Marco Cacchioli, laurea in comunicazione a Siena, giornalista, una carriera lavorativa nel settore food; da sempre appassionato di politica, sensibile ai temi legati all’ambiente. Come presidente del comitato “L’Aria del Borgo”, ha guidato la battaglia contro le esalazioni odorigene di una fabbrica ceramica a Borgotaro.
Dopo anni di controversie tra cittadini, azienda e istituzioni, come sta l’aria di Borgotaro?
Con l’irruzione nelle nostre vite del Covid-19, il tema delle emissioni odorigene è inevitabilmente passato in secondo piano. Borgotaro è stato duramente colpito dalla della pandemia, portando via tante persone care a tutta la comunità. Le restrizioni hanno causato fermi e rallentamenti delle attività produttive, e le persone sono state costrette in casa per lunghi periodi. Insomma, abbiamo passato quest’ultimo anno e mezzo con poca produzione, pochi odori, e poche segnalazioni. Questo non vuol dire che il problema sia risolto, come sbandierato dalle autorità. Inoltre, il settore ceramico è fortemente in crisi già dal 2019, e nel post pandemia rischia di perdere ulteriore competitività rispetto alle produzioni estere.
Come giudichi l’attività svolta dalle istituzioni?
Quando parliamo del problema emissioni e del ruolo delle istituzioni, la prima considerazione da fare riguarda l’origine del problema: Regione, Amministrazione Comunale, Arpae e Ausl hanno autorizzato, senza passare dalla Valutazione d’impatto ambientale, una produzione radicalmente diversa dalla precedente, con un maggiore capacità produttiva, e un sistema di filtraggio inadeguato. Le conseguenze di cotanta leggerezza sono ormai storia. Appena è partita la produzione sono iniziati i disagi, si è costituito il Comitato e le istituzioni hanno iniziato a correre ai ripari, sospendendo parti dell’autorizzazione, cancellandone altre, per poi riscriverle più volte. Insomma, un incredibile pasticcio che abbiamo costantemente denunciato. Grazie alla mobilitazione di migliaia di cittadini, abbiamo fatto in modo che venissero installati sistemi di filtraggio più moderni ed efficaci, che in parte hanno mitigato il problema.
Quello che è venuto dopo è stato un goffo tentativo di normalizzare la situazione, anche in funzione del clamore che la nostra vicenda ha suscitato in altri territori che da anni vivono gli stessi nostri problemi.
La Regione ha stanziato fondi per dotare Arpae di nuove apparecchiature, a riprova che l’ente di controllo non era adeguatamente attrezzato, e ha messo in piedi un tavolo di garanzia e un comitato tecnico scientifico per valutare la qualità dell’aria, in cui il controllato era seduto allo stesso tavolo dei controllori, con la conseguenza che le indagini sono state impostate in modo tale che, alla fine, il risultato è stato un documento sconclusionato ed ambiguo, tanto che, a posteriori, alcuni membri del comitato scientifico lo hanno rimesso in discussione.
Nei prossimi mesi, grazie all’interessamento di ISDE (Associazione Medici per l’ambiente) e Legambiente nazionale, un pool di esperti in varie discipline pubblicherà un dossier sul rapporto tra industria ceramica, ambiente e salute, che speriamo possa stimolare le istituzioni a farsi carico seriamente del problema.
A inizio anno hai comunicato che non ti ricandiderai alla presidenza del Comitato. Perchè questa decisione?
Dopo quattro anni alla guida del Comitato ho deciso di non prorogare la reggenza, resasi necessaria per l’impossibilità di convocare una assemblea elettiva a causa delle restrizioni, perché ritengo ci sia bisogno di cambiare, di dare nuovo slancio all’azione del Comitato. Credo di aver dato tutto quello che potevo, nei limiti delle mie capacità, per far in modo che il problema venisse risolto nel modo migliore per tutta la comunità. In parte ci siamo riusciti, in parte abbiamo dovuto prendere atto che ci sono interessi particolari che prevaricano quelli collettivi, e molto spesso la politica è più sensibile ai primi che ai secondi.
Di quanto fatto in questi anni, mi rimane la gratitudine degli iscritti. Il Comitato sono loro, e le decisioni più importanti le abbiamo sempre prese collegialmente. A volte, è capitato che avessi opinioni diverse dalla maggioranza, che ha sempre avuto l’ultima parola. È stata un’esperienza entusiasmante di democrazia e partecipazione, che difficilmente potrà essere replicata.
