INTERVISTA – Carlo Quintelli: “Canova è una nuova Maria Luigia, Guerra un abbaglio collettivo. Un certo elettorato di centrodestra non vuole Vignali. I progetti di Costi li vediamo nei centri minori di Modena e Reggio”

Carlo Quintelli

Carlo Quintelli è professore Ordinario di Composizione architettonica e urbana del Dipartimento di Ingegneria e Architettura dell’Università di Parma.

E’ un attento osservatore politico, e in questa campagna elettorale sostenitore della candidatura a sindaco di Michela Canova.

Lo abbiamo intervistato.

Come sta procedendo questa campagna elettorale?

Mi vien da dire: tra l’assurdo e il convenzionale. Abbiamo l’ossimoro dell’entusiastica alleanza tra chi ha fatto opposizione e chi ha governato per dieci anni, PD ed Effetto Parma, caso unico in Italia, con un PD che non presenta un proprio candidato pur essendo il principale partito della città…

Poi assistiamo al ritorno inverosimile del passato, altra italica propensione, con partiti del centro destra incapaci di nuova proposta. Inoltre, come sempre, c’è la consueta attenzione da parte di chi la politica non la fa ma se ne serve, tuttavia, anche in questo retroscena, le tendenze non sono univoche, anzi. A fronte di tante contraddizioni, ambiguità ed incertezze la palla è quindi più che mai giocabile dagli elettori e la partita aperta.

Qual è lo spazio politico della candidata sindaco Michela Canova, di cui è un sostenitore? Si sta allargando o riducendo col procedere della campagna elettorale?

Esprimo ovviamente un mio personale punto di vista ma, con spirito da campagna elettorale anglosassone, sento il dovere di parlar chiaro. Penso che lo spazio politico di Michela Canova sia inversamente proporzionale a quello che le riserva la Gazzetta di Parma e la sua TV, quindi larghissimo. Praticamente non la si vuol fare apparire ma questo atteggiamento, che viola la par condicio, ci dice una cosa ben precisa: una donna con esperienza da sindaco, totalmente autonoma, che parla chiaro e capace di attirare voti trasversalmente, beh fa molta paura a chi vorrebbe mantenere il clima pizzarottiano, diciamo così, meglio gestibile.

D’altra parte, per dirla con Moretti, “mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o non vengo?”

Quindi bene comunque, perché di questa Canova censurata se ne parla tanto e forse di più.
Poi in ogni caso lo spazio si allarga se il candidato è in grado di allargarlo. La Canova cerca in tutte le direzioni questo spazio politico perché tanti anni da sindaco di Colorno, o sindaca come lei preferisce, risolvendo i problemi quotidiani della gente ma con una visione complessiva di rilancio di quel centro, con la sua Reggia, l’Alma, le tante manifestazioni, il centro sportivo, i servizi assistenziali ecc. ecc., ebbene tutto questo pesa molto in una campagna elettorale, perché le persone la percepiscono autentica, sincera, esprime fiducia. Poi basta leggere il programma per Parma della candidata, pubblicato sul suo sito, per capirne il duplice registro tra progetto strategico e azioni focalizzate, con scelte chiare fuori da ogni ambiguità politichese anche sui temi caldi della città.

E mi lasci dire, da maschilista involontario qual sono per motivi generazionali, a Parma in questo momento servirebbe proprio una sensibilità e un pragmatismo al femminile, a partire dalla propensione alla cura della città, quella del centro come dei quartieri. Insomma Michela Canova è la nostra occasione per una nuova Maria Luigia, e qui casco anch’io nel vizio dell’analogismo storico campanilistico.

Perché alla sinistra del Pd non è stato possibile compattarsi?

Innanzitutto mi chiedo ancora perché il PD, senza concedere le primarie ai suoi sostenitori, si sia compattato con Effetto Parma, anche se qualche risposta guardando a Bologna e altrove appare chiara a tutti, e qui emerge quel cinismo politico che è estraneo agli elettori del PD ma ben presente in certi apparati di partito come ci insegna Simon Weil.

Se invece guardiamo a sinistra mi pare emerga, come spesso accade, il prevalere del dato ideologico su quello probabilistico. Mi pare evidente, ma senza pregiudizio alcuno e con rispetto per tutti, che Michela poteva essere la migliore risposta tattica, l’alternativa più credibile, in termini di consenso allargato, al tatticismo improprio dell’ossimoro PD-EP. Questa ipotesi non è stata compresa. Fuori dalla dimensione del voto europeo o nazionale, financo regionale, quando si tratta di elezioni comunali penso che il sentimento ideologico, nel rispetto delle prerogative fondamentali, debba conciliarsi certo con le cose da fare, le visioni contestualizzate da esprimere, soprattutto l’autonomia, la schiena diritta ma anche l’empatia del candidato che deve essere il sindaco di tutti e non di qualcuno.

