Il biglietto da visita

29/10/2012

Anche il barbiere più duro diventa docile e mansueto quando gli si porge un pezzo di marmo dolcemente divelto dal bancone al posto del biglietto da visita.

Lo chiamavano Bulldozer è un film del 1978, diretto da Michele Lupo.
Un marinaio solitario ed ex acclamatissima superstar del football americano soprannominato Bulldozer, ritiratosi improvvisamente dal mondo dello sport, è costretto a fermarsi nel porto di Livorno per un danno al motore del suo barcone. Qui, i militari del sergente Kempfer nella vicina base USA di Camp Darby fanno i prepotenti con i ragazzotti del paese, i quali stanno organizzando una squadra di football.
I militari e i ragazzi non perdono occasione per affrontarsi, i primi usando i loro metodi maneschi, gli altri (seppure capaci di difendersi con i pugni) con i loro scherzi e dispetti. Per via del suo soggiorno forzato, Bulldozer si inserisce presto nella disputa quando, nel locale del porto, sfida e batte proprio Kempfer in una ricca scommessa a braccio di ferro, scatenando un’inevitabile rissa dalla quale si dilegua totalmente indisturbato.
La forza e lo smacco rifilato al sergente attirano le simpatie dei ragazzi verso l’ex campione, tanto che questi subito gli organizzano una sorta di “imboscata” da parte degli stessi americani in modo da far scoppiare una nuova rissa, certi di ridare a Kempfer e al suo intero squadrone una nuova sonora lezione (cosa che effettivamente avviene).
Il pezzo di ricambio per il motore della barca, un polverizzatore Thompson, è disponibile soltanto presso i magazzini del comando USA ed il sergente Kempfer, allenatore della sua squadra di football, impedisce a Bulldozer di averlo. La ripicca va ben oltre la sfida persa alla locanda: il sergente vuole vendicarsi di lui perché anni addietro gli ha fatto perdere tutti i risparmi che aveva scommesso su una partita, proprio quella che Bulldozer non giocò a causa del suo ritiro.
I ragazzi, intanto, accettano una sfida con gli americani: una partita regolare di football, con tanto di premio (e ovviamente soldi) in palio; ai ragazzi non serve vincere l’intera partita, ma basterà fare un solo punto per aggiudicarsi la sfida. Scoperto il passato di campione di Bulldozer, gli chiedono di allenarli, ma questi nel frattempo è riuscito a trovare il pezzo di ricambio ed è ormai prossimo alla ripartenza, suscitando le lacrime dei ragazzi che vedono sfumare la vittoria e in più dovranno dire addio al loro amico.
Quando l’addio sembra prossimo, Bulldozer salva Spitz, uno dei ragazzi, da alcuni picchiatori, lo porta con sé per curargli le ferite e gli racconta il motivo del suo inspiegabile ritiro dal football. Ma capisce anche quanto sia importante la sfida per Spitz e per i ragazzi e si convince finalmente a restare (tra l’altro, il polverizzatore di ricambio ricevuto è totalmente disastrato) e ad allenare duramente la squadretta. Quando Kempfer viene a sapere della cosa, prova a dimostrare un minimo di “fair play”, regalando ai ragazzotti caschi, divise e protezioni per tutti, e dichiarando al suo nemico di essere contento che sia lui ad allenarli. I ragazzi, sicurissimi che il gesto sportivo di Kempfer sia solo una finta, ripagano lui e la squadra avversaria con uno dei loro soliti scherzi.
La squadra è però scarna e priva sia di nozioni sia soprattutto di qualità fisiche; Bulldozer pensa così di aggiungere qualche rinforzo. Al team si aggregano Gerry, piccolo ladruncolo dotato di un atletismo formidabile, e il
forzuto Orso, picchiatore di Spitz, in modo da garantire sia l’agilità sia la forza fisica che mancano agli altri. Spitz, però, non accetta per nessuna ragione l’ingresso di Orso, che l’aveva pestato a sangue poco tempo prima, tanto che abbandona la squadra per un po’ e si rimette su una cattiva via, salvo poi ritornare ad allenarsi coi suoi amici.
Arriva il giorno dell’attesissimo match; negli spogliatoi Bulldozer cerca di rassicurare i suoi giovani, visibilmente tesi e impauriti, e in qualche modo fa capire loro di essere ormai a tutti gli effetti un vero team (Spitz e Orso si sorridono, come veri compagni di squadra). Scesi in campo, gli americani giocano il primo tempo senza calcare troppo la mano, ma si ritrovano poi a fare un gioco estremamente duro, riducendo ben presto a pezzi il team di Bulldozer.
Infastidito per l’eccessiva e immotivata violenza della squadra di Kempfer, dopo una discussione con lui negli spogliatoi dove il sergente mostra la sua solita spacconeria, Bulldozer indossa casco e uniforme e scende in campo come giocatore, mandando in visibilio gli spettatori e soprattutto i suoi ragazzi, che sembrano ritrovare di colpo tutta la loro energia.
Sorpreso da questa mossa imprevista, Kempfer fa esattamente lo stesso, ma il campo è ormai completamente dominato dal ritorno del grande Bulldozer.
Il film è ispirato a “Quella sporca ultima meta”, pellicola americana del 1974 diretta da Robert Aldrich.

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