INTERVISTA – Vignali: “Il populismo ha peggiorato la politica. Auspico un’alleanza tra i moderati”

Prima parte dell’intervista a Pietro Vignali, ex sindaco di Parma, la cui recente riabilitazione penale ha trovato spazio su tutti i giornali e TV locali e nazionali.

Come giudichi la politica nazionale?

Mi sembra che il populismo di questi ultimi anni abbia peggiorato la politica. Il populismo tende a semplificare problematiche che sono necessariamente complesse. Ci sono Presidenti di Stati importanti che si svegliano al mattino e affrontano temi molto articolati con un tweet. Spesso la semplificazione diventa poi una sorta di estremismo.

Aggiungo che in questi anni in politica è venuta meno la selezione della classe dirigente: un tempo prima di arrivare a ricoprire certe cariche dovevi partire dal consiglio di quartiere, poi fare l’assessore comunale, il consigliere provinciale… solo dopo arrivava la candidatura a sindaco o al Parlamento. Oggi si vedono persone che da un giorno all’altro vengono catapultate in ruoli di grande responsabilità senza alcuna esperienza, sebbene la politica, come qualsiasi altra attività, richieda esperienza, oltre che competenza.

Forse il populismo ha portato una maggiore attenzione alle questioni del cosiddetto “popolo”, della gente.

Come è cambiato il centrodestra rispetto a quando eri sindaco?

Un tempo il centrodestra era più compatto. Dopo un percorso di aggregazione e un congresso si era costituito il Pdl (Partito delle Libertà) che aveva elaborato una piattaforma programmatica unica. Almeno nelle intenzioni, il Pdl aveva un’impostazione più riformista e più liberale, che condividevo appieno, che poi si è un po’ persa.

Oggi il centrodestra mi pare più diviso, tanto nei partiti quanto nelle tematiche. Basti pensare alle differenze nelle visioni dell’Europa, del MES, del Recovery Fund.

Il centrodestra odierno difende meglio alcuni principi della tradizione italiana e cattolica quali la famiglia, ascolta di più le ragioni che provengono dal basso. E’ più in mezzo alla gente, come dimostra il comportamento dei suoi leader.

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Come vedi il presente e il futuro del civismo?

Mi sembra che il civismo, in generale, sia in crisi. Per varie ragioni.

Innanzitutto perchè i quartieri non hanno più la funzione che avevano una volta. Anche i Comitati hanno perso il loro ruolo. Ho fatto l’amministratore per 13 anni, e per 13 anni ho vissuto in contatto quotidiano con i Comitati. Tutti i Comitati che si erano costituiti in città mi hanno aiutato a risolvere tantissimi problemi. Faccio un esempio: l’80% delle piste ciclabili che ho realizzato l’ho condiviso con le associazioni di ciclisti che mi stimolavano a intervenire in quella zona piuttosto che nell’altra. I problemi legati alla sicurezza in sei zone della città (San Leonardo, Stazione, P.le della Pace, la zona dietro il Duomo, Oltretorrente e Barilla Center) sono stati affrontati insieme ai Comitati e con loro siamo partiti per chiedere e ottenere, d’intesa con il Prefetto, la presenza dell’esercito con presidi fissi, anche di notte. Lo stesso dicasi per le questioni legate alla viabilità. Per non parlare dei Comitati Antenne coi quali cambiammo il Regolamento comunale che divenne un esempio nazionale.

Il civismo passa attraverso l’ascolto dei cittadini.

Avevo un’attenzione maniacale per le segnalazioni, che in Comune arrivano a migliaia. Avevo organizzato un nucleo ad esse dedicato che potesse gestirle per evitare che girassero per tutto il Comune senza trovare soluzione. Avevo creato dei global service delle manutenzioni, del verde, dei marciapiedi che rispondevano tutti i giorni, in tempo reale, ai problemi evidenziati dei cittadini. Eravamo arrivati a risolvere centinaia e centinaia di segnalazioni ogni giorno. C’era anche un nucleo dedicato a tempo pieno a ripulire i muri, anche privati, dalle scritte e dal degrado.

Il civismo, infine, non può essere distinto dall’associazionismo. Parma è una città che ha un associazionismo impressionante, con cui abbiamo collaborato e che abbiamo sostenuto.

La classica politica del marciapiede e del campanile…

Il civismo, al di là di non essere ideologico e di stabilire il primato dei bisogni della città rispetto a quelli dei partiti, non deve essere solo portatore del campanile ma di idee, valori e principi. Deve essere una forza democratica attenta alle persone e non agli apparati, che diventa necessariamente riformista. Ad esempio, il civismo approccia il welfare in modo diverso, utilizzando il privato sociale attraverso l’accreditamento e le esternalizzazioni, perchè esce dalla logica che è pubblico solo ciò che è gestito dal pubblico.

Il civismo favorisce l’accesso dei cittadini ai servizi e la sburocratizzazione. Al DUC avevamo avviato un tutoraggio per il quale il cittadino che si presentava davanti al Comune, spesso in difficoltà a condurre una pratica, veniva preso per mano. Il nostro era un sistema più basato sull’autocerticazione e il controllo che sull’autorizzazione. Non per nulla l’avevamo chiamato “Comune Amico”.

Il civismo è una forza riformista, perchè il cambiamento (tecnologico, ambientale, sociale) in atto è molto forte, e coinvolge non solo le imprese ma anche le città che ad esso devono adattarsi. Siamo all’interno di una competizioni territoriale agguerrita: Parma non compete solo con Reggio Emilia ma con le città europee che in questi anni hanno fatto passi in avanti da gigante.

A quali condizioni sarebbe pensabile un tuo ritorno alla politica attiva?

Se ci fosse una politica più pragmatica, capace di interpretare quel cambiamento di cui i partiti e le Istituzioni non riescono a tenere il passo. Ritengo ci sia ancora troppa ideologia in politica. Nei dibattiti si sente dire che la sicurezza è un tema di destra, mentre il sociale e l’ambiente di sono di sinistra. Sono convincimenti fuori dal mondo, non è più così. Destra e sinistra sono categorie superate. Il centro di Milano e delle grandi città, dove risiedono le persone più ricche, vota il centrosinistra; le periferie votano il centrodestra. Fino a 15 anni era l’opposto. E’ cambiato tutto.

Credo che si debba sincronizzare la politica alla società e creare un’alleanza tra moderati. Il moderato è colui che si fa carico della complessità e rifiuta le semplificazioni.

Vorrei una politica pragmatica. Del resto io la politica l’ho sempre interpretata come “politica del fare”… forse fin troppo del fare.

Andrea Marsiletti

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