Se potessi tornare indietro, non accetterei l’invito al tavolo di confronto che si tenne in Municipio nell’aprile del 2017, perché i tempi non erano ancora maturi e nei nostri interlocutori non c’era una reale volontà di collaborazione, ma piuttosto un atteggiamento supponente, quasi provocatorio, che ha poi generato la reazione scomposta dei cittadini che aspettavano sotto i portici. Quella serata è stata una brutta pagina della storia della nostra comunità, che in quei concitati momenti abbiamo cercato di scongiurare, e che poi è stata strumentalizzata da chi si è dimostrato incapace di affrontare con autorevolezza il problema.
A proposito dei tuoi trascorsi politici, qualcuno potrebbe dire: “ecco, ha fatto tutto il casino con il Comitato per farsi spazio in politica!”…
Il casino l’hanno fatto chi ha prodotto disagio e chi non l’ha saputo gestire. Il Comitato è nato spontaneamente a causa del vuoto venutosi a creare. Quando lo abbiamo costituito, tutti sapevano chi fossi, e molti conoscevano la mia storia e le mie convinzioni. Paradossalmente molti di coloro che, all’epoca, mi hanno sostenuto, avevano idee politiche diverse dalle mie ma apprezzavano la mia coerenza e la mia passione civica. Sono stato eletto presidente del Comitato anche perché avevo esperienza e capacità organizzative, maturate in ambito politico e non solo.
Se avessi voluto far carriera politica, lo avrei fatto prima, seguendo quelle che sono le regole non scritte dei partiti: punta su un politico affermato, diventane il galoppino e aspetta il tuo turno. Invece io ho sempre scelto di seguire le mie idee, magari sbagliando, ma sempre con coerenza ed onestà intellettuale. Questo mi ha portato ben presto ai margini, in posizione minoritaria, spesso dissidente, rispetto al partito in cui militavo. Ho fatto battaglie invise alla dirigenza del Pd, come quella per la fusione dei comuni della Valtaro, o quella per la riforma del partito. Il risultato è che mi sono volontariamente accomodato fuori: volevo tornare a respirare aria pulita, e invece, per ironia della sorte, mi son ritrovato a fronteggiare le molestie odorigene.
In autunno a Borgotaro ci saranno le elezioni amministrative e molti pensano che anche sarai della partita. Lo confermi?
In questi anni, l’attività del Comitato ha indubbiamente favorito una rinascita di interesse per la cosa pubblica e molti cittadini hanno compreso che per cambiare le cose occorre impegnarsi in prima persona. Da mesi, con alcuni di loro ci stiamo interrogando su come contribuire positivamente al rilancio di Borgotaro e abbiamo iniziato a sollecitare tutti i partiti locali affinché chiariscano quale visione hanno del futuro del paese e della valle. Purtroppo, ad oggi registriamo molto, troppo tatticismo da parte dei principali attori politici locali, e ciò mi fa temere che tutto si ridurrà ad un gioco di posizionamenti. La prospettiva non mi entusiasma, così come non mi entusiasma il fatto che nel 2021, in Valtaro ci siano ancora tanti piccoli comuni, che da soli non riescono a farsi valere. Ognuno concentrato a curare il proprio orticello, in competizione col vicino, senza una visione d’insieme, senza il peso specifico necessario ad affrontare con successo le sfide future. Abbiamo risorse che ben presto, a causa dei cambiamenti climatici, diventeranno rare e preziose, ma continuiamo a svenderle in cambio di qualche briciola di elemosina.
Dunque, non escludi ci potrà essere una terza lista, fuori dal classico bipolarismo locale?
Visto il drammatico declino che vive da anni Borgotaro, con una classe politica che ha fatto carriera sulle macerie, sarebbe auspicabile che ci fosse una lista unica, con persone competenti ed autenticamente interessate al bene del paese, al di la degli schieramenti e dei posizionamenti. So che è un’utopia e, dunque, oggi l’unica cosa certa è che ci saranno almeno due liste. Vedremo se sapranno aprirsi e coinvolgere la cittadinanza su idee e proposte, o se, al contrario, saranno talmente autoreferenziali da spingere qualcuno a costruire una terza via.
Andrea Marsiletti