Anche l’uomo ha l’orologio biologico

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26/02/2011
h.12.30

L’orologio biologico esiste anche per gli uomini. Quando si parla di fertilità, non sono solamente le donne ad avere maggiori problemi con gli anni: anche la fertilità maschile diminuisce con il passare del tempo. Esiste un “fattore età” maschile, la fertilità di un venticinquenne non è uguale a quella di un uomo di 50 anni. E questo influisce molto quando la coppia cerca un figlio in età adulta; soprattutto oggi, quando anche gli uomini tendono a rinviare la data della paternità anteponendo studio e lavoro.
La fertilità maschile, pur essendo più longeva rispetto a quella femminile, è però influenzata negativamente da fattori esterni e interni: infezioni trascurate, l’iperstrogenismo alimentare e ambientale e lo stress diminuiscono le capacità riproduttive dell’uomo. Fino a una ventina di anni fa, in caso di infertilità di coppia ci si concentrava prettamente sullo stato di salute riproduttiva della donna, mentre oggi a finire subito sotto esame è anche l’uomo. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità le cause sono distribuite equamente tra uomo e donna: mentre esiste ancora un 10 per cento che si definisce idiopatico, ossia senza nessuna causa apparente.
Di fatto, davanti ad un problema di infertilità di coppia, è cambiato l’approccio dei ginecologi e dei medici di base: sono loro per primi a consigliare analisi anche all’uomo; di solito lo spermiogramma, che consente di avere un quadro di base con la concentrazione e la forma degli spermatozoi, e la spermiocoltura, che permette di verificare la presenza di germi. Si tratta solitamente di infezioni trascurate, delle quali non sempre l’uomo si accorge. Così il tempo influisce negativamente perché un’infezione non curata può portare anche alla sterilità.
Sono patologie dovute alla maggior libertà sessuale, ma anche al fatto che oggi esiste una maggiore diffusione e interscambio di virus e batteri. Queste infezioni “croniche” contribuiscono inoltre ad una maggiore frammentazione del DNA negli spermatozoi.
La frammentazione del DNA non solamente è una conseguenza della presenza di radicali liberi nella cellula e di una “sofferenza cellulare”, ma è anche correlata all’infertilità in maniera direttamente proporzionale. Infatti una percentuale marcata di DNA frammentato dello sperma può causare un aborto spontaneo durante le prime settimane di gestazione. Si parla di “late paternal effect”.
Da non sottovalutare per la infertilità maschile altri fattori esterni che dipendono da abitudini e stili di vita. L’inquinamento atmosferico, un’alimentazione ricca di proteine animali, additivi e conservanti, sono solo alcuni degli elementi che influiscono in modo negativo. Oltre questo, il tempo gioca un ruolo negativo sulla fertilità maschile. L’orologio biologico, insomma, non esiste solo per le donne ma anche per gli uomini.
Malgrado dal punto di vista genetico la maggior parte dei problemi riproduttivi legati all’età siano da imputarsi alla donna, è ormai stato scientificamente provato che anche nello sperma si accumulano mutazioni genetiche con il passare del tempo. Sindromi monogeniche quali l’acondroplasia o la sindrome di Apert sono infatti molto più frequenti nei bambini nati da papà più anziani.
La fecondazione assistita può intervenire negli altri casi: persino uomini considerati un tempo assolutamente sterili possono diventare padri, recuperando gli spermatozoi direttamente dal testicolo e iniettandoli all’interno della cellula uovo. Solamente nel 3% delle coppie infertili vi è una condizione di azoospermia, per cui è necessario ricorrere alla fecondazione eterologa mediante donazione di spermatozoi.