† La resurrezione non è la riesumazione di un cadavere, è la nostra speranza escatologica (di Andrea Marsiletti)

TeoDaily – Qual è il senso profondo della resurrezione di Gesù?

Una premessa. Per la Chiesa cattolica il mistero della risurrezione di Cristo è un avvenimento reale, non simbolico. Il corpo del Risorto è il medesimo che fu crocifisso, di cui porta ancora i segni della passione insieme alle proprietà nuove di un corpo glorioso, oltre lo spazio e il tempo, che può rendersi presente sotto l’aspetto di un giardiniere, un viandante, un commensale.

Nessuno è stato testimone oculare dell’avvenimento della risurrezione, nessun evangelista può descriverlo fisicamente, non ci sono un selfie o una videocamera a riprendere quegli istanti.

 

Aspettando la resurrezione di Lenin, la Pasqua bolscevica (di Andrea Marsiletti)

 

La resurrezione matura progressivamente nelle prime comunità cristiane.

Il primo testo del Nuovo Testamento è la lettera di Paolo ai tessalonicesi nel 50 dc. Qui sulla resurrezione Paolo si limita a un “Gesù è morto e risorto“. Punto. Non aggiunge altro. E’ solo una pennellata.

Nella successiva lettera ai Corinzi Paolo aggiunge qualche elemento: “Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risorto il terzo giorno secondo le Scritture, apparve a Pietro e quindi ai Dodici. In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me.

Le prime testimonianze scritte delle comunità cristiane, che si presume fossero il coagulo della tradizione orale, pertanto, non parlano di tombe, massi spostati, bende a terra.

La nostra fede non nasce sull’immaginario di un sepolcro vuoto.

Marco scrive il suo vangelo nel 70 dc, quarant’anni dopo la morte di Gesù, e non si sofferma sule apparizioni, o meglio, le cristofanie. Le elenca, accenna brevemente, quasi controvoglia, al punto che molti studiosi considerano questi passaggi aggiunte postume per colmare un vuoto scandaloso.

Poi, nel 80 dc, arriva il Vangelo di Matteo che racconta un’apparizione in Galilea.

Nel 90 dc Luca ne spiega tre a Gerusalemme.

Infine nel 100 dc Giovanni si sofferma su quattro, a Gerusalemme e in Galilea.

Più ci si allontana dall’evento più le comunità cristiane sentono la necessità di arricchire il racconto della resurrezione, più le pennellate diventano affreschi. E non integrano per ingannare o millantare… oggi si ritiene lo abbiano fatto a fini catechisti, didatti e anche liturgici perchè quei testi iniziavano a essere parti fondanti la liturgia cristiana.

E’ lo stesso percorso a crescere dei vangeli dell’infanzia. Il primo a scrivere è Paolo e, in merito alla nascita, si limita a un inciso: “Gesù è nato da donna“. Non una parola in più. Maria neppure viene citata. In Marco Gesù entra in scena adulto, e non c’è alcun accenno alla sua infanzia.  Che differenza con i vangeli successivi dove compaiono vergini, grotte, stelle comete, angeli, magi, Erode…

Con il passare degli anni il Risorto diviene sempre più corporeo ed è lui stesso a invitare gli apostoli a riconoscere che non è un fantasma; in Luca mangia con i viaggiatori di Emmaus, in Giovanni consuma pesce sulle rive del lago di Tiberiade e invita Tommaso a toccargli il costato.

Si mette sempre più a fuoco il senso della resurrezione della carne, anche per l’uomo.

Sulla croce è morto il corpo corruttibile di Gesù, lo stesso corpo resuscita incorruttibile. C’è una continuità, come tra il bruco e la farfalla.

Questa trasformazione è il principio della nostra risurrezione futura, fin d’ora per la giustificazione della nostra anima, più tardi per la vivificazione del nostro corpo nella resurrezione dei morti a cui tutti siamo chiamati alla fine dei tempi.

Paolo centrò fin da subito il tema: “Se non esiste risurrezione dai morti, neanche Cristo è risuscitato! Cristo è il primogenito di coloro che risuscitano dai morti“.

Credere alla resurrezione di Gesù e quindi alla nostra è la nostra speranza più grande, un dono che aspettiamo da Cristo e in Cristo.

La resurrezione di Gesù non è, come ci viene propinata da più parti, il dolorismo della passione, l’espiazione di non si sa che cosa, la rianimazione di un cadavere, il colpo di teatro di una tomba vuota, ma è la rivelazione che l’amore vince la morte, è la chiamata a vivere da risorti, perchè siamo tutti chiamati a vivere per Dio e poi in Dio nella sua contemplazione per l’eternità.

La Pasqua, in definitiva, è l’avvenimento escatologico per eccellenza.

 

† Gesù, è inutile che torni sulla terra nella parusia, non ti riconosceremmo (di Andrea Marsiletti)

 

Quando la Chiesa ripiega sull’aldiquà e rinuncia, come spesso le accade, a parlare dell’aldilà, ad esempio della resurrezione dei morti o della parusia, per quieto vivere, per subalternità culturale, per timore di non essere accettata e fin derisa, sbaglia.

Senza la speranza escatologica non può esserci religione.

Buona Pasqua!

Andrea Marsiletti

 

 

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