religione basata sul culto di un solo Dio, unico e indivisibile. Riprende le tesi di Ario e va oltre, negando la trinità: i cristiani sono “associatori”, in quanto associano a Dio altre divinità come il Figlio, lo Spirito Santo, e i Santi.



Muhammad incontra Gesù (con Adamo, Giovanni Battista, Giuseppe, Aronne e Mosé) nel 620 quando, condotto da Jibril, vola dal Tempio Santo (La Ka’ba, La Mecca) al Tempio Ultimo, sulla “spianata” di Gerusalemme. Gesù però non è Dio ma il penultimo dei Profeti: l’ultimo, il definitivo, è Muhammad stesso, il “Sigillo dei Profeti”.

Muhammad muore a Medina nel 632. Ma l’incendio si propaga inarrestabile e l’Islam, sotto la bandiera del Dio unico e indivisibile, unifica l’intero mondo già cristiano dell’Asia Minore e del Nord Africa, spingendosi oltre le porte d’Europa.

E se invece a Nicea avesse vinto Ario? Se sotto le ceneri del “Credo di Nicea” non avesse covato la brace dell’arianesimo, sarebbe ugualmente divampato il fuoco dell’Islam? Probabilmente le pulsioni storiche, politiche, sociali ed economiche dell’espansionismo arabo avrebbero comunque trovato il modo di concretizzarsi. Ma, altrettanto probabilmente, senza il formidabile collante religioso del Dio unico, indivisibile e non associabile, senza l’imperativo messianico della conversione degli infedeli, la “Umma” non sarebbe stata in grado agire in modo così travolgente. E forse, oggi, non dovremmo fare i conti, in oriente e in occidente, con il fondamentalismo islamico.

Graziano Frigeri

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