E poi confesso: da libero pensatore a volte mi è capitato di avere più stima per sindaci non ipocriti di centro destra che ambigui di centro sinistra. Può accadere, dipende molto dalla qualità della persona, anche sulle tematiche ambientali, del sociale, del lavoro, ma soprattutto dal saper interpretare lo spirito di una città.

Vignali che torna sindaco di Parma è un’ipotesi che ieri sembrava impossibile, oggi com’è?

Marsiletti, su questa domanda voglio riprendere la sua fin troppo suggestiva analogia del ritorno dell’Armée napoleonica (leggi: La Vecchia Guardia imperiale vignaliana rimbraccia le armi – di Andrea Marsiletti) che però, aggiungo, è finita a Waterloo! Insomma dubito che Pietro Vignali, ai tempi contornato da persone non sempre animate dallo spirito del bene comune, possa interpretare uno scenario che ha bisogno soprattutto di rinnovamento. Poi se debbo dire come si è comportato, a mio avviso con coraggio, rifiutandosi di proseguire nel progetto velleitario di una metropolitana che avrebbe messo in ginocchio finanziariamente la città per vent’anni, non posso che esprimergli stima. Ma questo non basta per rieditarsi nel 2022 e credo che certo elettorato di centro destra se ne renda perfettamente conto.

Tutti i sondaggi finora realizzati danno vincente Michele Guerra. E’ un abbaglio collettivo?

Penso proprio di sì e l’abbagliante primo si chiama Gazzetta di Parma. Nei sondaggi realizzati a marzo c’è ambiguità di domanda e risposta tra il “chi conosci meglio” e il “chi voteresti”, e ciò è normale che accada prima che tutti i candidati riescano a comunicare le proprie proposte, insomma a farsi conoscere.

Guerra è sicuramente molto conosciuto grazie al suo ruolo di Assessore alla Cultura per Parma 2021, sicuramente il più fotografato e intervistato tra tutti i membri della giunta Pizzarotti.

Per il resto che dire? Guerra è un ottimo professore, un collega stimato della mia università. Sarà pur “sveglio” come afferma prosaicamente l’amico Rutigliano, ma non ha il phisique du role per fare il sindaco, quello che si deve assumere responsabilità a volte pesanti, intervenire con decisione nelle fasi difficili, resistere alle pressioni interne e ancor di più esterne. Lo abbiamo visto con il Teatro delle Briciole, con i silenzi sul Regio, con le posizioni ambigue sull’arena degli eventi in Cittadella, mai una volta che abbia preso posizione politica su temi e problemi della città. Parma 2020 è stata una kermesse di sostanziale mercificazione della cultura, subappaltata ad agenzie di promozione e comunicazione, e non ha lasciato nulla a Parma, pur spendendo 7 milioni e mezzo di fondi pubblici con aggiunti 10 milioni di donazioni private di cui non abbiamo avuto alcuna rendicontazione. Per cosa, come e a favore di chi è stata spesa questa ingente somma?

Guerra e Pizzarotti non hanno mai dato risposta negando ogni elementare buon principio di accountability amministrativa. L’altro ieri sulla Gazzetta prometteva “10.000 alberi in cinque anni”, arbores et circenses, un programma!

Dario Costi ha più volte dichiarato di essere quello con le maggiori possibilità di battere Guerra al ballottaggio potendo contare su un consenso trasversale. E’ così?

Cominciamo col dire che a differenza della Canova che ha già vinto in modo trasversale due sfide elettorali, Costi ne ha fatta una e l’ha persa alle primarie del PD del 2017. Forse immagina che con Calenda e i reduci ubaldiani possa avere maggior fortuna in senso trasversale, glielo auguro. Da collega del suo stesso settore scientifico mi spiace invece averlo visto tutti i giorni sulla Gazzetta aprire mostre con finalità culturali come “La città D’Oro”, utilizzando i progetti degli studenti, ma dimenticandosi di dire che il giorno dopo si sarebbe candidato. Va beh questione di stile accademico ma per me sintomatica.

E poi tramvie per tutti, polizia urbana ovunque e così via. Si dice esperto di rigenerazione urbana ma i suoi progetti, didattici, li vediamo prevalentemente in centri minori delle provincie di Reggio e Modena. E qui mi fermo.

Andrea Marsiletti

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