Il Silenzio della Clausura – La mia esperienza di ospite nel monastero di clausura delle Clarisse eremite (leggi1 – leggi2) ha incrociato sentimenti, spiritualità, storia.
Mi sono imbattuto anche nell’editto di Saint Cloud emanato da Napoleone nel 1804.
Cosa c’entra Napoleone con le monache Clarisse di Fara in Sabina?
C’entra.
Per motivazioni igienico-sanitarie e ideologico-politiche, l’editto stabiliva che le tombe dovessero essere collocate al di fuori delle mura cittadine e, in aggiunta, che fossero tutte uguali per evitare discriminazioni tra i morti.
La norma fu estesa al Regno d’Italia dove scatenò la contrarietà di tanti intellettuali, tra i quali Ugo Foscolo che nei “Sepolcri” esaltò la funzione delle tombe che rendono bella la terra che le ospita e ispirano a grandi opere.
Quando nel 1800, in ottemperanza all’ordinanza di Saint Cloud, le Clarisse di Fara in Sabina dissotterrarono i corpi delle loro sorelle dal cimitero di fianco al monastero, trovarono 17 corpi “integri”, ovvero con ancora parti muscolari intatte. Decisero di non consegnare quei corpi al cimitero fuori dal paese e di custodirli all’interno di una parete del monastero dove rimasero per due secoli.
Alla fine della seconda guerra una parte del monastero venne bombardata dagli americani. Negli anni ’70 iniziò la ricostruzione. Durante i lavori riapparvero dalla muratura i 17 corpi delle monache, ancora “intatti”, con la cartilagine sopra gli occhi, uno con la lingua, ciascuno con organi molli presenti. I tecnici specialisti attestarono che non vi fosse alcuna traccia di sostanze chimiche finalizzate all’imbalsamazione.
Le monache decisero di far datare quei corpi con il Carbonio 14 che stabilì risalissero alla metà del 1600… proprio agli anni della fondazione del monastero. 17 era anche il numero delle prime monache che vi entrarono.
Quindi, con ogni probabilità, quei corpi erano proprio quelli delle prime Clarisse di Fara in Sabina.
Le monache rivestirono quei corpi con l’abito dell’ordine e rimasero stupefatte quando, mentre spostavano gli arti, si accorgevano che essi rimaneva attaccati al resto del corpo; ciò era possibile solo se all’interno vi fossero ancora legamenti e muscoli.
Collocarono le monache defunte dietro un vetro in una stanza del convento.
Mi hanno portato a vedere quella salme.
“Ogni tanto preghiamo davanti a loro, sentiamo che sono loro a chiederci di farlo” mi ha detto una monaca.
Abbiamo recitato insieme un’Ave Maria davanti alle defunte che resistono alla morte e sembrano continuare a vivere nel monastero e a pregare in eterno per la salvezza dell’Umanità e in contemplazione della grandezza di Dio. Semplicemente proseguono quello che hanno fatto per tutta la loro vita.
In tutto ciò non c’e nulla di esibizionista, macabro, terrificante: solo ricordo, rispetto, riconoscenza, Fede.
La scienza sostiene che questa conservazione collettiva sia inspiegabile.
Le monache sostengono si tratti di un miracolo.
Sì, è un miracolo.
Per chi ci crede.
Andrea Marsiletti